Ripeto che meno se ne parla, meglio è; e che se c’è una soluzione, va trovata subito, prima che dilaghino ancora di più le ideone, poi riprese e amplificate dai giornali. Quella dei terreni donati dalle Scoppa e ora da restituire, è il massimo della fantasia, e mi obbliga a una lezioncina di storia della proprietà in Calabria.
Dopo il terribile sisma del 1783 venne istituita la Cassa Sacra, che, di fatto, espropriava le proprietà dei conventi danneggiati, e moltissimi del resto già in abbandono da decenni. L’intento era nobilissimo: vendere a privati, e utilizzare il denaro per la ricostruzione. La ricostruzione attuata dal governo di re Ferdinando IV è un esempio insuperabile di rapidità ed efficienza, come mostrano le decine di città nuove dai perfetti piani regolatori. Ma la Cassa Sacra fu, in troppi casi, un’occasione di furbata per borghesi rampanti, che acquistarono – e vorrei sapere come! – terre a bassissimo prezzo; per poi inventarsi nobiltà secolare, anche grazie a Murat che, avendo capito i Meridionali, distribuiva titoli baronali come fossero caramelle. Tra questi, i baroni Scalfaro: e già! Ragazzi, il mondo è piccolo. La maggior parte dei baroni calabresi sono murattiani, borbonici e sabaudi, e con le Crociate non hanno niente a che vedere.
Se mai passasse la bella pensata di riconsiderare i donativi Scoppa, io prima di tutto mi farei una passeggiata tra le carte del 1783, per vederne l’origine: e chissà che scoperte. Una volta avvenuta la donazione, ormai 110 anni fa, bisognerebbe sguinzagliare eserciti di geometri con l’incarico di scoprire a cosa oggi corrispondono i piccoli appezzamenti; a chi sono stati venduti; e a quanto, con il cambiamento di valore della moneta; e cosa ci hanno costruito sopra, e mica solo negli ultimi anni… E poi, restituirli a chi? Ragazzi, spunterebbero decine e decine e decine di eredi più o meno (meno!) genuini; e cause… Non sto scherzando: l’ultima causa di Cassa Sacra che io conosco si è conclusa, udite udite, verso il 2020! Pensate a quanti avvocati ci camparono sopra, in duecentocinquant’anni, e imperterriti al divenire di Regno di Napoli borbonico, Regno di Napoli murattiano, Regno delle Due Sicilie, Dittatura di Garibaldi, Regno d’Italia liberale fascista antifascista, Prima e Seconda Repubblica… e loro sempre a fare appelli e contrappelli in tribunali emananti inutili sentenze in nome di tutti quei re e popoli.
Perché mi diverto a scrivere queste vecchissime cose? Per far capire meglio, per paradosso, l’urgente necessità di parlare il meno possibile, e di trovare una soluzione realistica.
Parlo della scuola salesiana o almeno del Liceo Classico, rinviando ad altra data la questione dell’imponente edificio e della sua sorte futura. Sorte sulla quale si mormorano alcune cose semplicemente intollerabili: e per ora mi fermo qui. Ci sono dignitose possibilità per l’utilizzazione di quanto non occorrerebbe alla scuola. Tra queste, l’università che potrebbe realizzare alloggi per studenti (in 20 minuti sarebbero a Germaneto), o sedi di corsi: per esempio le famose facoltà umanistiche che ogni tre mesi a Catanzaro annunziano a bocca piena… e poi tanti saluti e frasche.
Ulderico Nisticò