Riflessioni esistenziali. Quando uno ha 73 anni…


…gli sono successe le cose che leggete nella tabella, e che suggeriscono riflessioni esistenzialistiche. Dei 26.000 e rotti giorni, una bella cifra, quanti sono stati bene adoperati, e quanti invece sono passati invano? Beh, ognuno parli per sé, e io posso dire che ne ho usati moltissimi, nel bene e nel male, e oziati pochi. Ma anche averne sprecato uno, alla mia età, pesa, ed è irrecuperabile.

 Il curioso di ogni vita umana è che gran parte del tempo è fatta di situazioni inevitabili, e che qui definisco servili. Quanto tempo, infatti, dobbiamo dormire? Quanto mangiare? Quanto ne dobbiamo adoperare inutilmente per realizzare delle cose belle e utili? Esempio: quante ore io ho trascorso viaggiando, per poi tenere una conferenza di un’ora, e una relazione di meno ancora? Ma se l’attività era a Roma, Napoli, Gaeta, Bari eccetera, o più lontano, dovevo viaggiare per forza, quindi delle ore dovevano essere impegnate, e non potevo essere anche da un’altra parte. Del resto, una cena dura un’ora, ma la sua preparazione è molto più lunga; e lunghissimo è il tempo dedicato al lavoro per procurarsi gli ingredienti.

 E anche una conferenza dura un’ora, ma i contenuti sono stati assimilati in tutta la vita.

 Io ricordo bene che quel calcolo lo feci da poco più che bambino, chiedendomi come dare senso all’esistenza e non sprecarne nulla. Forse ci sono riuscito? Senso, ovvero riempire di contenuti tutti i 26.000 e rotti giorni. Ho avuto fortuna? Molto, molto meno di quanto mi sarebbe stato d’aiuto.

 Attenti qui, che non mi passò mai per la mente che lo scopo fosse di ottenere giorni “felici”, essendo evidente che la presunta felicità si può ottenere, ammesso e non concesso sia possibile, solo nell’immobilità, quindi non solo sarebbe di brevissima durata, ma, soprattutto, è di un’insopportabile noia. Ed è un pessimo affare rinunciare alla vita per inseguire la fantasticata felicità.

 E come dimenticare l’ammonimento di Erodoto, che πᾶς ἄνθρωπος συμφορή ἐστιν, ciascun essere umano è circostanza? Nemmeno fato o destino, ma circostanza, cose imprevedibili che accadono! Accadono, ad-cadunt. Se ripenso ai 26.000 giorni e a ciò che successe senza che lo potessi congetturare, ad casum… salvo a non voler credere alle Parche che filano la sorte umana!

 Con tutte queste riflessioni, che voglio donare ai tantissimi che mi hanno rivolto gli auguri, continuo ad andare avanti, sperando di aggiungere molti altri giorni al già imponente calcolo. E, magari, di essere utile alla mia comunità e a chiunque altro ne abbia bisogno.

Ulderico Nisticò