Il tiranno Dionisio il Vecchio di Siracusa, secondo Plinio, pensò di scavare un canale tra Ionio e Tirreno per creare un’isola da aggiungere alla Sicilia; e, ovviamente, con un ponte, immagino di barche, tra Reggio e Messina. Secondo altri, voleva solo fortificare l’Istmo con un muro, ma glielo impedirono “quelli di fuori”, immagino sia dei Greci sia i Lucani. Dionisio morì in gloria nel 367; suo figlio, Dionisio il Giovane, cadde ben presto, fuggì a Locri, poi morì esule a Corinto. Niente ponte, e niente canale. Crasso scavò un fossato contro Spartaco, che però riuscì lo stesso a passare. Nella lunghissima pace romana non servirono più né fosse né mura; Gagliano, Settingiano, Gimigliano, Miglierina, Migliuso, Pratora, Conflenti… sono toponimi latini che attestano una prospera e tranquilla romanità, tra Scolacio e il Tirreno.
Dal IX all’XI secolo, la Sicilia fu dominio arabo, quindi altro che ponte; dal 1091, è vero, fece parte del Regno normanno-svevo; ma dal 1282 al 1816, fu uno Stato a sé; la politica avrebbe impedito il ponte, anche se la tecnologia lo avesse concesso. Qualcuno ne iniziò a parlare dopo l’unità; dal 1970, se ne parlò e se ne parla con periodicità; nel settembre del 2020, siamo ancora a Dionisio il Vecchio: progetti.
Però, non si sa mai; e se la Santelli riuscisse a farcela, propongo che il ponte sia (tra moltissimi anni, spero), intitolato a lei.
A che serve, il ponte?
Il ponte serve a congiungere l’Italia e la Sicilia, oggi collegate con navi, con le note lentezze, e a volte impedimenti naturali. Vi possono correre treni e mezzi su ruote, senza soste.
Ah, chiariamo una cosa, già chiarissima a chi c‘è incappato: a Villa San Giovanni la sosta consiste solo nello stare in auto, anche a motore acceso; quindi, nessun beneficio per la Calabria e per Villa o Reggio, solo inquinamento.
Non illudetevi della vecchia favola: dai luoghi non si passa per caso, nei luoghi si va o per utilità o per piacere; se vogliamo che la gente venga in Calabria, dobbiamo attirarla, non sperare che capiti per caso; o perché stanno in attesa del traghetto. Servirebbero un rilancio del turismo – e quest’estate pare sia andata bene – e della cultura, in cui invece la Regione, la politica, le università e gli intellettuali piagnoni sono all’anno zero.
Vero che la Calabria, e peggio la Sicilia dai tempi di mastro don Gesualdo, patiscono gravissime carenze di strade e ferrovie; ma è sofistico opporre che prima si facciano le strade e poi il ponte; al contrario, la grande struttura obbligherà a ripensare tutto il sistema dei trasporti tra le due regioni e all’interno delle due regioni.
Ma se entrambe le aree avranno una sana e vivace economia: altrimenti, le strade e i treni collegano, come succede ora, il Niente con il Nulla; e ciò anche se l’autostrada fosse a 12 corsie, e i treni andassero a 900 kh.
La Calabria, che attualmente non produce e campa di pensioni, dovrà riconsiderare radicalmente se stessa: lavoro, lavoro, lavoro; e assistenza solo a malati gravissimi.
Il ponte, del resto, sarà volano di lavoro ed economia: come tutti i lavori pubblici dai tempi delle piramidi. Ovvio che va eseguito rapidamente, ma bene e con onestà. Soluzione? Una e banale: sospendere ogni autorità comunale, regionale, nazionale nei territori interessati; nominare un commissario con poteri assoluti, e una katana.
La katana è una spada giapponese molto affilata. Il commissario la dovrà usare per due finalità:
- tagliare la testa agli intrusi: manifestanti, politicanti, storiografi della domenica, sindaci, mafiosi, tangentisti vari, burocrati, ecologisti tipo “ma il ponte guasta il panorama tra Messina e Reggio”, come se Reggio e Messina fossero alberi e non fondazione l’una dei Calcidesi e Messeni, l’altra non si sa di chi e poi del tiranno Anassila, e furono tutti esseri umani, mica criceti;
- in caso di proprio fallimento, fare pubblico seppuku, comunemente detto anche karakiri.
Ulderico Nisticò