Il mio breve pezzo su san Teodoro ha suscitato interesse, anzi, scusate se ve lo dico, sorpresa. E qui si richiedono ulteriori precisazioni.
Cominciamo con il Diritto Canonico, il quale sancisce che ogni Comune ha un Santo patrono, e uno solo, da festeggiare secondo il calendario della Chiesa. Lo riconosce il Diritto Civile, ed ecco che il giorno del Santo è festivo a tutti gli effetti… di legge, nel senso che chiudono uffici e scuole; sul resto, a gusto degli esercenti.
Cominciamo da Soverato, dove, sia pure nella quasi totale indifferenza, la patrona dell’intera città è la Maria SS. dei Sette dolori, o Addolorata. Festa civile è dunque il 15 settembre. Tutti pensano, erroneamente, sia festa di Soverato Superiore; qualcuno direbbe che è la Madonna a mare, festa importante ma familiare. I Salesiani, e in qualche modo, altri, festeggiano don Bosco, compatrono.
Di S. Teodoro abbiamo detto; i SS. Medici, festeggiatissimi, non sono patroni.
Precisazione storiograficamente importantissima: i santi del nostro territorio, e di gran parte della Calabria e del Meridione, sono greci. Metto le mani avanti: non c’entrano niente Pitagora e i dai più sconosciutissimi Ibico, Stesicoro, Alessi… e Nosside nota solo in quanto donna. I Greci classici non avevano santi, ma dei.
I santi greci risalgono al lungo periodo dell’Impero Romano d’Oriente. Non vi posso raccontare qui, e mi contento dell’anno 732, quando l’imperatore Leone III sottopose le Diocesi italiane a Costantinopoli; e dell’imperatore Niceforo II Foca (961-9), che organizzò la difesa delle coste attraverso i kastellia (da kastron, castrum), che sono i nostri borghi collinari: tutti in vista uno dell’altro, tutti vicinissimi da raggiungere, e tutti abitati da “uomini valenti”; se scrivo come si dice in greco, mi bannano a vita. I valenti avevano bisogno di santi modello di cristianesimo, ma anche di coraggio e senso del dovere: ed ecco i santi guerrieri e martiri Andrea, Acacio (Agazio), Teodoro, Sostene, Barbara, Caterina Martire; meno direttamente impegnati in azioni di guerra o martirio, Anastasia, Gregorio, Nicola, Pantaleone; più recente, Rocco, che, come Bruno, Ilario e Dionigi e Vito, è di origine francese.
Anche il lettore si contenti di queste vaghe notizie. Se volete qualcosa di più scientifico e agiografico, e anche corposo, fatevi sotto nelle debite forme.
La venerazione dei santi ha scandito per molti secoli la vita religiosa e civile dei paesi. Si conservano preziose anche se discutibili Reliquie: cito san Marco a Cropani. I riti erano sempre molto solenni, e con processioni. L’agiografia diveniva racconto della storia cittadina, con particolare riguardo ai miracoli. Le vigilie, si osservava l’astinenza; durante la festa, si mangiava con piacere, e con fantasia enogastronomica.
I santi estivi seguivano un calendario connesso anche alle fiere, importantissime per gli scambi di merci non prodotte in paese. Finita una festa, i “ferari” (nel Reggino, udite udite, “bazarioti”!), dicevano “cojjimuni… ”, e, secondo la specializzazione, “i ferra, a rama, i pipi, l’argagni… ”, e passavano alla festa del paese vicino. C’erano le fiere stabili, di muratura. Ricordiamo, al volo, S. Severina, Mesoraca, Cirò…
Non scordiamo i santi delle categorie: s. Giuseppe Lavoratore, s. Francesco di Paola dei marinai… anche altri preferivano san Francesco Saverio.
È ora di recuperare i santi, sia come santi in Cielo, sia come occasioni sociali in Terra. A proposito: progredisce la canonizzazione della Monachella; mentre tutto tace su Antonio da Olivadi, Paolo d’Ambrosio, e, nonostante solleciti, su Carlo Amirante. Aspettiamo Cassiodoro.
Ulderico Nisticò