La sua decisione di avere un figlio in tarda età ha generato molto scalpore, ma lei è felice.
Daljinder Kaur una donna indiana è passata alle cronache per essere diventata la mamma più “vecchia” del mondo, dando alla luce martedì il primo figlio a 70 anni di età. Per realizzare il loro sogno hanno dovuto ricorrere alla fecondazione in vitro in una clinica dello stato di Haryana (Nord). La coppia sposata da 46 anni, aveva abbandonato praticamente ogni speranza di avere un figlio e disprezzata dal suo entourage, in un paese dove la sterilità è spesso considerata una maledizione di Dio. Il bambino è “in buona salute e pieno di energia”, dopo essere nato il 19 aprile con un peso alla nascita di due chilogrammi. Il marito di Kaur, Mohinder Singh Gill, proprietario di una fattoria fuori Amritsar, pur essendo perfettamente consapevole che il tempo rema contro la coppia, non curandosi delle critiche ha dichiarato di essere al settimo cielo per la felicità, ritenendo il figlio che hanno chiamato Alessandro un dono di Dio. Non è la prima volta che in India una coppia avanti nell’età ha dei figli: nel 2008 una donna di 72 anni dello stato dell’Uttar Pradesh (Nord) dopo la fecondazione in vitro, ha dato alla luce due gemelli. Se questa puo’ essere vista come una buona notizia per molte donne ancora desiderose di maternita’, a volte la scienza puo’ portare a scelte irresponsabili e risultati preoccupanti. In una societa’ come quella indiana che considera disdicevole non avere figli, Kaur e il marito ora possono ritenersi soddisfatti, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ma non hanno di certo messo al primo posto il benessere del figlio che crescera’ senza di loro. Certamente hanno alimentato il dibattito aperto dall’introduzione di tecniche di riproduzione assistite sempre piu’ sofisticate, sui limiti sociali e biologici legati al rinvio della prima gravidanza. E’ inutile negare che una maternita’ in eta’ avanzata, addirittura dopo i 60 anni, comporti molte problematiche in piu’. Il rischio di avere un bambino con disturbi cromosomici aumenta con l’aumentare dell’eta’ della donna. Il piu’ comune di questi e’ la sindrome di Down, una combinazione di ritardo mentale e di anomalie fisiche provocata, come e’ noto, dalla presenza di un cromosoma aggiuntivo. Con il passare degli anni aumentano anche i rischi di difetti di natura non cromosomica e di complicazioni della gravidanza come diabete gestazionale, ritardo della crescita intrauterina, placenta previa con rischio di emorragie, maggiore probabilita’ di parto prematuro e necessita’ di taglio cesareo. Per il bimbo, invece, crescono le possibilita’ di basso peso alla nascita, presentazioni anomale e di una maggiore mortalita’ perinatale. Una volta cominciata la gravidanza bisogna, poi, fare i conti con una probabilita’ di aborto spontaneo tre volte piu’ alta che per le ventenni. Superati i problemi fisici, rimangono altre domande. Altra preoccupazione riguarda il divario generazionale sproporzionato, che potrebbe portare a incomprensioni e addirittura incomunicabilita’ tra due mondi differenti, soprattutto se il delicato periodo dell’adolescenza coincide con il periodo non proprio sereno della menopausa. Per non parlare dello smarrimento, se non d’imbarazzo di fronte ai coetanei, di questi bambini che si troveranno a chiamare ”mamma” una donna che avrebbe l’eta’ per essere la loro bisnonna.