Caro Tito, queste prime settimane di gennaio 2022 sono state socialmente più intense di tante altre che scorrono nella cosiddetta “normalità” sebbene sui nostri destini incombe, sempre più minaccioso, il tremendo Covid, con tutte le sue mortali varianti e dannose speculazioni. Sono ormai due anni che conviviamo con tale pandemia e chissà cosa ci riserverà il futuro. La stanchezza si manifesta sempre più in modo evidente. Ma dobbiamo resistere, specialmente per non far seguire a tale dolorosa situazione cedimenti anche psicologici (o addirittura psichiatrici) tali da compromettere tutto il resto. Dobbiamo cercare di essere guardinghi, prudenti e soprattutto forti. Forti! Ad oltranza.
1 – UNA DONNA AL QUIRINALE
Nella primavera del 1992 ho fondato in Agnone del Molise il movimento culturale “Proporzione Uomo-Donna”, evidenziando come e quanto fosse minore, quasi inesistente, il peso specifico (sociale e politico) delle donne (nonostante il loro numero anagrafico fosse da sempre maggiore come entità e come longevità) rispetto a quello di noi uomini. E, poiché ho sempre avuto il pallino del “Riequilibrio” (infatti nella primavera del 1990 avevo già fondato la “Università del Riequilibrio”) mi sto impegnando ancora pure in tale aspetto. Infatti, la Natura tende all’equilibrio e all’armonia, per cui anche noi umani dovremmo attenerci a tale legge per far funzionare meglio le cose tra di noi. Ed è fin troppo evidente che maschio e femmina sono complementari e devono collaborare per la migliore e maggiore armonia etica, familiare e sociale. La prevalenza socio-politica dell’un sesso sull’altro è situazione patologica che bisogna sanare. Se la Natura fa nascere più femmine che maschi ci sarà pure un motivo?!…
Non dico che la donna, pur in maggioranza anagrafica, debba prevalere sull’uomo, però che ci sia una parità di collaborazione mi sembra evidente, dal momento che su questa Terra siamo soltanto due categorie antropologiche (a parte le varianti sessuali che, comunque, ad entrambe si ispirano). Perciò, è dalla primavera del 1992 che insisto per l’elezione di una donna al Quirinale, ma anche come Capo del Governo. Ci saranno in Italia almeno due donne che siano all’altezza di tali due compiti?!…. E non dico che entrambi i ruoli debbano essere coperti da donne contemporaneamente (il che non sarebbe certo un tabù o peccato mortale, pure dal momento che da sempre i due ruoli sono ricoperti solo da uomini) … però almeno uno deve essere ricoperto da una donna. Si parla tanto di bilanciamento di poteri, pure per come sollecitato dalla stessa nostra Costituzione!… ma anche dalla maturazione sociale del nostro popolo.
E’ giunta proprio adesso l’ora di eleggere una donna al Quirinale, non importa di quale schieramento politico, purché non sia (come si suole dire) “divisiva” dal momento che il Capo dello Stato esige un carisma particolare, al di sopra delle parti, come massimo e più emblematico rappresentante dell’Italia nel mondo. Perciò, spero veramente tanto e di cuore, che finalmente il 2022 segni l’ora di una donna al Quirinale! Lo ribadisco ad ogni elezione quirinalizia. Lo ribadisco, con più forza, ancora adesso, gennaio 2022.
2 – LA DIGNITA’ DI UN FILO D’ERBA
La questione di una donna al Quirinale ripropone la problematica della dignità delle persone, ma anche delle categorie. Tutti siamo chiamati a collaborare (ognuno per i propri talenti, pure economici) perché il nostro popolo, il nostro Stato, la nostra Europa, il nostro Mondo possa vivere in pace e in armonia. Traguardi che sono indispensabili ma sembrano fin troppo difficili da raggiungere, visti i disastri che ancora producono guerre e divisioni, violenze di ogni genere e quanto altro turba il genere umano, che rischia l’estinzione se si va avanti così. E, purtroppo, non è soltanto un modo di dire!…
Allora penso spesso che, se non accorderemo dignità anche ad un solo filo d’erba e non lo calpestiamo, non ci potrà essere vera pace nel mondo. Il filo d’erba è simbolo ed emblema di ciascuno di noi, nel contesto della prateria che rappresenta l’Umanità tutta. Ed io, infatti, mi sento un filo d’erba … o il classico “granellino di sabbia” della mia spiaggia di “Kardàra di Kalabria”. L’ho scritto pure in una delle 30 “annotazioni” pubblicate nel 1995 nel libro “Prima del Silenzio” (la numero 28 del 27 gennaio 1980 posta alla pagina 248).
