“Templari dal futuro”, il nuovo romanzo dell’avv. Giuseppe Mercurio


Una sensazionale macchina del tempo per rivivere le imprese dei templari

Di paradossi temporali sono costellate sia la scienza (celebre è quello dei due gemelli einsteiniani) sia la letteratura (Wells, Twain, Crichton), sia l’arte cinematografica (Ritorno al futuro, tratto appunto dal capolavoro di Wells, ma più recentemente Non ci resta che piangere, A spasso nel tempo 1 e 2. Per non parlare poi, ma relativamente alle proiezioni nel futuro, della serie televisiva Star Trek o dei capolavori letterari di Verne o di Asimov che, in alcuni casi, hanno persino anticipato invenzioni e scoperte scientifiche.

Spostarsi nei segmenti spazio-tempo, in entrambe le direzioni, è stato, ed è ancor oggi, il sogno di quanti non si riconoscono in questa epoca che gli è toccato di vivere. A far diventare realtà – per ora solo a livello teorico, però – questo sogno utopico, ci ha pensato la scienza con le due teorie della relatività, in particolare quella “generale”, di Eisntein, ma anche la fisica quantistica per quanto attiene al mondo delle particelle sub-atomiche.

Insomma, infinitamente piccolo e infinitamente grande sarebbero accomunati dalla possibilità che le loro rispettive componenti, (quark ed elettroni, nel primo caso) e buchi neri (nel secondo) sarebbero capaci di interagire tra di loro, di “parlarsi” attraverso appositi corridoi: l’entaglement per il microcosmo sub-atomico; i vormhole per i non universi. Insomma, non è per niente impossibile, ancorché improbabile, fare delle passeggiate nel tempo allorché l’universo si “incurva” al punto tale che le due estremità futuro-passato arrivano a toccarsi. Da qui a una lisergica passeggiata nello spazio-tempo si direbbe che il… passo sarebbe davvero breve.

La realtà, come in tutti i paradossi (Zenone di Elea con il suo Achille piè veloce e la tartaruga è un classico), è altra e meno semplice di quanto non si creda. La dimensione in cui è stato possibile vivere questa suggestiva e allettante avventura è stata la letteratura e per induzione il cinema. Tre scrittori, i primi due quasi tra loro contemporanei, hanno affrontato questo argomento: Mark Twain, con Un americano alla corte di re Artù (1889), ed Herbert George Wells con La macchina del tempo (1895); il terzo, più recente, è Michael Crichton, Timeline (1999).

Nel primo, è un colpo di spranga di ferro in testa che, in virtù della trasmigrazione delle anime (qualcosa di simile alla metempsicosi pitagorica), fa proiettare Hank Morgan nell’Inghilterra del Regno di Camelot (dal 1879 al 528), fin a essere introdotto alla corte di Artù e avere a che fare con personaggi che hanno popolato la fantasia di generazioni di giovani lettori come Merlino, Lancillotto, Morgana. Qui egli approfitta delle sue conoscenze avanzate per far credere una eclissi di sole come il frutto di un suo sortilegio e così imporsi nella considerazione di quegli uomini del VI secolo.

Nel secondo romanzo il protagonista (il Viaggiatore del Tempo) riesce a costruire una macchina («…un luccicante giocattolino di metallo, poco più grande di un piccolo orologio…») che gli consente di «viaggiare indifferentemente in tutte le direzioni dello spazio e del tempo…».  Ma solo in una dimensione onirica – o inconscia, che dir si voglia – giacché il suo corpo rimane immobile, comodamente stravaccato sul canapè del salotto di casa sua. Viene così proiettato in un futuro galattico, nell’anno 802.701 dove si imbatterà con gli Eloi e i Marlocchi, due specie umane di indole e comportamento contrastanti (gli uni, pacifici e fragili; gli altri, esseri ctonici e malvagi).

In Timeline, infine, alcuni archeologi francesi decidono di… fare un salto nel Medioevo grazie a una macchina messa a disposizione da un’agenzia specializzata in viaggi nel tempo. La spedizione, guidata dal dottor Edward Johnston, mediante il passaggio da un multiverso a un altro riconducibile a sette secoli addietro, approda nel 1300 dove andrà incontro a varie disavventure.

Con gli opportuni e doverosi distinguo, Giuseppe Mercurio, avvocato di Chiaravalle Centrale con la passione per la scrittura (si è già cimentato con due altri precedenti lavori: Vincenzo, un avvocato calabrese, la sua storia, 2021; Gabriele, dalla toga al saio, 2022) manda in stampa un’opera fantascientifica, Templari dal futuro, in cui i protagonisti, uno storico (Robert), uno studente di fisica (Frank) e una studentessa di storia con la passione per il Medioevo (Linda), da una Londra degli anni Novanta del ‘900 sono catapultati nella Gerusalemme e nella Francia dell’XI secolo.

I tre, grazie a un marchingegno meccanico, che a differenza di quello di Wells si sposta anche fisicamente, compiono tre viaggi – i primi due nella Gerusalemme occupata dai crociati di Goffredo di Buglione e di Baldovino II (1096-1099); il terzo a Troyes dove si sta svolgendo il concilio per l’approvazione della regola dell’Ordine dei Templari (1129). Caso unico nella storia, in cui un ordine cavalleresco viene istituito tramite un concilio ecclesiastico.

La penna e la passione storica di Mercurio trasportano il lettore – e non solo i protagonisti del racconto – nell’appassionante scenario della Prima crociata, delle lotte per la liberazione dei luoghi sacri del Cristianesimo e soprattutto del Santo Sepolcro di Cristo. Fu per garantirvi l’accesso dei pellegrini che provenivano dall’Occidente cristiano che sarebbe sorto l’Ordine religioso e militare del Tempio di Gerusalemme. Dando vita così a un nuovo tipo di cavalleria, monastico e militare, fin allora del tutto inedito nel mondo cristiano.

