Caro Tito, lunedì mattina 14 settembre 2020 sul canale televisivo culturale Rai 5 ho seguito un lungo servizio sulla più ragguardevole arte tessile e sartoriale esistente oggi nel mondo, da Oriente ad Occidente, da Nord a Sud. Pare che fosse di Singapore la troupe che ha girato tale bellissimo lungometraggio, venduto poi ad emittenti televisive di numerose nazioni. Un documentario che mi ha incantato, non solo per la compiutezza stilistica, ma soprattutto per il racconto del migliore (e probabilmente non più ripetibile) artigianato esistente oggi sul nostro pianeta. In taluni tratti mi ha emozionato e persino commosso, specialmente quando tale arte dimostrava, in chi la creava, una spiritualità davvero alta e raffinata. Addirittura sacra, ieratica, sacerdotale nel tendere alla perfezione, alla bellezza, all’armonia e … al divino.
Tra i più prestigiosi artigiani a livelli internazionali, tale film ha presentato il maestro sarto Carlo Andreacchio, erede e titolare della Sartoria Augusto Caraceni di Milano. Essendo tale cognome molto diffuso nel comprensorio di Soverato (costa jonica catanzarese), ero sicurissimo che tale personaggio fosse di origini calabresi. E, mentre il documentario era ancora in corso, è stato un tutt’uno chiedere a Google il numero di telefono della Sartoria. Mi hanno passato immediatamente il maestro Andreacchio, al quale, dopo essermi presentato come giornalista calabrese, ho chiesto se fosse originario della nostra regione.
1 – CARLO ANDREACCHIO DI VIBO VALENTIA
<< Sì – mi ha risposto – sono nato a Vibo Valentia. E lei finora è il primo giornalista calabrese che mi abbia cercato >>. Consapevole che, ai suoi livelli, il tempo è sempre molto prezioso (specialmente in orario di lavoro e di produzione), gli ho chiesto la possibilità di un’intervista. Cosa che si è realizzata quasi 24 ore dopo, nella tarda mattinata di oggi. Per prima cosa mi ha detto che è orgoglioso di essere calabrese. E ama dirlo a tutti, con orgoglio. Ma non tutti gli credono, poiché ha il tipico e marcato ma elegante accento milanese. Però credono alla sua affabilità, tipicamente meridionale … di “terrone” (parola che lo fa sorridere). << Calabrese e meridionale in genere significa stare bene con gli altri, rapportarsi in modo piacevole, cordiale e simpatico con tutti, indipendentemente dalla correttezza o dalla strategia negli affari >>. Ed ha colto nel segno!
<< Più vado avanti negli anni, domani 16 settembre ne compio 73, e più mi sento ed ho voglia di sentirmi calabrese, anche se in Calabria ci sono soltanto nato e a Vibo ormai ci vado sempre più raramente. Il fatto è che è bello essere e sentirsi calabrese ed è un’identità che mi appaga in modo totale >>. Carlo Andreacchio ha la voce calda e ferma nel dire ciò e riesce ad emozionarmi non poco con questa immediata e solenne dichiarazione di amore per la nostra terra, per la sua nascita, per il suo essere uomo del sud, un carattere che si riversa pure nel lavoro e nell’arte di confezionare eleganti e raffinati abiti da uomo su misura in una delle più prestigiose sartorie italiane, assai nota pure all’estero. In fondo la Calabria non è forse, già nella etimologia del suo nome, proprio la terra del bello, delle meraviglie, dello splendore rafforzato e moltiplicato dalla abbagliante rilucentezza dei suoi due mari?…
<< Devo al mio nonno materno Salvatore Barbàto se sono nato a Vibo Valentia, poiché i miei genitori abitavano a Milano fin dal 1942, essendo mio padre Antonio qui emigrato o trasferito come brigadiere della Polizia. Infatti, questo nonno ha imposto a mia madre di far nascere i figli a Vibo e lei, da brava figlia, si è attenuta scrupolosamente, almeno per i primi tre parti finché suo padre era vivente, poi gli altri tre sono milanesi anche di nascita >>. Scherza, mastruCarlu, sul fatto che nella sua stessa famiglia tre fratelli sono calabresi e tre lombardi.
