Se è vero che Frontex aveva lanciato l’allarme ventiquattrore prima e che non è intervenuto nessun mezzo, pure disponibile e adeguato alle condizioni del mare, il governo deve risponderne.
Sono risibili le affermazioni di Piantedosi secondo cui “non dovevano partire”: il fatto è che sono partiti, erano quasi arrivati, potevano essere salvati e non lo sono stati.
Si è superato ogni limite, in soli tre mesi, dallo sbarco selettivo, solo donne e bambini, poi aggiunti i bisognosi di cure, e il “carico residuale” che avrebbe dovuto rimanere a bordo o essere trasportato su territorio del paese della nave, fino al decreto che ostacola spudoratamente le operazioni di soccorso e di salvataggio delle ONG, con l’obbligo di raggiungere porti lontani e divieto di intervenire in eventuali altre azioni dopo la prima. Lo scopo di tanta aberrazione sarebbe quello di “mitigare l’impatto” sui territori di Sicilia e Calabria, affollati dai migranti. No, non si può parlare di incapacità né si possono qualificare queste azioni come inettitudine.
Qui ci troviamo di fronte alla deliberata volontà di negare diritti, di cancellare il dovere umano di portare soccorso e la legge del mare, alle continue minacce di perseguire chiunque intende opporvisi. Ricordo con sgomento e infinita tristezza le ovazioni tributate ai comizi in cui l’odierna presidente del consiglio, parlando di chi offre accoglienza e di chi presta soccorso, sbraitava contumelie rivolte a “i tassisti del mare” e propositi bellicosi e volgari, tipo “è finita la pacchia”.
Dovremo recuperare il senso dell’umanità, perduto anche a causa di politicanti senza scrupoli.
Giovanni Calabretta