3 – LANCIANO DAY, UNA CITTA’ PER COGNOME
Caro Tito, non sono iscritto a “Facebook” che reputo utile se lo si usa bene. Non lo utilizzo per il semplice e banale motivo che ho troppo da fare e potrebbe costituire una distrazione per me. Per il momento, mi bastano i “social” che ho. Domani chissà. Intanto ti ringrazio perché ieri sera alle ore 23.40 mi hai dato notizia che esiste su Facebook il gruppo “Lanciano Day – Una città per cognome” creato il 20 aprile 2015. Attualmente, gli iscritti a tale gruppo sono 93. Quasi sicuramente tale iniziativa è partita da Cursi, la bella cittadina in provincia di Lecce, nel Salento, da me più volte visitata, dove c’è la massima concentrazione di persone con cognome Lanciano (quasi cento) in una stessa comunità. Infatti, al “Lanciano Day” del 2003 da Cursi sono giunti nella città abruzzese di Lanciano 80 persone con un autobus a due piani.
Sinceramente non sapevo niente dell’esistenza (fin dal 2015) di questa pagina Facebook con il cognome Lanciano. Ne sono molto lieto ed ho immediatamente provveduto a diffondere, nottetempo, la notizia a tutti i Lanciano che ho su “whatsapp” mentre in giornata provvederò a diramarla ai Lanciano che posso contattare via email. Mi hanno già risposto in nottata cugini da Perth (Australia) e da Philadelphia (USA).
Ho provveduto pure a contattare alcuni amici badolatesi per invitarli ad aprire una pagina Facebook con una simile indicazione “Badolato – un paese per cognome”. Penso che (specialmente dopo il “Badolato Day” del 29 e 30 giugno del 2019) ne saranno lieti coloro i quali nel mondo hanno tale cognome. Ma sarebbe utile pure per lo stesso Comune di Badolato (come istituzione) incentivare il cosiddetto “turismo delle origini”. A tale proposito, ho inviato il medesimo invito ad aprire una pagina Facebook con il cognome del proprio paese all’assessore Franco Caccia del Comune di Squillace, al giornalista Maurizio d’Ottavio per il Comune di Agnone, all’avvocato Rocco Polistena per quella cittadina che si affaccia sulla Piana di Gioia Tauro (RC). Piano piano contatterò altri amici che hanno per cognome quello di un paese o città.
4 – GESUALDO TRA LE LETTERE NON SPEDITE
Caro Tito, questa “Lettera n. 381” fino al 12 gennaio aveva il seguente diverso titolo: “Come ho convinto il prof. Gesualdo a diventare lo storico di Badolato”. In ben 27 pagine (che mi sono costate parecchie ore di lavoro diurno e notturno), avevo raccontato, in estrema sintesi, 51 anni di amicizia (1961-2012) con Antonio Gesualdo (1936-2021) celebrato intellettuale. Come già sai, prima di inviarti le lettere da pubblicare cerco sempre l’approvazione degli interessati, in questo caso dei familiari del professore deceduto lo scorso 26 giugno. Costoro hanno lasciato a me la decisione di spedirti quella mia testimonianza. Nell’incertezza di un parere chiaramente e convintamente positivo alla pubblicazione, mi sono astenuto dall’inviartela. Dopo la mia morte, a futura memoria, probabilmente qualcuno troverà questa lettera n. 381 dedicata a Gesualdo tra quelle non spedite, sempre che interesserà ancora e sempre che non verrà distrutta prima.
Al momento, mi tocca salvare ed evidenziare soltanto questa recente foto, datami (proprio per la ex Lettera n. 381) dal caro amico d’infanzia Antonio Femia il quale mostra tutto l’affetto e l’orgoglio di essere stato ritratto accanto ad una tra le poche glorie espresse da Badolato tra 20° e 21° secolo.
