Un anno e più di Covid: cos’è cambiato?


Un anno di pandemia avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. Almeno a dare risposta ai problemi di una cittadinanza sempre più stremata che scendono “a valanga”.

Ma la realtà è un’altra. Ci descrive un quadro a tinte fosche in cui le grida d’aiuto – fosse anche la richiesta quotidiana di ritiro dell’immondizia da parte di interi nuclei familiari, trincerati in casa perché positivi al Covid – si moltiplicano, pur continuando a rimanere inascoltate.

Ma poi arriva un momento in cui denunciare diventa un dovere, altrimenti il rischio che può derivarne potrebbe essere più alto. Il rischio, infatti, è quello di continuare a vivere un eterna emergenza e che le istituzioni preposte non sappiano o ancora peggio non si organizzino per intervenire, e che il mondo del volontariato continui a supplire e a risolvere problemi pur non essendo tenuto a farlo, se non in una posizione di sussidiarietà.

Ed è così che, così com’è avvenuto altre volte, in casi diversi, durante la prima ondata della pandemia, una famiglia di Catanzaro si è rivolta al Centro Servizi al Volontariato “Calabria Centro” per chiedere aiuto, dopo essere stata spinta a farlo dallo stesso Assessorato comunale alle Politiche Sociali.

La richiesta non poteva di certo rimanere inevasa a lungo, perché questa famiglia, composta da otto persone, aveva un bisogno primario da soddisfare, quello di mangiare! Chiusi da giorni perché tutti positivi al Covid, nonna di ottantacinque anni e figlio di due compresi, si sono ritrovati da un giorno all’altro a vivere la paura della malattia che non ha risparmiato nessun componente, e contemporaneamente a doversi affidare ad altri per provvedere alle necessità più urgenti.

Il CSV, quindi, si è attivato per mettere in piedi una rete di solidarietà che ha visto impegnate in poco tempo le associazioni “Acquamarina”, “Sacro Cuore” e “Geruv” per raccogliere alimenti a lunga scadenza e cibi e vestiti per il bambino da consegnare alla famiglia.

E’ stata Licia Aquino, presidente di “Acquamarina”, a lasciare i pacchi alimentari sul pianerottolo di casa, mentre la signora ringraziava a nome di tutti dalla finestra – Quando si riceve una richiesta di aiuto non ha senso indagare, fare domande o richiedere documenti sullo stato di famiglia, bisogna intervenire e basta, questo è il volontariato – è il pensiero di Licia Aquino – L’abbiamo fatto più volte, anche quand’eravamo in piena chiusura, e lo faremo ancora. Ma viene spontaneo chiedersi quanto sia giusto, specie in uno stato di emergenza come quello attuale, rimettersi alla buona volontà e alla disponibilità di qualcuno anziché farsi trovare preparati a livello istituzionale”.

L’intervento non si esaurisce qui, la famiglia di Catanzaro continuerà ad essere assistita dalle associazioni in questa fase delicata.
In conclusione ci poniamo un interrogativo: fino a che punto è corretto lasciare al volontariato la risoluzione delle più svariate problematiche che un anno e più di Covid si trascina dietro? Non è opportuno, considerato il ripetersi delle situazioni, attuare una pianificazione di interventi che possano rispondere ai bisogni delle famiglie in difficoltà, coinvolgendo le parti in causa?

Il rischio é quello di continuare a navigare a vista in uno scenario sempre più complesso.
Il volontariato continuerà a dare seguito alle richieste che pervengono, ma anche a sollecitare una presa in carico istituzionale di questa emergenza che attualmente non trova risposte..