Sangiuliano, il Ministro che confuse cultura e telenovela


In un colpo di scena degno del miglior cinema neorealista, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha deciso di abbandonare la sua poltrona, regalandoci un finale che nemmeno il più creativo degli sceneggiatori avrebbe osato immaginare.

La trama di questo political-drama all’italiana si è dipanata tra i corridoi di Montecitorio e gli studi Rai, con un cast di personaggi che farebbe impallidire qualsiasi soap opera. Protagonista indiscussa, Maria Rosaria Boccia, passata con disinvoltura da “consulente” ad “amante” del Ministro, titolo conferitole dallo stesso Sangiuliano in un momento di candore televisivo che farà la gioia degli archivisti Rai per decenni a venire.

Ma non pensiate che si tratti di un semplice triangolo amoroso. Oh no, questa è l’Italia, signori! Qui abbiamo occhiali high-tech degni di James Bond, auto blu che farebbero invidia a “Fast and Furious”, e una gestione della politica così creativa da sembrare un gioco da ragazzi.

Il nostro ex Ministro, evidentemente poco versato nella saggezza latina, ha dimenticato il vecchio adagio “Mulier Caesaris non fit suspecta etiam suspicione vacare debet”. Tradotto per i non classicisti: “La moglie di Cesare non solo deve essere onesta, ma deve anche apparire tale”. Un concetto troppo sofisticato, forse, per chi confonde la cultura con il gossip da rotocalco.

Il clou di questa tragicommedia? Un’intervista su Rai1 dove Sangiuliano, in un impeto di pentimento pubblico, ha versato lacrime che avrebbero fatto invidia a una telenovela sudamericana. Un momento toccante che, invece di riabilitarlo, lo ha trasformato nel meme perfetto per la Generazione Z su TikTok.

Ma al di là del gossip e delle lacrime in prima serata, resta un quadro inquietante di malcostume politico. La Boccia che si aggira per il Parlamento come una spia di basso rango, eventi, pranzi, cene e incontri ai massimi livelli che sembrano più un tour vacanziero che affari di Stato.

Sangiuliano insiste di non aver speso un centesimo di denaro pubblico per questi “tour culturali”, ma francamente, caro ex Ministro, non è questo il punto. Il vero nodo della questione è quel senso di impunità, quella convinzione che una volta al potere si possa fare il bello e il cattivo tempo, portandosi dietro chi si vuole come se si stesse organizzando una gita scolastica al parco giochi e non gestendo la “cosa pubblica”.

In conclusione, mentre Sangiuliano esce di scena, ci lascia con una domanda: è questa la “cultura” che voleva promuovere? Se sì, forse è il caso di rivedere i nostri standard.

Francesco Pungitore