Nonno Salvatore è stato assai importante per lui. Gli ha insegnato tante cose e lo portava nelle sue campagne a spiegargli la natura e il duro lavoro di uomini e donne, ma anche di bambini. Gli citava continuamente proverbi, che era la pedagogia di quelle generazioni. Uno, in particolare, se lo ricorda ancora e me lo dice – molto divertito – in dialetto: riguarda il monaco che risponde ai curiosi e agli impertinenti di farsi i ca*** loro.
Nonno Salvatore era stato un valoroso combattente nella guerra 1915-18, tanto che aveva un cospicuo medagliere di cui andava fiero. MastruCarlu precisa che il primo nome non è Carlo ma proprio Salvatore, come suo nonno. Infatti, si chiama Salvatore Carlo Giovanni Andreacchio. Senza la virgola. Gli Andreacchio della sua famiglia derivano dal nonno paterno Francesco, originario della vicina Taurianova, provincia di Reggio.
2 – DA APPRENDISTA A CAPITANO DI INDUSTRIA
Carlo Andreacchio si sente un sarto vocazionale. Lo afferma con fierezza pure nel documentario tv. I genitori lo volevano ragioniere, ma lui, con scuse e stratagemmi, finiva sempre nella bottega di un sarto per imparare il mestiere che egli reputava allora e reputa ancora adesso uno dei più belli del mondo. Alla fine, ha vinto la sua vocazione e, a trent’anni, nel 1977 è stato accolto come collaboratore da Mario Caraceni, titolare di una delle più rinomate sartorie per uomo nella Milano del dopoguerra e del boom economico. Maestro Carlo, nel frattempo, conosce e sposa Maria Rita, una delle due figlie di Mario Caraceni, figlio del fondatore Augusto. Non è la prima volta che il discepolo sposa la figlia del Maestro … è successo pure nella mia Badolato, anche in altri mestieri artigiani. E’ un classico. Secondo me è soprattutto questione di spiritualità condivisa e di amore per un lavoro che esige accortezze ed è fatto prevalentemente proprio di spiritualità e di ascesi. E quando l’Amore è fatto anche di spiritualità dura di più poiché alla lunga ha più significato ed intensità!
Augusto Caraceni (come tanti altri sarti di fama) era abruzzese di Ortona, magnifica città sul mare Adriatico in provincia di Chieti che ha sfornato numerosi sarti di fama pure estera. Vi era nato nel 1893. Assieme ai fratelli Domenico e Galliano, ha voluto continuare la tradizione paterna della sartoria per uomo. Poco più che trentenne ha aperto una sartoria a Parigi dove ha riscosso un notevole successo. Nel 1946 rientra in Italia e a Milano apre un atelier nella centralissima Via Fatebenefratelli al n. 16 diventando presto il sarto dell’alta borghesia lombarda.
Nel 1972, dopo la morte di Augusto, il testimone passa al figlio Mario che, intestando la sartoria “A. Caraceni” in memoria del padre, apre ancora di più alla clientela estera acquisendo un considerevole successo internazionale ed ottenendo pure prestigiosi premi. Nel 1998 Mario si ritira dall’attività e lascia le redini alla figlia Rita Maria e al genero Carlo Andreacchio, il quale diventa il maestro-leader di questa ormai più che rinomata Sartoria. Le riviste specializzate lo definiscono “The perfect gentleman”. Adesso è a capo di una industria con una trentina di dipendenti. Tra gli apprendisti ha avuto pure un discepolo calabrese. <<L’ho assunto proprio perché era calabrese! >>. Immagino non solo per affetto d’origine ma anche perché calabrese significa garanzia, specialmente nell’artigianato. Bisogna nascerci ed essere predisposti ad un’arte che pretende tanta dedizione e infinita pazienza. L’Arte è una divinità troppo esigente! A volte impone la sua esclusività.
3 – FIRMA LE FIRME
Sotto la sua direzione, il Maestro Carlo Andreacchio con la Sartoria A. Caraceni “firma le firme” … nel senso che veste davvero grandi personaggi, star a livelli globali, come gli stilisti di moda Karl Lagenfield (oltre 300 gli abiti confezionati su misura per lui finora), Calvin Klevin e Gianfranco Ferré o come aristocratici, tipo il conte Filippo Perego, o miti dello spettacolo del calibro del presentatore storico Mike Buongiorno o dell’attore Jack Basehart. Giusto per dare qualche nome. La lista è lunghissima e tutta prestigiosa. Ma l’abito che lo ha emozionato di più è stato quello che il poeta Eugenio Montale ha indossato per andare a ritirare il Premio Nobel per la letteratura nel 1975. Nella foto ufficiale dell’evento si nota l’impeccabile vestito sartoriale del Poeta e quello molto meno impeccabile del re di Svezia Carlo Gustavo!…
Caro Tito, il Maestro Carlo, nella direzione aziendale e nella produzione, si avvale da sempre della preziosa collaborazione della moglie e, dal 2004, pure dei loro due figli, Massimiliano e Valentina.
