L’u-topia è il luogo che non c’è; il tempo che non ci fu, si chiama u-cronia, ed è un gioco intellettuale. Può essere davvero un gioco da tavolo, come quelli noti che trattano affari o combattono guerre; e spesso ci si chiede come sarebbe andata la storia se Cesare non fosse stato ucciso, se Napoleone avesse vinto a Waterloo. Conclusione, è una frase senza senso che la storia non si faccia con i se e con i ma: si può fare.
Questa premessa, perché sabato 13 in videoconferenza, ospite del Lyons di Napoli e del Malafarina di Soverato, mi è stato assegnato il compito di dissertare dei due fratelli Florestano e Guglielmo Pepe. Di loro abbiamo trattato su Soveratoweb il 20 ottobre del 2020: rileggete l’articolo. Anni fa, abbiamo celebrato un Processo a Guglielmo Pepe… e altri lavori teatrali a Squillace e S. Andrea.
La mia relazione del 13 scorso si chiudeva con una provocazione, che è stata onorata di un’attenzione molto autorevole, e che merita perciò approfondimento. Cosa avrebbero fatto nel 1860, mi chiesi, i due fratelli, se non fossero morti l’uno nel 1851, l’altro nel 55?
Nel 1860, come si sa, il Regno delle Due Sicilie viene attaccato da Garibaldi; l’esercito, molto numeroso ma privo di ogni spirito marziale, e comandato da generali inetti e vecchissimi, subì solo sconfitte, o piuttosto si dissolse. Francesco II si affrettò a riportare in vigore la costituzione del 1848, odiata dai soldati e dal popolo; e abbandonò Napoli, dove Garibaldi entrò non su maestoso cavallo bianco come venne dipinto, ma su comodo treno, e senza sparare un colpo. Un tentativo di affrontarlo al Volturno parve persino avere successo; ma l’indecisione di Francesco e l’abilità di guerrigliero di Garibaldi ristabilirono la situazione.
Seguì l’intervento del Regno di Sardegna (ormai esteso a Milano, Bologna, Firenze… ), voluto da Napoleone III per impedire un’azione contro Pio IX di Garibaldi; questi uscì di scena, mentre due plebisciti, dubbi come tutti i plebisciti della storia, sancivano l’annessione. Ultima battaglia, dopo scontri al Garigliano, l’assedio di Gaeta, concluso con resa militare il 13 febbraio 1861.
Cosa avrebbero fatto, in quei frangenti, Florestano e Guglielmo, se fossero stati vivi? Vero, erano anziani: Florestano era del 1778, Guglielmo del 1783; ma le cronache di quei tempi ci mostrano un Ferdinando IV/III, poi I, nato nel 1751 e morto nel 1825; un Metternich nato nel 1773 e morto nel 1859; un Pio IX vissuto dal 1792 al 1878, dopo il più lungo papato della storia; e un Manzoni morto quasi novantenne…
Superiamo la biografia, e pensiamo ai caratteri e alle posizioni politiche. Guglielmo era, o appare essere un liberale, il che, nel XIX secolo, era cosa del tutto diversa, anzi opposta alla democrazia; aveva però operato per la monarchia costituzionale nel 1820-21 e nel 1848. Forse, nel 1860, avrebbe accetto la costituzione, che del resto era la stessa del ’48.
Florestano si era formato, ormai uomo maturo, con Murat, il quale, come il cognato Napoleone I, aveva proclamato a parole una monarchia costituzionale, ma praticava nei fatti la monarchia militare. Nel 1814 aveva represso, in Abruzzo, dei moti carbonari che volevano una costituzione effettiva. Tuttavia, militare e non politico, era stato un “commis d’État”, come i Wellington, come Carlo Filangieri, come lo stesso Metternich: aveva combattuto per lo Stato di Murat, e per lo Stato costituzionale contro gli Austriaci. Avrebbe combattuto contro Garibaldi.
Lo storico, che per forza deve essere esperto di polemologia, si svaga a chiedersi come sarebbe finita una battaglia campale tra Garibaldi e Florestano (o, più realisticamente, Filangieri, ma ne parleremo un’altra volta), tra un grande guerrigliero e un grande generale di scuola napoleonica: la guerra, con tutto il rispetto per tutti, la fanno i condottieri, le strategie, le tattiche.
Una grande battaglia, che, comunque fosse finita, oggi avrebbe con sé l’alone di cruenta dignità di ogni storia umana. E, come nel 1815 dopo Tolentino, l’esercito vinto ma intatto sarebbe stato un ente politico, e poteva dire la sua.
Quello di cui sono certissimo, per quanto si può essere certi di una cosa umana, e che i due fratelli avrebbero operato per una confederazione, e non per l’annessione bruta e supinamente accettata dai liberali napoletani voltagabbana nel 1860 come lo saranno, per fare un esempio, nel 1943. Ma nel 1860, di tutte le ipotesi che da decenni si formulavano circa l’unità d’Italia, si realizzò quella cui non aveva mai pensato nessuno, nemmeno Cavour: una monarchia costituzionale rigidamente centralizzata.
Ecco, ho giocato all’u-cronia, in omaggio a Florestano e Guglielmo Pepe, di Squillace. La storia, con buona pace degli idealisti, non ha mai nessun percorso obbligato, ma è fatta, ci insegna il Vico, delle passioni, delle opinioni e degli errori degli uomini, inclusi i fratelli Pepe.
Ulderico Nisticò