I due studiosi medievisti hanno così la ventura di visitare la sommità del monte Moriah, luogo venerato contemporaneamente dai fedeli delle tre grandi religioni monoteiste: Ebrei, Cristiani, e Musulmani. Secondo la Bibbia (Gen. XXII, 2) in questo posto stava per consumarsi il sacrificio di Abramo; ma al tempo stesso, secondo la vulgata islamica, è il luogo in cui si raccolse in preghiera Maometto prima di essere trasportato in cielo. Fu su quelle alture che nel X secolo a. C. re Salomone volle edificare il Tempio di Gerusalemme e dove, nel I secolo dell’Egira il califfo omayyade di Damasco, Omar, fece costruire la moschea che porta il suo nome (Moschea di Omar, appunto) al cui interno è incastonata la sacra roccia.

Le pagine di questo romanzo ci fanno altresì vivere a contatto di gomito con personaggi come Hugues de Payns, primo gran maestro dell’Ordine, e degli altri otto cavalieri francesi che, al cospetto del patriarca di Costantinopoli, Teoclete, diedero vita all’Ordine dei Templari pronunciando i voti di castità, povertà, obbedienza che faceva di loro dei religiosi. Allo stesso tempo, in qualità di soldati (Milites Christi) si esercitavano all’uso delle armi, dapprincipio per presidiare il passo d’Athlit che controllava le strade tra Gerusalemme e San Giovanni d’Acri, quindi partecipando a tante altre battaglie, sempre preceduti dal beauceant, il loro stendardo bianco e nero carico di riferimenti esoterici, per la difesa del costituito Regno cristiano di Gerusalemme. Non tralasciando di dare un tocco di… calabresità introducendo alla corte del conte Baldovino II di Edessa e re di Gerusalemme (1118-1131) la figura del capitano Alfonso Amarelli da Rossano Calabro (nella trama narrativa sotto le vesti di Guglielmo di Calabria) protagonista della Prima crociata.

Il viaggio nel passato remoto ci porta infine in Francia, a Troyes, mentre è in corso il concilio per l’istituzione dell’ordine templare (13 gennaio 1128). Qui campeggia la figura di Bernardo da Chiaravalle Milanese che fu colui che stilò la regola dei “poveri cavalieri di Cristo”. I cavalieri dell’Ordine del Tempio, aveva scritto nell’anno precedente il dottore della Chiesa (Lumen gloriae), in una lettera al papa Onorio II, «abitano nella stessa casa senza possedere personalmente nulla… e hanno la pelle bruciata dal sole e brunita come la loro armatura»; di contro quando è il momento di andare in battaglia «essi si bardano internamente di fede, estremamente di ferro e non di indorature…».

Alle epiche vicende evocate tramite la macchina del tempo fa da contorno infine una storia di amicizia e di affinità elettiva tra Robert e Frank, e di rapporti sentimentali tra quegli e Linda. Il loro idillio si interrompe allorché la giovane studentessa universitaria perde la vita travolta da un’auto. Costernato e in preda alla disperazione, Robert si impossessa della chiave che mette in moto la navicella spazio-tempo e si rifugia definitivamente nella Gerusalemme al tempo della Prima crociata.

Forse pensando così di riportare a una seconda vita, facendola rinascere diciannove secoli dopo, la sua amata, e di trovare conforto nei suoi diletti studi medievali. O forse, chissà, nel tentativo di riscrivere la storia di quel periodo in una ricostruzione ucronica, alla luce della dilagante cancel culture e del politicamente corretto, salvando quel che è da salvare ed espungendo tutto quanto sa di eccidi e massacri. I templari infatti non si limitarono soltanto a combattere ma interagirono con l’Islam fino ad approdare a un vero e proprio sincretismo tra le due culture e le due fedi. E ciò sarà uno degli atti di accusa che manderà al rogo il loro ventiduesimo e ultimo gran maestro Jacques de Molay (18 marzo 1314) decretando così la scomparsa definitiva dell’Ordine.

Il libro di Giuseppe Mercurio è un lavoro ispirato, presenta un buon impianto espositivo e, in ultima analisi, è scritto con passione. Insomma si legge bene, avvince il lettore, dispone di una prosa scorrevole e piacevole. E soprattutto è scevro da soverchie pretenziosità. Nella consapevolezza che ha l’autore che non conti tanto inseguire illusioni su quello che si fa, ma piuttosto la certezza di averla fatta bene, con la speranza che essa possa rivelarsi di una qualche utilità ad altri. E in questo, un primo risultato è stato sicuramente colto. Nel senso che lo scritto offre ottimi stimoli per l’approfondimento sia scientifico, per quel che riguarda i “cunicoli temporali”, sia storico, per tutto quanto di avvincente offre il Basso Medioevo. Tutte buone ragioni, queste, per le quali mette conto leggere Templari dal futuro e lasciarsi prendere dalle vicissitudini di questo avventuroso viaggio a ritroso nel tempo in compagnia di re, monaci-guerrieri e santi medievali.

di Francesco Pitaro (*)

 (*) Francesco Pitaro è nato a Gagliato e vive a Montepaone Lido. È giornalista e saggista, è stato comunicatore presso il dipartimento “Programmazione comunitaria e Politiche internazionali” e l’Autorità di gestione del Por della Regione Calabria. Ha collaborato, fra le altre testate giornalistiche, alla Radio Vaticana e scritto per Gazzetta del Sud e Calabria Letteraria. Ha pubblicato monografie di storia locale, saggi biografici e storici, racconti, raccolte e poemetti di poesie dialettali.