Ma non voglio qui continuare a descrivere il successo di questi personaggi e di questa arte … cosa che puoi benissimo seguire sul web, in particolare nel loro sito << www.a-caraceni.it >>.
Ormai, ritengo di averne dato almeno un’idea orientativa. Qui di sèguito, voglio, invece, dirti di altri valori umani e familiari del Maestro Carlo Andreacchio e qualcosa d’altro che è emerso di interessante nella nostra conversazione-intervista di stamani.
4 – NONNO DA TRE MESI
Caro Tito, come hai avuto tu la gioia infinita d’essere diventato nonno di Leonardo, così il Maestro Carlo Andreacchio è stato enormemente felice nel dare il “benvenuta” a Luce Andreacchio-Caraceni (primogenita del figlio Massimiliano e di Chiara). Hai visto che bel nome “Luce”!?… un nome inusuale quanto meraviglioso … quasi indicativo del nostro Sud e della Calabria, in particolare, paese del sole e della luce. << Mio figlio ha voluto chiamarla Luce pure perché, essendo nata il 26 giugno scorso, ha rappresentato l’uscita dal tunnel del “lockdown” per il Covid-19 >>. Ma, aggiungo io … e non a casoè nata nei giorni del solstizio d’estate, quando la luce del sole è alla sua massima manifestazione, a cieli totalmente azzurri, limpidi ed aperti!
Come avrai potuto notare la neonata, cui auguriamo tutto il bene e tutta la luce dell’universo-mondo, riporta due cognomi, quello assunto da papà Massimiliano perché figlio di Carlo Andreacchio e anche in onore del cognome della mamma e del nonno materno Caraceni. Adesso la legge permette il binomio genitoriale.
Cosa che a me piace molto, poiché la riconoscenza e la gratitudine generazionale inizia proprio dal cognome e dal nome rinnovato.
5 – LA IERATICITA’
Nella mia vita di bambino e di adolescente ho frequentato la chiesa cattolica come chierichetto nelle messe ed in altre funzioni religiose. Ma ho anche frequentato, in un modo o nell’altro, tutti gli ambienti di lavoro, innanzi tutto le botteghe artigiane: sarti, calzolai, falegnami, fabbri, ecc. ma anche donne che tessevano al telaio o ricamavano o cucinavano o facevano i cosiddetti “mestieri” di casa. Ho frequentato, altresì, studiosi, pittori, cultori della scrittura ma anche attori e altre figure creative. Così come mi sono cresciuto in mezzo a pastori, contadini, ferrovieri, muratori ed altri operai. Ed ho avuto pure alcuni sarti nella mia parentela.
Tutti i lavori che, se fatti bene (con dedizione, passione e coscienza), esigono quella pazienza, quell’attenzione, quella meticolosa scrupolosità, quella contemplazione, quel silenzio, quei rituali, quella liturgia e quella sacralità propria dell’essere “sacerdote” di un’arte che ha molta attinenza con il divino o che alla felicità e all’armonia porta. Non a caso, pure Gesù era chiamato “Maestro”.
Inoltre, ho collaborato molto da vicino (nell’organizzazione e come ufficio-stampa) con il maestro sarto Antonio Russo di Roccella Jonica per la Rassegna di Arte Sartoriale nel 1982 portando una brava e giovane sarta da Malta, la prima concorrente estera dell’annuale manifestazione che da allora è divenuta internazionale. Ed ho apprezzato lo stilista Sebastiano Di Rienzo che ha realizzato un museo della sua arte sartoriale nel borgo natio di Capracotta (a 18 km da Agnone del Molise) aumentandone il richiamo turistico e socio-culturale.
