Truppe italiane in Libano, e i dintorni


"Interposizione calabrese del XVII secolo"

Interposizione calabrese del XVII secolo

 È dal 1982 che, per quanto a vario titolo, truppe italiane stazionano in Libano; e ciò con tutti gli innumerevoli governi, e di ogni colore, che si sono succeduti a palazzo Chigi. Oggi si contano mille e cinquecento in missione ONU, e altri in non meglio esplicitata missione italiana d’accordo con il Libano.

 Finora le nostre truppe hanno svolto lodevolmente la loro funzione di controllo e assistenza. Oggi, mentre infuria la guerra guerreggiata, ci si chiede, semplicemente, cosa debbano fare. Il ministro Crosetto, che pesa le parole, ha detto: “Se non ci sono i nostri soldati, arrivano quelli israeliani”; il che significa che i nostri stanno svolgendo, o dovrebbero svolgere un compito di interposizione, cioè, in concreto, impedire fisicamente, e con le armi, che i due nemici vengano a contatto armato e fisico. A tale scopo, il governo chiede all’ONU di rivedere il mandato. Rivedere il mandato può voler dire solo che i nostri debbano essere autorizzati a impedire il contatto.

 Mi pare ovvio: o i nostri stanno lì a fare i soldati, o è meglio ritirarli. E siccome la figuraccia di ritirarli non è possibile… Beh, chi ha fatto il militare sa quali sono gli ordini per chi è di sentinella in caso di minaccia; e tra gli ordini non è compreso accertarsi come la pensi e da dove venga e se ha ragione o torto, eccetera, ma solo impedire che si avvicini; e qualora il minacciante insista…

 Se i nostri restano in Libano, come io ritengo debbano, devono interporsi, quindi evitare ogni simpatia o antipatia per una delle due parti. A parte che non è compito dei militari esprimere opinioni, e nemmeno averne, già è difficile per gli storici e i politici giudicare chi ha tutti i torti o parte dei torti, figuratevi se deve farlo il soldato di guardia, il cui compito è solo fare la guardia, con quel che segue.

 Spero nessuno scemo del villaggio s’inventi battute dissalate, perché io di guardie armate ne ho fatte sessanta di numero; e se non è venuto il nemico, non è colpa mia, però, se veniva, gli ordini erano banali; e gli ordini non di discutono, a parte che io non avevo alcuna intenzione di discuterli, tutt’altro…

 Estendendo il concetto dalla guerra alla politica, bisognerebbe, secondo me, agire allo stesso modo in tutta la situazione in Terra Santa, con l’INTERPOSIZIONE, e senza parzialità. La guerra, lì, non è iniziata il 7 ottobre 2023, come qualcuno tenta di spacciare, ma nel 1917; e poi nel 1929, nel 1936, nel 1947, nel 1956, nel 1974… e almeno quelle erano guerre; da allora, è uno scontro ogni giorno.

 E lo scontro si allarga, e, come in tutte le guerre, ognuno interviene per conto suo e per qualche motivo suo. Per i dotti, vi narro che la guerra di Troia iniziò per Elena, poi s’infilarono i Traci, le Amazzoni, gli Etiopi… gli Etiopi che, di passaggio, combatterono contro i Solimi. Offro un caffè a chi capisce cosa mi frulla per la testa.

Ulderico Nisticò