Premessa: c’era una sola e unica possibilità che la Regione incaricasse U. N., ed era l’estrazione a sorte con un caso per me rarissimo di fortuna; quindi sto scrivendo un temino di purissima fantasia. Facciamo dunque finta che una tombola andasse bene, e U. N. fosse incaricato di girare un corto per presentare la Calabria.
Come primissima cosa, U. N. penserebbe al filo conduttore, che nel corto di Muccino è miserando, in quanto mancante dell’elemento essenziale di ogni narrazione poetica: il conflitto. Per capirci, se Elena fosse stata una donna per bene, avrebbe detto di no a Paride, e quindi niente Iliade, Odissea, tragedie greche, Eneide eccetera; se don Rodrigo fosse stato un feudatario rispettoso dei suoi sudditi, i Promessi Sposi finivano al primo capoverso del primo capitolo. Se Gesualdo si fosse contentato di essere ricchissimo mastro invece di tentare la scalata a patetico don… eccetera.
U. N., che la sa lunga, avrebbe, per esempio, immaginato che i due, stando a Varese, litigassero a sangue causa amore (cinque secondi di urla bastavano), e lei per dispetto tornasse in Calabria, sua terra; inseguita da lui: “odi et amo”, afferma Catullo, che di disgrazie erotiche, poveretto, se ne intendeva. I due conflittuali s’incontrano, e, tra altri urlacci e felici riconciliazioni, fanno il bagno in luoghi sì belli, ma non deserti tipo Polinesia del Bounty; cenano a base di succulenti cibi calabri (colesterolo, alle stelle: ma basta fare un poco di moto, dopo!), litigano di nuovo davanti ai Bronzi, o al Drago di Monasterace, o nel castello di Corigliano, o leggendo il Codex di Rossano mentre un anziano prete li rimprovera a sangue… Come avete capito, U. N. non avrebbe fatto un documentario, ma un vero film, per quanto brevissimo e sintetico; usando la vicenda come elegante pretesto per far vedere che in Calabria c’è la bazzecola di quattromila anni di storia, arte, cultura, religione… e conflitti, tanti, tantissimi conflitti, che, come sopra abbiamo dimostrato, sono il pane della vita. Polemos patèr ton panton, insegna Eraclito: la guerra è madre di tutte le cose. E se dalla letteratura togliete la guerra e gli amori sbagliati, resta solo la Vispa Teresa… tranne le versioni goliardiche che qui non dico perché siamo in fascia protetta.
Se no, il turista dopo mezza giornata si annoia.
Ovviamente, i protagonisti del corto di U. N. non sarebbero stati due ormai attempatelli signori, ma ragazzi giovani e credibili, di quelli che si amano e che si picchiano per amore; e che però, freschi di scuola e non bambinoni in ritardo a caccia di agrumi, vogliono pure vedere cose colte, interessanti, stuzzichevoli… magari il castello di S. Giorgio Morgeto, dentro il quale c’è un fantasma. Il prof saputello ha detto, a scuola, che i fantasmi non esistono, ma “ci sono più cose in cielo e terra di quante ne possa sapere la tua filosofia”, afferma Amleto. Non è colpa mia se uno la filosofia non l’ha studiata, e nemmeno Shakespeare.
Per fare quanto sopra, U. N. ha calcolato che gli servivano 17.000 €; più, però, l’aiuto di amici e qualche piccolo lecito favore: non pagare l’ingresso a Scolacio (la vedo dura!) o al castello di S. Severina (più probabile); farsi offrire una cena dal Comune X in cambio di una ripresa… Si chiamano, con barbarismo di origine latina sponsorizzazioni. Altro che 1.700.000 euro.
Riassunto. U. N. avrebbe girato un film vero, fregandosene del politicamente corretto e dell’idea del “buon selvaggio” calabro dalla faccia da scemo e che, evidentemente mantenuto a sbafo, passa la giornata giocando a briscola; e se qualcuno ritiene che la soppressata sia tabù e divieto o faccia male, non è obbligato a mangiarla; me la divoro io al posto suo, però. Tranquilli, però: in Calabria ci sono vegetali per i vegani, e pesce a diluvio, e carni di animali non vietati. La Calabria offrirebbe ogni attrattiva al turismo: mare, montagna, cultura, clima, soppressate e pomodori.
Insomma, il regista meno adatto alla Calabria era proprio Muccino, in quanto notoriamente buonista e dolciastro e attento alle tendenze di moda igieniste e salutiste e passatiste spacciate per idee. Non era cosa, egli, per i nostri mari sempre agitati; i nostri monti di granito a picco sulla spiaggia; i borghi che mostrano millenni di sapiente urbanistica popolare; la nostra mutevolissima storia; le nostre tavolate da stomaco di ferro…
“Professo’, e ‘on mangiastuvu nenta”: quante volte me lo sono sentito dire dopo che mi ero scofanato guantiere di salumi vari, e adeguatamente tracannatovi sopra; ma i miei amici popolani non si fermavano; e se io avessi detto – mai successo – che bastava, sarei passato ai loro occhi per la peggiore specie umana: “omu e pinna”, intellettuale sempre malato di qualcosa, soprattutto nell’anima!
Ecco cosa doveva fare, Muccino, prima di girare qualcosa sulla Calabria: farsi un “catoio” di Badolato fino alle luci dell’alba; vedete come gli passava la voglia di corteggiare una donna facendola campare, miserella, a bergamotti e limoni invece di melanzane piene e piatti enormi di peperoni e patate con abbondante peperoncino!
“Omu e pinna”, ragazzi!
Ecco, da idee sbagliate sulla Calabria, vengono fuori prodotti sbagliati. La colpa è della Calabria, nemmeno di Muccino, che ha fatto più o meno quello che gli hanno detto di fare. Certo, Michelangelo litigava da pazzi con Giulio II: ma erano Giulio e Michelangelo, mica Muccino.
Ulderico Nisticò