Parlandone, il Maestro Carlo Andreacchio concorda su questa “ieraticità” anche del sarto, che deve comunque essere dotato di santa pazienza, poiché il cliente è molto spesso più esigente del dovuto e, quindi, bisogna seguirlo con umiltà e particolare disponibilità d’ascolto. Virtù che hanno bisogno di un retroterra spirituale notevole. Cosicché, tutti i mestieri che si nutrono di silenzio e pazienza sono lavori altamente spirituali, con una disciplina d’animo adusa ad ogni contingenza. Un’arte pure questa. Anzi, spesso, l’arte vera è quella spirituale della pazienza e dell’umiltà piuttosto che quella propria del lavoro.
Caro Tito, ti ricordi quando definivo addirittura “sacèrdos rei pùblicae” (sacerdote della Repubblica) quel funzionario che, con spirito di dedizione e di fratellanza, si dedicagenerosamente e coscienziosamente al bene comune?… Ecco, “sacerdote dell’arte sartoriale” può essere considerato il Maestro Carlo Andreacchio e la sua Sartoria il tempio dei mille valori, dal momento che è lì che si compie il miracolo dello stile, dell’eleganza e del benessere della persona nel distinguere tra coprire il proprio corpo e vestirlo, adornarlo, farlo esprimere assieme alla propria personalità. Persona e vestito diventano un “unicum” espressivo.
Nel libro dove i clienti possono lasciare i loro commenti, Mike Buongiorno nel 2000 ha scritto di proprio pugno: “Se vuoi distinguerti dagli altri vesti Caraceni!” … e quanti altri elogi sono stati autografati da illustrissimi fruitori internazionali dell’arte sartoriale del Maestro Carlo Andreacchio, fondata nell’eccellenza artigianale personalizzata, nell’eleganza italiana e nella garantita unicità, nella qualità e nella ricercatezza, frutto dell’arte e della creatività ma anche nella lunga tradizione di famiglia. Quasi una dinastia sartoriale!
6 – IL MIO UNICO VESTITO SU MISURA
Caro Tito, nei miei 70 anni ho avuto finora un solo vestito fatto su misura. Infatti, quando avevo 17 anni, nel 1967, mio padre operaio-contadino (avuta la “buona uscita” della pensione) volle fare un regalo a me, che fino a quel momento e poi anche nei primi anni universitari, essendo undicesimo e ultimo figlio (quarto maschietto), ho indossato quasi sempre vestiti dismessi dai miei fratelli maggiori. Mi portò da Mastro Vincenzo Bressi (che allora aveva bottega in uno dei magazzini del palazzo Stajano, sulla Via Nazionale Jonica a Badolato Marina). Costui, che aveva imparato assieme ad altri l’arte da Mastro Peppino Rèpice, mi ha fatto un gioiello di vestito con tessuto “Principe di Galles”. Me lo ricordo ancora con vera soddisfazione. Mai sentito così tanto a mio agio. Purtroppo non ho una foto a riguardo.Ma ti assicuro, era perfetto.
Però, c’è questa foto del settembre 1977, quando, appena laureato, ho avuto la possibilità di “vestirmi” da un noto negozio di abbigliamento di Via Arenula a Roma.
I commessi sono stati così bravi da trovarmi un vestito che mi si adattava benissimo e che mi faceva sentire perfettamente a mio agio.
Una condizione indispensabile per tutti sentirsi a proprio agio, ma specialmente per me che avrei dovuto andare in giro a sostenere colloqui nella ricerca di lavoro!
7 – UNA ESCLUSIVA – PRESTO DUE PROFUMI
Caro Tito, il Maestro Carlo Andreacchio ha voluto scegliere il nostro giornale per una anticipazione esclusiva. Pensa, quale e quanto onore! … Lo ringraziamo, di vero cuore. Di vero cuore calabrese! Si tratta del fatto che il marchio “A. Caraceni srl” avrà presto due profumi, il cui nome verrà trovato tra quelli che indicano un tessuto.
Ho chiesto al Maestro se alla base di tali fragranze ci sarà pure l’essenza del bergamotto calabrese. Mi ha risposto che sì, qualcosa di calabrese ci sarà, come nei migliori profumi del mondo. Silenziosamente ma tenacemente e diffusamente c’è sempre qualcosa di calabrese nella civiltà del mondo, come sta appurando Salvatore Mongiardo, filosofo di Soverato (CZ) e scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone.
