Giorni addietro alcuni bambini al mare facevano un gioco di qualche decina d’anni fa, detto “Uno…due…tre…stella!”, che credo molti di noi ricorderanno con amara dolcezza, memori di un tempo spensierato e felice. Questo vecchio gioco infantile sembra sia lo schema, antichissimo, di un principio d’ordine della storia culturale indeuropea, la cui origine é fatta risalire a circa tremila anni fa in India, ma che trovò terreno ben fertile nella nostra cultura secondo lo schema dei “Tre moschettieri” che poi, con D’Artagnan, erano quattro: 1…2…3/4. E’, questa, l’affascinante teoria che il filosofo tedesco Reinhard Brandt espone nel suo “D’Artagnan o il quarto escluso”(Feltrinelli 1998), dove il quarto elemento rappresenta qualcosa o qualcuno che ha varie funzioni: di collegamento con il reale, di motore propulsore dominante, di forza coesiva ed amalgama; questo quarto elemento comunque ha origine dalla triade (1…2…3) anche se non è una struttura innata né un indispensabile ordine del pensiero ma semplicemente un catalizzatore, un codice di ordinamento della realtà dotato di una grande capacità di sintesi. Tale principio, come detto, sarebbe nato all’interno della cultura indeuropea e rappresenterebbe il risultato di un felice sinergismo, di una redditizia cooperazione tra pensiero ed azione, il cui unico scopo rimane la messa in ordine della molteplicità del reale. La cultura indeuropea si è compiaciuta di ciò sin dall’antichità, dai presocratici all’età moderna, ed ha mobilitato l’intera storia del pensiero occidentale ad iniziare da Platone e sino a Marx, in ogni campo del sapere dove il quarto elemento, quasi deus ex machina, tiene, coordina e dà un significato ai primi tre. Nella Repubblica ideale di Platone c’è una rigorosa divisione di ruoli tra lavoratori, custodi e filosofi, più gli schiavi i quali –anche se “quarti esclusi”- erano indispensabili alla vita economica ateniese; lo stesso ordine delle virtù che, Platone, descrive come triade di “modestia, fortitudo e prudentia”, presupponeva justitia, né ultimo né trascurabile elemento, ma presente sin dall’inizio rappresentava il perno, il cemento della polis e dello spirito greco, che trascendeva e sintetizzava i primi tre. Per la dottrina pitagorica, il numero “quattro” è il solido, generato filosoficamente dal maschile e femminile e contiene la perfezione perché, con lui, termina la raffigurazione della “Tetractys”, della Tetrade, su cui i pitagorici così giuravano: ”Benedici noi, o numero divino, tu da cui derivano gli dei e gli uomini. O santa Tetrade, tu che contieni la radice, la sorgente dell’eterno flusso della creazione (…) il quattro sacro, che produce la matrice di tutto (…) che tutto collega; il primo nato, quello che giammai devia, che non affatica, il sacro dieci, che ha in sé la chiave di tutte le cose.” Secondo tale dottrina, che poi raccoglieva in sé quella degli Egizi, degli Ebrei e degli Indiani, i numeri uno, due, tre, corrispondevano rispettivamente all’intelligenza o principio attivo dell’Universo, detto Monade; alla materia o principio passivo, detto Diade; alla sintesi dell’intelligenza e della materia, detta Triade. Il numero quattro era considerato alla stregua di un essere vivente nel piano delle “idee – forze”, una sorta di passe –partout, indispensabile per la conoscenza dei numeri, il simbolo della forza che costituisce il vasto quaternario di tutte le cose. Anche nell’organizzazione sociale che aveva in Europa la Civitas medievale, esistevano tre ordini: ”Oratores, bellatores, laboratores”, sui quali, nonché sulla totalità sociale, svettava l’autorità riconosciuta del Re; lo stesso ordine si può trovare nelle istituzioni universitarie e negli studi che imponevano, all’inizio dei secoli XII e XIII, le seguenti discipline: teologia, medicina, giurisprudenza; alla base in ogni caso doveva esserci sempre la filosofia, quale studio propedeutico ma indispensabile per accedere alle tre facoltà superiori. Tra il 1700 e il 1800 la società appariva divisa tra clero, borghesia e nobiltà, il cui equilibrio sarà poi sconvolto dalla prepotente e sanguinosa irruzione del quarto stato, il proletariato, che avrebbe dovuto abolire, secondo Marx, ogni divisione di classe e rappresentare da solo l’unità nazionale. Tale sistema sociale, per tornare a D’Artagnan, era ormai allo sbando, indebolito in ogni parte dalle lotte politiche e religiose, ed il giovane “enfant de la nation”, che rappresentava le forze sane, tradizionali del paese, cercava d’infondere nuova forza ed unità alle tre classi per salvare il paese; lui, il quarto elemento “escluso”, che non doveva avere grande incidenza, era l’anello più importante in questo virtuale ordine sociale. Questa specie di quadratura della Triade ad opera del quarto elemento”escluso”, sembra oggigiorno non avere più senso di fronte all’amministrazione matematica della realtà, al mondo modellato dalla tecnica e dominata da un crescente materialismo e sensismo; sarebbe comunque divertente continuare a credere che quest’ordine sia esistito veramente e cercare nei luoghi più disparati, tra concetti filosofici, psicologici, giuridici o matematici, uno schema di tre elementi più il quarto “escluso” ma necessario e fondante secondo l’ordine 1…2…3…stella, di quel vecchio gioco infantile.
Adriano V. Pirillo