I calabresi siamo un popolo di migranti. Ben conosciamo l’emigrazione per lavoro e per malattia, ma non meno diffusa è l’emigrazione legata a motivi di studio. Come noto, tanti giovani calabresi frequentano università ubicate nelle città del centro nord, dove il costo della vita, in particolare dei fitti, nel post covid è diventato proibitivo. I posti disponibili presso gli studentati universitari sono una parte marginale rispetto alla popolazione studentesca proveniente da altre regioni.
Una delle principali voci di spesa a cui le famiglie vanno incontro, quando decidono di mandare un figlio a studiare fuori regione, è rappresentata proprio dal costo dell’alloggio presso le principali città universitarie (Roma, Bologna, Milano, Siena). Il costo di una camera varia in base a diverse circostanze tra cui l’ubicazione, le condizioni dello stabile, la qualità dell’arredo, la condivisione della stanza con altri inquilini. In ogni caso parliamo di una cifra che si aggira tra i 500 ed i 1200 euro mensili Sostenere le tante spese necessarie per assecondare le legittime aspettative di crescita e di affermazione umana e professionale dei figli, che studiano fuori regione, è diventato un vero salasso per le magre tasche delle famiglie medie di Calabria, al punto da diventare un vero privilegio per famiglie dal reddito medio-alto.
Mantenere agli studi un figlio che scegli un percorso di studi non disponibile nella nostra regione, oltre ai costi di vitto, prevede spese per libri, tasse universitarie, trasporti, sport e tempo libero, viaggi per il rientro a casa. A conti fatti far studiare un/a figlio/a fuori regione comporta, per le famiglie calabresi, un costo annuo che supera abbondantemente i 15mila euro. Giova precisare che la scelta di studiare fuori regione non è un vezzo da ragazzi snob. Nella stragrande maggioranza dei casi siamo di fronte a scelte dettate da vere e proprie necessità in quanto , le università calabresi pur avendo raggiunto livelli apprezzabili ed in alcuni settori addirittura sono indicate come eccellenza, non dispongono di un’offerta didattica completa.
Molti corsi di laurea, specie quelli legati a nuovi profili professionali, sono assenti così come un percorso di arricchimento ed ampliamento si registra nei servizi a supporto quali biblioteche, laboratori, protocolli con aziende. Si emigra quindi allo scopo di ottenere una formazione più completa e più in linea con l’evoluzione del mercato del lavoro. Per tali ragioni una siffatta scelta, destinata ad avere anche una forte ricaduta sulla comunità, locale e nazionale, non può essere considerata come scelta esclusivamente “privata” con tutti le spese a totale carico di studenti e famiglie. A sollecitare interventi concreti da parte delle politiche pubbliche in modo da non lasciare sole le famiglie, di fronte a questi ingenti spese, ci ha pensato il Forum delle famiglie della Calabria.
«Molti studenti della nostra regione – ha dichiarato Claudio Venditti presidente del Forum– studiano fuori e fanno i conti con affitti, che in presenza di una richiesta elevata e in mancanza di alloggi sufficienti da parte delle Università, lievitano in continuazione. Una situazione insostenibile, studenti e famiglie non riescono più a trovare una casa a prezzi abbordabili, e di fatto viene loro negato un diritto fondamentale. Secondo Venditti ed altri ricercatori sociali, una soluzione immediatamente sarebbe tuttavia praticabile, ed anche in tempi brevissimi.
Basterebbe infatti basterebbe che il governo decidesse di aumentare alle famiglie la detraibilità delle spese da queste sostenute per far studiare i figli fuori regione. Oggi l’importo massimo detraibile è pari a 500 euro, vale a dire il 19% di una spesa complessiva di 2.633 euro l’anno. Una cifra ridicola che non riesce a coprire neanche il costo di una singola mensilità del fitto. Il forum delle famiglie calabresi ha pertanto lanciato un appello a tutti i parlamentari calabresi affinché si facciano carico, con opportuni emendamenti in sede di approvazione della finanziaria, proprio in questi giorni.
Ci sono già stati una serie di emendamenti volti a tutelare esigenze specifiche come quello volto a riconoscere compensi aggiuntivi ai docenti che insegnano nelle regioni nord. Sembra logico che di fronte al diritto allo studio, diritto sancito dalla Costituzione, si trovi il modo di dare una risposta concreta ed immediata alle famiglie ed un segnale positivo agli studenti che, per diversi mesi, hanno inscenato la protesta delle tende presso i principali atenei del centro nord. Ci sono battaglie di civiltà che bisogna saper affrontare e vincere con l’uso del buon senso e liberi da ogni forma di pregiudizio.
A far studiare i figli fuori sede, a dover sostenere i costi citati, sono le famiglie meridionali e calabresi in particolare e l’eventuale introduzione di facilitazioni di natura fiscale sarebbe da tutti gradita. Non pare quindi utile alla causa soffermarsi su pretesti o caratterizzare di colorazioni politiche una legittima e condivisa protesta di studenti e famiglie. Su questo tema anche chi scrive, fin dalla scorsa primavera, ha sollecitato alcuni parlamentari calabresi dell’area di governo ricevendo però risposte interlocutorie della serie “vedremo, approfondiremo,”.
Attendiamo fiduciosi le possibili novità all’interno dell’imminente finanziaria con la consapevolezza che quanti ricoprono cariche pubbliche, specie chi siede al Parlamento della Repubblica, è chiamato a trovare soluzioni concrete ai problemi dei cittadini, specie di quelli residenti nei territori di cui questi sono diretta espressione. Se non si riesce ad essere giusti interpreti del bisogno di riscatto dei calabresi, operare in maniera costante e qualificata per ampliare la sfera dei diritti e delle opportunità delle politiche pubbliche, allora è il caso che questi signori e signore imparino un mestiere e facciano altro.
Franco Caccia
Sociologo – giornalista pubblicista