8 – FORSE PURE UN LIBRO
Nella nostra conversazione telefonica di mezzogiorno con il Maestro Carlo Andreacchio ho auspicato che trovi il tempo per collaborare con un giornalista (tra quelli affermati che si sono già proposti) nel realizzare il libro della sua vita di artista sartoriale, pure con gli aneddoti che riguardano i grandi personaggi che si sono fatti vestire dalla Sartoria A. Caraceni. << Eh sì, ce ne è da raccontare!… >> ha esclamato il nostro illustre corregionale. E me ne ha raccontato qualcuno di veramente sfizioso e interessante.In fondo, parte significativa della storia sociale, anche internazionale, è passata anche dal numero civico 16 di Via Fatebenefratelli a Milano!
Adesso che si è realizzato questo utile e cordiale filo diretto con www.costajonicaweb.it immagino che la Sartoria A. Caraceni avrà modo e voglia di aggiornarci sulle sue attività più rilevanti. Infatti, il dialogo tra me e il Maestro Carlo è avvenuto in modo assai cordiale, quasi confidenziale, veramente tra veri e fieri calabresi, come se fossimo stati vecchi amici. In fondo siamo quasi coetanei e ci siamo ritrovati negli stessi valori e con i medesimi sentimenti umani e sociali. Inoltre, il Maestro viene in vacanza sulla costa adriatica, a Pescara, e, quindi, potremo incontrarci da lui o qui da me a Vasto Paradiso per ulteriori sviluppi narrativi o promozionali. Tra le altre cose, gli vorrei chiedere se non è il caso di realizzare ad Ortona un Museo dell’Arte Sartoriale Caraceni, o qualcosa di simile pure a Vibo Valentia. Vedremo. Tu mi conosci e sai che non mi fermo qui.
9 – SALUTISSIMI
Caro Tito, sono ormai cinquanta anni e più che cerco di sensibilizzare i Responsabili delle nostre Istituzioni territoriali e nazionali (adesso pure europee) sulla necessità di dare un segnale di riconoscenza a quei cittadini che si sono fatti e ci fanno onore, continuando a dare lustro alle loro origini e alla loro gente, alla loro arte e alla civiltà dell’amore e dell’armonia. In fondo è proprio la riconoscenza la misura di una civiltà!
In particolare, molti calabresi che ci hanno bene rappresentato nel resto d’Italia e all’estero mi hanno detto e ancora mi dicono che di loro ci si ricorda soltanto in occasione delle elezioni, quando arrivano quelle richieste di voto alle elezioni. Mai che si ricordassero di loro per un pur minimo attestato di calabresità o di riconoscenza per aver contribuito alla migliore immagine della Calabria dentro e fuori i confini regionali. Ma non tanto per il riconoscimento in sé e per sé, quanto perché questo significherebbe un ribadire e rafforzare l’appartenenza alla Calabria, anche se si vive lontani da decenni. Voglio ricordare che costa appena un euro o un euro e mezzo (massimo due euro) un foglio di pergamena formato A-4 (comprese le spese di tipografia) per rendere omaggio e riconoscenza ai tanti che si adoperano per il bene comune e per mantenere alto l’orgoglio dell’identità e delle origini.
Spero, perciò, che il Maestro Carlo Andreacchio possa essere omaggiato da qualche istituzione calabrese che si ricordi di lui e di tutti i calabresi meritevoli di pubblico elogio. Pure per dare dei buoni esempi per l’emulazione dei giovani. Da parte sua, l’Università delle Generazioni ha già inserito il Maestro Carlo Andreacchio tra coloro i quali verranno omaggiati con una pergamena di riconoscenza e di gratitudine che verrà assegnata (come ogni anno dal 2009) il 6 gennaio (come befana sociale) o il primo maggio come premio di stakanovismo.
In attesa di inviarti la Lettera n. 299, ti ringrazio e ti saluto, sempre con tanta cordialità e stima, così come saluto “calabresamente” il Maestro Carlo Andreacchio e la sua famiglia, i loro collaboratori e … in modo del tutto speciale “Luce” la splendida nipotina che rappresenterà sicuramente la continuità generazionale e l’avanzamento qualitativo e quantitativo dell’arte sartoriale Caraceni – Andreacchio che dura da ben quattro generazioni. E tu, per piacere, dai tanti bacioni alla tua nuova generazione, a quel nipotino Leonardo che ha rallegrato la tua vita e quella di chi lo ama fin dal suo concepimento. Alla prossima !…
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)