La vicenda relativa al Sant’Anna Hospital fa il paio con l’apertura del corso di Medicina all’Unical (invece di puntare ad allargare le maglie del numero chiuso dell’UMG) e al dirottamento del Centro per la ricerca sul Covid che sorgerà nell’area ex Sir (invece di creare un polo sanitario d’eccellenza nei pressi del Mater Domini). Non sappiamo se queste vicende siano collegate fra loro ma hanno tutta l’aria di essere un attacco al sistema sanitario catanzarese.
Un vero e proprio assalto concentrico che parte dall’interno di quelle istituzioni che dovrebbero fare il bene della nostra comunità e invece stanno in tutti i modi lavorando per depotenziare, ancora una volta, il ruolo e le funzioni di Catanzaro. Fa bene il consigliere Riccio a chiedere un consiglio comunale ad hoc, ma sarebbe opportuno estendere le argomentazioni su quanto avvenuto in questi ultimi tempi. Così come sarebbe importante chiedersi che fine hanno fatto i fondi destinati alla costruzione del nuovo ospedale di Catanzaro.
Il particolare periodo storico ha fatto capire a tutti che la sanità non è solo un servizio ma un vero e proprio business. Distruggere una struttura d’eccellenza come il Sant’Anna Hospital di Catanzaro andrebbe a favorire altre strutture in altri luoghi.
L’attacco mediatico messo in piedi in questi ultimi mesi era spudoratamente chiaro: si puntava alla chiusura di questo eccezionale presidio ricco di professionalità e strumentazioni. Se qualcuno ha sbagliato dal punto di vista gestionale deve pagare e fa bene la Procura capeggiata dal Dott. Gratteri ad indagare e scardinare eventuali sistemi di malaffare, ma quanto avvenuto al Sant’Anna Hospital succede ovunque, basti pensare che il tanto decantato San Raffaele di Milano (a proposito c’è da chiedersi come mai trasmissioni televisive stile Giletti e compagnia cantante non focalizzano sugli sperperi e sugli imbrogli che caratterizzano i sistemi sanitari del Nord Italia) è rimasto in piedi nonostante un buco di 1,5 miliardi di euro.
E udite udite, la Procura meneghina, a fronte di una tale voragine finanziaria da parte di un solo ospedale lombardo (che rende quasi irrisorio il debito della sanità calabrese dopo dieci anni di commissariamento) ha contestato per dissipazioni e distrazioni patrimoniali ai responsabili solo 44,6 milioni di euro di ammanchi. Praticamente le briciole.
Un modo come un altro per salvare una struttura che non poteva e doveva chiudere e che oggi si tiene in piedi anche grazie ai viaggi della speranza dei tanti cittadini calabresi e meridionali costretti ad “emigrare” per farsi curare. E beffa delle beffe, a curare i calabresi a Milano sono gli stessi primari e medici calabresi costretti anche loro a fuggire pur di trovare una sistemazione consona alla loro indiscussa professionalità.
Fino a quando i calabresi non avranno uno scatto d’orgoglio e non lavoreranno per il bene della Calabria senza campanilismi e lotte intestine i nostri soldi e le nostre professionalità arricchiranno altre aree del Paese. Depotenziare il sistema sanitario catanzarese non è solo una iattura per Catanzaro ma per tutta la Calabria.
“Divide et impera” dicevano i latini. Così come non servono parole ma fatti da parte dei Parlamentari calabresi e da parte del Presidente della Regione Nino Spirlì. Fatti concreti e non i classici interventi di facciata. Sperando che almeno una volta (viste le tante parole parole parole senza costrutto) si riesca a portare a casa il risultato che in questo caso si chiama salvaguardia del Sant’Anna Hospital senza sé e senza ma.
Associazione Culturale CATANZARO IN MOVIMENTO