Nell’ambito dell’attività di contrasto al traffico internazionale di sostanze stupefacenti gli uomini del Comando Provinciale di Reggio Calabria, insieme ai funzionari dell’Agenzia delle Dogane – Ufficio Antifrode di Gioia Tauro, con il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno individuato e sequestrato 61 Kg di cocaina purissima nel porto gioiese.
In un container trasportante carne congelata in transito nello scalo portuale calabrese, proveniente dal Brasile e avente come destinazione finale il sud-est asiatico, sono stati individuati e sequestrati 61 chilogrammi di cocaina contenuti in due borsoni posti dietro i portelloni del contenitore, i quali, una volta giunti a destinazione e tagliati fino a quattro volte prima di essere immessi sul mercato, avrebbero fruttato circa 12 milioni di euro alle organizzazioni criminali operanti nel settore.
Le fiamme gialle e i funzionari doganali non abbassano la guardia svolgendo quotidianamente, in stretta sinergia, un’intensa attività di controllo sulle merci in arrivo o in transito per rendere sempre più efficace la lotta al traffico internazionale di sostanze stupefacenti nel porto calabrese.
Attraverso una complessa attività di indagine eseguita tramite analisi di rischi e riscontri fattuali su migliaia di contenitori provenienti dal continente americano, gli uomini della Guardia di Finanza, con il supporto di unità cinofile e grazie ai sofisticati scanner in dotazione all’Agenzia delle Dogane, sono riusciti ad individuare quello in cui era stato occultato lo stupefacente.
Nonostante l’ormai nota tendenza alla delocalizzazione delle spedizioni su altri porti, Gioia Tauro rimane comunque uno dei principali scali di riferimento dei narcotrafficanti. Lo sforzo profuso dai militari è massimo ed è volto a limitare una vera e propria piaga sociale che ha costi elevatissimi e che non accenna a diminuire.
In primis il consumo di cocaina, soprattutto tra i più giovani, crea danni alla salute irrimediabili, inoltre i proventi della importazione e della vendita della “coca” generano guadagni esponenziali a chi opera in questo settore illegale. Tali somme infatti, una volta reinvestite e riciclate, sono in grado di inquinare pesantemente i circuiti legali dell’economia e di alterare le condizioni di concorrenza, sottraendo opportunità di lavoro alle imprese oneste.