Sarei curioso di sapere, verso i primi del prossimo mese, se e quanto turismo ci sarà stato in Calabria nel periodo pasquale. A oggi, 27 marzo, non se ne sa nulla di nulla. E il rappresentante ufficiale degli albergatori si arrampica sugli specchi senza dichiarare un numero di turisti; e s’inventa scuse per ammettere che ci sarà ben poco per la Calabria, degli UNDICI milioni che si muoveranno in Italia. Però, a Pasquetta, andranno al ristorante… s’intende, i calabresi.
Non venite a dirmi che piove: il turismo si decide con anticipo, e non vedendo giorno per giorno le previsioni del tempo.
Non ditemi che gli aerei e i treni costano cari. Questo è vero, ma vale per chi, da solo, stacca un biglietto; se ci fosse un’organizzazione seria del turismo affidata a “tour operator” professionali, i turisti arriverebbero a prezzi compresi nell’offerta, e molto più bassi. E anche sui prezzi delle singole persone, io farei un’indagine approfondita.
Se dunque la colpa non è del cattivo tempo e dei costi, cerchiamo di capire perché i turisti vanno altrove – Sud incluso: Pompei, Caserta, Napoli, Puglia, Sicilia – e non in Calabria.
Secondo me, è perché l’idea di Calabria, nell’immaginario collettivo, è legata solo al mare, quindi a un periodo molto limitato di ferie d’agosto. Mare che, nella maggior parte dei casi, è balneazione, ciò fare il bagno, e quasi basta così. Anzi, i più fanno solo un pediluvio, e nemmeno nuotano.
Mare che, d’autunno e di primavera, dovrebbe attirare stranieri dal Nord Europa, e invece non ne vediamo in nessuna delle quattro stagioni dell’anno.
E le terme? E il turismo di salute e della terza età? E il turismo religioso, in una Calabria che non ha fatto niente nemmeno per san Francesco di Paola 2007, 2016, 2019?
Turismo culturale? Dice l’intervistato che in Calabria non ci sono Roma e Firenze. Evidentemente ignora quanti insignificanti paesini della Toscana, dell’Umbria, del Lazio, delle Marche campano benissimo con un muraglione rifatto e una sagra e una storiella bene inventata. Però in Lazio e Toscana i visitatori non vengono accolti con i piagnistei (retribuiti) degli intellettuali depressi al convegno e beoni a cena; e con l’antimafia di mestiere, e, appunto, segue cena. Intellettuali che non sanno niente di storia calabrese, figuratevi di leggende e miti: però, per singhiozzare, li pagano.
A proposito di pagare, i turismo delle radici è servito finora a finanziare qualche convegno, ovviamente segue cena. Quanti propronipoti di emigrati sono venuti a vedere la casetta dell’antenato?
Ragazzi, il famoso Campeggio Internazionale di Soverato lo fece un romagnolo, Saso Sassi: ecco la soluzione, dunque, eliminare i dilettanti dell’estate cortissima, e affidarsi a professionisti.
Sì, ma io a chi glielo vado a raccontare?
Ulderico Nisticò