RIASSUNTO: Da anni c‘è chi si agita per ottenere in ritorno a casa sua del teschio del brigante, o presunto tale, Villella, attualmente esposto in un museo lombrosiano di Torino.
SPIEGAZIONE: Ezechia Lombroso, poi fattosi chiamare Cesare, di famiglia ebraica di Verona, medico militare dell’esercito sardo poi italiano, è uno degli iniziatori dell’antropologia, cui applicava presunti automatismi scientifici. Era un metodo del suo tempo, il positivismo, che, strenuamente negando le fedi e le superstizioni, in realtà ne creò una nuova: la scienza come certezza. Per capirci, la Curie, due volte Nobel, e il marito e altri celebri scienziati, tra un’invenzione e l’altra invocavano gli spiriti dei morti, solo che li consideravano scariche elettriche vaganti tra i millenni e mesmerismo animale. E si credeva sul serio che “l’uomo è ciò che mangia”, e altre bufale scientifiche.
Lombroso credeva alla forma del cranio, e, quando si procurava un teschio, lo misurava a destra e a manca, e stabiliva se apparteneva a un ladro o a un sant’uomo; oppure a un troppo sant’uomo per essere vero, come disse del cranio, ancora vivo, di Alessandro Manzoni! Quanto ai teschi di briganti, che gli venivano forniti per effetto della lunga guerra borbonica contro il Regno d’Italia, si svagò a determinare che i loro proprietari erano stati delinquenti per natura, per forma del cranio.
Il brigante Villella gode di notorietà perché non pochi in Calabria l’hanno preso a cuore, e, da bravi meridionali, hanno affidato la cosa agli avvocati. Dopo vari tira e molla, si attende una sentenza del Tribunale di Torino sul ritorno o meno della testa mozzata. I giornali locali si stanno alimentando di tale cronaca.
Questo, in diritto; veniamo al FATTO: ammesso che la magistratura piemontese sancisca la reliquia umana debba tornare… e qui, come spesso in Calabria, la tragedia diventa commedia: tornare, dove?
Secondo alcuni, il Villella era di Motta Santa Lucia; secondo altri, di Martirano. E qui andrebbe scorporato il problema, giacché dall’antico borgo derivò anche l’attuale Martirano Lombardo. Già è un bel guaio, tre paesi tirrenici. Ma, per non scontentare nemmeno lo Ionio, ecco che leggiamo della candidatura di Simeri Crichi, la quale rivendica l’onore di essere stata patria del defunto, e quindi, eventualmente, l’onere di doverlo inumare nel proprio camposanto e non sul Reventino.
Ammesso dunque che Torino si pronunzi per il ritorno delle spoglie… ecco migliaia di articoli e libri e convegni e lacrime e sospiri: i Comuni calabresi sono, dissennatamente, 409, e tutti, sindaci in testa, vogliono il loro sbarco di Ulisse, i loro Templari, la loro nascita di Campanella, il loro teschio! Quanto siamo provinciali, in Calabria. Tutti scopriranno che Villella aveva un quarto cugino per parte di nonna materna…
E via altre cause, processi, ricorsi, invocazioni dei diritti dell’uomo, fiaccolate… spese, segue cena. Già, “L’uomo è ciò che mangia”, soprattutto in Calabria. Con i ritmi della nostra amata e venerata magistratura, rinviamo tutto ad almeno il 2116.
COROLLARIO: E se il teschio di Villella non fosse di Villella? Ragazzi, ve lo immaginate voi, le risate dei militari che spedirono al dotto la testa, e magari, per levarselo di torno, presero quella di un morto qualsiasi? Fantasie, le mie? Ma no, e vi faccio, per chiudere, due esempi:
- Il Leopardi, che era pessimista ma spiritoso, scrisse un Inno omerico in greco e lo pubblicò come antico e autentico: ci cascarono tutti;
- C’era, verso il 1950, un gesuita confusionario ma dotto, padre Theilard de Chardin, il quale voleva conciliare Darwin con la Bibbia; e fu ammantato di una certa esagerata fama. Un giorno scoprì l’osso che, secondo lui, era il celebre anello mancante tra scimmia e uomo: e giù libri e conferenze e lodi… poi si venne a sapere che era lo scherzo crudele di alcuni goliardi! Meditate, gente.
Ecco, dopo i 409 Comuni a rivendicare Villella brigante, volete vedere che era un morto pacifico, e magari manco calabrese? Un soldato piemontese, sardo, ex borbonico, toscano, e qui morto per caso?
CONCLUSIONE: Poi non lamentatevi se non ci pigliano sul serio, noi Calabresi. La storia vera, ignota a quasi tutti, a cominciare dalla Regione. Ma il teschio, quello lo sanno tutti… e diventano antropologi, tutti anatomopatologi, tutti storiografi. E, ovvio, tutti avvocati!
Ulderico Nisticò