La festa aveva un inizio molto curioso. Domenica delle Palme, a Girifalco, almeno fino agli anni Sessanta del secolo scorso, vi era un’usanza un po’ barbara che si chiamava “pìcia o pàcia?”, che tradotto in italiano significa “pece o pace?”, cioè guerra o pace? Era un vero e proprio rito iniziatico, praticato da adolescenti che si davano battaglia senza esclusione di colpi. Armati di grossi rami di ulivo, due gruppi nutriti di ragazzi, i “jùsaluari” (quelli di giù, o del paese vecchio) e i “susalùari” (quelli di su, o del paese nuovo), si fronteggiavano fino alla dichiarazione di guerra. Se i due capi optavano per la “pìcia”, allora erano botte da orbi fino a che un gruppo non si dichiarava vinto. Se, al contrario, i due capi sceglievano la “pàcia”, perché capivano che non ci sarebbe stato alcun vincitore, allora tutto si risolveva in un niente di fatto. Era, insomma, una lotta il cui premio prevedeva soltanto la gloria della vittoria.
Di solito, nei giorni successivi alle Palme, si preparano i dolci tradizionali: “pitti” e “niepita” con l’uva passa e le noci, cassate alla ricotta e le classiche “cuzzupe” con le uova sode. Per il pranzo pasquale, si prepara l’agnello.
Il ciclo pasquale, però, entra nel vivo il Venerdì Santo. Nelle cinque chiese, vengono allestiti i sepolcri, con immagini della deposizione di Gesù Cristo, lumini, niente fiori, e ornati, tra l’altro, con piantine di grano e di lino.
Le piantine sono di chiara matrice pagana. Infatti, esse ricordano gli orticelli simbolici denominati “i giardini di Adone”, che nell’antica Grecia venivano offerti ai defunti, in onore di Adone, la divinità della vegetazione. Le piantine, cresciute dai semi di grano e di lino, di colore verde acqua e nero, ricordano la morte e la resurrezione del dio. Il mito è molto prossimo anche al culto di Proserpina.
Dal primo pomeriggio, e fino a notte inoltrata, i sepolcri vengono visitati continuamente dai fedeli. Un tempo, i sepolcri, rappresentavano una sorta di territorio franco, dove potevano accedere pure i briganti, che, usciti dai loro nascondigli, ne approfittavano per incontrare familiari e amici, senza il timore di essere arrestati.
Nella chiesetta dell’Addolorata, oltre al sepolcro, si svolge puree il rito dei canti della passione. Alcuni di questi sono in lingua italiana, altri, in dialetto girifalcese. Voci esclusivamente maschili, accompagnate da una o due chitarre, che creano un’atmosfera davvero suggestiva.
Un tempo, il Venerdì Santo, veniva officiata la messa “a la ‘mbèrza”, all’incontrario, forse a testimonianza del disordine in cui era rientrato il mondo dopo la morte di Gesù. Intorno alle 19:00, dalla chiesetta del S.S. Rosario, parte la processione della tradizionale “Varetta”. Una bara, con la Madonna e il Cristo morto, adornata con i simboli della crocifissione e illuminata da quattro lanterne agli apici, viene portata in giro per le vie principali del paese. Durante il tragitto, vengono lette le “stazioni” della Passio e si intonano canti sacri e popolari. Sabato Santo, si “legano” le campane, cioè non si fanno suonare fino alla mezzanotte, fino a quando non verranno sciolte per annunciare la resurrezione di Cristo.
Intorno alle 21, un gruppo di fedeli, con il permesso del priore della confraternita del SS Rosario, preleva la statua del Cristo risorto e la porta in località Pioppi Vecchi, dove si svolgerà la veglia di Pasqua. Si accende un grande fuoco, che il parroco benedice (anche questo è un rito pagano), e inizia la notte bianca, all’insegna della gastronomia e dei canti popolari. La cittadinanza partecipa molto numerosa, con cibo d’ogni genere, salato e dolce, e bevande varie: vino, birra ecc. Non manca la tradizionale “coddàra e trippa” al sugo di pomodoro e con molto peperoncino piccante.
Il giorno dopo, Domenica, appena finisce la messa, intorno alle 12:30, su Corso Teodosio, si consuma il rito della “Cumprunta”: la Madonna vestita di nero e la Veronica scendono dalla chiesetta del Rosario verso la Piazza; Gesù risorto e San Giovanni (che, intanto, ha compiuto il suo terzo viaggio dai Pioppi al Rosario, per un tragitto di circa un chilometro, tra andata e ritorno, per annunciare la resurrezione di Gesù alla Madre), procedono dai Pioppi vecchi. Intanto una folla incredibile di fedeli si è assiepata ai lati del Corso Teodosio, lasciando libero il corridoio centrale. Da un lato, la banda, pronta a rullare i tamburi, quando i santi cominciano a correre per incontrarsi. Alla metà esatta della via, le statue si ritrovano le une di fronte alle altre. Intanto, un fedele strappa il drappo nero che avvolgeva la Madonna, e che ora appare nel suo mantello azzurro ricamato di stelle dorate. Vengono fatte volare alcune colombe in segno di pace. La folla esplode in un applauso lungo e scrosciante, la banda intona le marce festanti di giubilo. Nel pomeriggio, si svolge la processione con le quattro statue per le vie del paese.
Pino Vitaliano