Inizio con due definizioni di rivoluzione, che mi paiono sufficienti a capire il concetto. Napoleone disse: “La rivoluzione è un’idea che incontra delle baionette”; e Mao: “Per fare la rivoluzione occorre un partito rivoluzionario”. Se è così, di rivoluzione non c’è alcuna prospettiva: mancano sia le baionette sia un partito; e soprattutto manca un’idea. Il coronavirus non susciterà dunque una rivoluzione.
Ma sta suscitando sommosse, cioè agitazioni di persone e gruppi senza guida e senza un progetto, ma spinte dalla forma più elementare di disperazione: la fame. C’è chi è privo di ogni risorsa, e perciò è pronto a tutto, e non ha paura di niente: perché niente fa paura a chi patisce di fame, tanto meno una multa, la galera… o la stessa morte.
I fatti di Palermo, e non solo, rivelano una cosa che moltissimi magari sapevano, e che fingevano di non sapere: c’è un amplissimo sottoproletariato che vive alla giornata e di precarietà quando non di espedienti; e quando non di illegalità come spaccio e furtarelli. Illegalità nota, e di fatto tollerata; o, peggio, autoregolata o regolata da poteri organizzati, ma a loro volta illegali. Oggi sentiamo che la Calabria non annovera più grandi numeri di delinquenza, e non certo perché i lupi siano divenuti agnelli; ma perché non trovano agnelli da divorare.
Non è tutto e solo così, grazie a Dio; ma è alto il numero di quelli che vivono di lavoretti, e non hanno certo denaro da parte.
E sappiamo che una gran parte dei ritornati dal Nord o estero, lo hanno fatto per aver perso l’occupazione, e sperano di trovare sostegno al paese; almeno un tetto e qualcosa da mangiare.
E c’è un precariato del ceto medio: negozi, bar, studi professionali, artigiani, operatori culturali e dello spettacolo, che vivono di entrate magari cospicue, però mai certe, e di cui sono ora scarsi o del tutto privi.
Ci sono poi gli stagionali.
Servono dunque interventi rapidi e risolutivi. Facciamo alcuni esempi ipotetici:
- Sospensione di bollette etc.
- Distribuzione di generi, meglio che di soldi: i soldi finiscono spesso in droga e vizi, e non in pane!
- Un’idea sarebbe la tessera, come in tempo di guerra.
- Attenti ai furbi e approfittatori, che sono anche le mafie, ma mica solo! Ricordate che le cronache sono zeppe di benefattori finiti in galera, ovvero antimafia segue cena.
- Responsabilità dei sindaci, soprattutto nei piccoli paesi, i quali devono conoscere la situazione reale, e guidare gli interventi con autorità e buon senso.
- Organizzazione degli aiuti: mica il bisognoso deve uscire di casa e fare una fila per chiedere.
- Sburocratizzare senza scrupoli.
- E, cessata l’epidemia, mettere mano ad un’opera radicale di bonifica sociale.
Lo Stato trovi i soldi; o li stampi; o usi – scrivevo ieri – BOT; o se ne freghi di Ursula e altri arrampicatori sociali sanno loro come.
Se no, ripeto, di rivoluzione non c’è manco la più lontana ombra; ma le sommosse sono molto probabili.
Ulderico Nisticò