5 – LE SPOSE CALABRESI IN PADANIA
Nella mia infanzia (negli anni cinquanta) e nell’adolescenza (anni sessanta) dalla stazione ferroviaria di Badolato sono stato testimone di innumerevoli e strazianti partenze verso le Americhe e la più lontana Australia. Parenti, amici, altri paesani sconosciuti, persino compagni di classe che lasciavano definitivamente la nostra Terra per cercare pane e lavoro altrove, dal momento che qui da noi “la fame parlava con gli angeli” (come si diceva allora). In particolare, ho poi assistito a partenze più leggere ma egualmente dolorose, anche stagionali, verso il nord Italia o il centro Europa. Ricordo che l’arruolamento dei lavoratori avveniva nei bar oppure nelle sale d’attesa delle stazioni ferroviarie. O, più discretamente, se ne occupava il parroco; persino qualche politico o associazione.
In particolare i mediatori o sensali matrimoniali si occupavano per l’emigrazione definitiva di ragazze (possibilmente vergini e forti) che venivano richieste come mogli fertili (ma anche come lavoratrici nelle stalle e nei campi) da allevatori e agricoltori del centro-nord Italia (specialmente nella pianura padano-veneta). Ho annotato o evidenziato tale situazione in tanti miei scritti di memoria storica, sociologica ed affettiva. In un recente passato, ne ho scritto in un articolo in cui recensivo il bel libro “Ti ho visto che ridevi” edito da Rubbettino nel 2015 (https://www.store.rubbettinoeditore.it/rassegna-stampa/le-langhe-salvate-dalle-calabresi-l-europa-dalle-attuali-migrazioni/). Tale articolo, pubblicato per prima da te, è stato ripreso pure da siti inconsueti come << https://www.restoalsud.it/in-evidenza/le-langhe-salvate-dalle-calabresi-leuropa-dalle-attuali-migrazioni/ >> ma anche da << https://www.ciavula.it/2016/04/le-langhe-salvate-dalle-calabresi-leuropa-dalle-attuali-migrazioni/ >> nonché da www.soveratoweb.com e da altri giornali internet.
Poi nel febbraio 2021 sono tornato sull’argomento con un articolo un po’ più corposo che hai pubblicato il 26 febbraio 2021 << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-320-la-difficile-emigrazione-femminile-matrimoniale-e-contadina-in-italia-da-sud-a-nord-1945-1985/ >>. Tale dissertazione ha avuto particolare successo ed è stata ripresa subito dopo da varie testate anche cartacee come il quotidiano Primo Piano Molise, il mensile “L’Eco dell’Alto Molise” (entrambi a tutta pagina), nonché da parecchi siti web.
Tale lungo articolo è stato pubblicato ieri mattina 17 gennaio alle ore 05.33 per la gentilezza del direttore Lamberto Colla, in << https://www.gazzettadellemilia.it/cronaca/costume-e-societa/item/35332-l-emigrazione-femminile-matrimoniale-da-sud-a-nord.html >> in occasione del debutto con molto successo (ben 6 milioni di telespettatori, domenica 16 gennaio ore 21.30 su Rai Uno) dello sceneggiato televisivo “La sposa” incentrato su una ragazza calabrese “comprata” sposa da un ricco agricoltore-allevatore veneto negli anni sessanta. Un simbolo e un paradigma delle migliaia di spose calabresi e meridionali in genere che hanno vivificato la società padana a macchia di leopardo. Però con troppi troppi troppi sacrifici, contribuendo comunque in tal modo alla più vera “unità d’Italia” fatta sul campo (è proprio il caso di dire).
6 – VIVA LE NUOVE GENERAZIONI !!!
Caro Tito, voglio salutare, come esempio per tutte le altre generazioni, una bella e brava coppia di giovani coniugi romani, Gessica e Luigi Mastronardi, ed incoraggiarla nel loro cammino familiare intrapreso qualche anno fa con tanto amore. Voglio congratularmi con entrambi per la loro gentilezza e ringraziarli per la loro sincera amicizia nei confronti miei e di mia moglie.
In particolare, voglio salutare il loro primogenito Christian, biondo e simpaticissimo, che è venuto ad allietare la loro casa nel settembre 2020, rendendo felici anche le famiglie di Luigi e Gessica. Auguriamo a quella splendida famiglia tutto il bene del mondo! W le nuove generazioni!
7 – GIUDICARE O CAPIRE?
