La Sapienza di Roma scopre l’uovo sodo, che il Sud è economicamente arretrato, e che ciò è un danno per tutta Italia. Uovo sodo e acqua calda, però almeno c’è qualcuno che lo dice in forma ufficiale.
Arretrato, che vuol dire? Probabilmente, anche difetto di servizi; ma, siccome stiamo parlando di economia, vuol dire difetto di produzione e commercializzazione. Questa, e non altra cosa, è l’economia; e non sono i soldi, che, nella loro qualità di fogli di carta, ne sono solo la rappresentazione; e se arrivano a Sud – e ne sono arrivati, negli anni, a vagonate – non vengono utilizzati perché non si sa come utilizzarli.
Rileva la Sapienza – e c’è un bel libro di Alessandro di Virgilio: ne abbiamo parlato – che negli anni 1970 si aprirono a Sud, e più in Calabria, le industrie fasulle: Pomigliano, Melfi, Termini, SIR, Saline, Isotta Fraschini eccetera; che non produssero nulla tranne cassa integrazione e incentivo alle furbate se non peggio; e devastarono il territorio non solo materialmente ma soprattutto socialmente.
Non so se la Sapienza è informata che, negli stessi anni, dilagò l’impiego pubblico, generalmente di bassa e bassissima qualità, che sottrasse braccia e menti ad agricoltura e artigianato. E che oggi non esiste più.
C’era l’ipotesi del turismo: ma è una balneazione di pochi giorni e scarsa qualità; e rare attività che non siano il mare nel senso più letterale.
Metteteci poi l’invecchiamento della popolazione, che ormai da dieci anni colpisce il Meridione.
Insomma, un quadro desolante. Che fare?
Avete mai sentito parlare del bergamotto? È un frutto che nasce quasi solo in un’areale del Reggino, non tanto buono da mangiare però ottimo per essenze, da sempre usate come base per profumi. Lo compravano i profumieri francesi, e pare che oggi non sia più tanto così. Ebbene, sotto l’aspetto l’economico e finanziario, siamo di fronte a un prodotto naturale la cui utilizzazione può divenire di alto valore aggiunto nelle varie fasi di produzione e vendita.
Attenti, non scrivo “filiera”, perché la parola filiera è, storicamente, una delle cause di peggiore rimbecillimento della gente, soprattutto in campagna elettorale; oltre che occasione di molte truffe.
Torniamo al bergamotto. Esiste in Calabria una fabbrica di profumi tratti da tale frutto? Esiste una scuola che insegni come si fanno i profumi? E non mi parlate di caramelle.
Badate, non penso certo che una tale industria, se ci fosse, possa diventare di massa “e risolvere il problema della disoccupazione”, ma proprio il contrario: dev’essere piccola e altamente specializzata, e con addetti pochi e selezionatissimi. Ma poi il profumiere, ben pagato, comprerà le scarpe ai figli… eccetera: e si crea l’indotto. Questa, e non altro, è l’economia. E se voi date soldi a chi poi le scarpe se le deve comprare in internet… E le compra in internet non per cattiveria, ma perché sono meglio e costano meno.
Occorre una rivoluzione culturale, però, cioè convincere le mamme che è meglio un figlio profumiere che uno impiegato in qualche ufficio polveroso.
Vi ricordate il Quarzo, come diciamo noi vecchi, e Comac i meno vecchi, e nulla i giovani? Era, nel 1937, un’azienda di lavorazione del materiale che, estratto a Davoli e avviato a valle per teleferica, trattato a Soverato, veniva venduto, via mare, altrove, in particolare a Pisa. Il tutto dava lavoro a molti. Ebbene, qualcuno sta provando a studiare se il materiale c’è ancora, e cosa se ne possa fare, e se conviene?
E così, a volo d’uccello, per l’argento di Longobucco e il sale di Lungro e del Neto; e per qualche interessante prodotto del bosco e sottobosco. Sottobosco nel senso di funghi e mirtilli, non quello che state pensando voi!
Quanto al turismo, esso è, con qualche eccezione, di scarso livello; e va urgentemente migliorato non per quantità ma proprio il contrario.
Che ne pensate?
Ulderico Nisticò