Caro Tito, noi apparteniamo ad una generazione, (nel cotesto di un popolo e di un’epoca) in cui venivamo educati prevalentemente a “proverbi” e a racconti (cunticeyhi). Personalmente ho sempre dato importanza ai proverbi. Li tengo in grande considerazione e li cito spesso, a costo di apparire o di essere considerato “antiquato” oppure “obsoleto” (perché è proprio di questo che si tratta). Anzi, con il senno di poi, mi rammarico di non averli tenuti ancora più presenti. Purtroppo, come ho verseggiato nella raccolta di poesia “Gemme di Giovinezza” (1967) … anche io, seppure in misura minore, HO INSEGUITO TROPPI MIRAGGI della modernità o di altre culture assai lontane dalla nostra, che è molto concreta e “salvifica” a pensarci meglio (essendo un distillato di millenni).
Potessi tornare indietro, seguirei di più e meglio i proverbi della mia infanzia. Oggi sono cosciente che sicuramente avrei fatto meno errori o digressioni esistenziali, persino meno peccati veniali. Un proverbio però ho seguito molto bene: Meglio capire che giudicare (come afferma la frase sul mare qui a fianco): “Capire è un verbo troppo difficile. Molti preferiscono giudicare”. Ho passato un’Intera esistenza a CAPIRE. Pure per questo ho scelto una laurea in Filosofia con indirizzo sociologico. E qualcosa di importante ho veramente capito. Questo aver capito mi ha reso davvero libero nell’anima e nei comportamenti. Ho pagato e continuo a pagare troppo per questo. La vita sociale odia chi vuole capire, chi cerca la verità e chi cerca di seguire un’etica. E lo perseguita. Lo emargina, quando non lo martirizza. E lo condanna al silenzio (esistenziale o perpetuo)!…
Caro Tito, per legare i principali argomenti di questa “miscellanea di gennaio 2022”, è doveroso dire: fin tanto che non verrà risolto il dramma delle povertà e delle precarietà, delle ingiustizie e delle prevaricazioni e di altre sofferenze umane, tutti i pulpiti e le cattedre dovrebbero tacere per fare parlare soltanto le opere, anche le più piccole. Basta parole (specie se ideologiche), urgono fatti. Utili e concreti. Efficaci e lungimiranti.
8 – ERRANTI E CAFFE’ SOSPESO
Probabilmente molti giovani meridionali non sanno quale e quanta “civiltà del dono” ci fosse nel nostro pur povero Sud Italia tempo fa (e forse c’è ancora ma molto meno di prima, purtroppo). Scrivendo dei miei Genitori nel “Libro Monumento” (edito nel 2007) a Loro dedicato, evidenziavo come ci si aiutava assai e in modo disinteressato (“a fondo perduto” si direbbe oggi) nel mondo contadino ed operaio di decenni fa. In particolare, esisteva persino il diritto per la gente indigente (nullatenente) o troppo povera di andare sui terreni a raccogliere ciò che era stato dimenticato durante la raccolta dell’uva, dell’olivo o di altra frutta oppure dopo la mietitura del grano. Coloro che potevano esercitare tale “diritto” venivano chiamati (in dialetto badolatese) “Arrantòti” ovvero “Erranti” (da un terreno all’altro per raccogliere quel po’ che li aiutasse a sbarcare il lunario). A Napoli, c’era e continua ad esserci il cosiddetto “caffè sospeso” per chi non poteva o non può permetterselo. Un affettuoso gesto di considerazione e di solidarietà.
Adesso che lo stato di povertà e addirittura l’indigenza (il non avere proprio nulla, specialmente con disastrati, emarginati, migranti, esuli o profughi) sembra essere maggiore e peggiore dei tempi passati, quando pur c’era la miseria più nera … adesso ci sono le associazioni caritatevoli che cercano di sfamare ed aiutare i bisognosi. E c’è anche il “pasto sospeso” ovvero un vassoio per pranzo o per cena. L’attenzione per i poveri e gli indigenti è assai lodevole. Ma ancora più lodevole sarebbe lottare affinché tale emergenza diventi un lontano ricordo. Il traguardo deve essere la “giustizia sociale” pure perché la pace vera deve essere alimentata dalla giustizia vera. I poveri e gli indigenti non devono esistere più!… Dignità per tutti!… Anche per il filo d’erba! …
9 – SALUTISSIMI
Caro Tito, la dignità di un filo d’erba potrebbe essere il paradigma della nostra quotidianità più concreta e lungimirante. Lavoriamo per questo. Ti ringrazio per questa 381ma occasione di ospitalità che mi dai per evidenziare persone, fatti ed idee utili a risolvere i problemi della gente e dell’universo-mondo. In attesa della “Lettera n. 382” ti saluto, sempre con tanta cordialità e stima.
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)