RAI e Leopardi immaginario


 Rappresentare Leopardi come un bel giovanotto dalla schiena perpendicolare, sarebbe come fare un film su Manzoni che la sera va in una discoteca affollata; quindi dimenticare che questi era agorofobico e manco usciva di casa; e quello aveva una scoliosi o qualcosa del genere, quindi una pronunziatissima gobba. Oppure d’Annunzio a far voto di castità, povertà e obbedienza.

 Aveva la gobba, Leopardi, e non faceva finta di essere dritto, anzi ne soffriva moltissimo proprio nel sentimento che più provava: il bisogno di amicizia e socialità.

 Socialità, ragazzi, non socialismo (lo hanno detto: ahahah), che è un argomento politico del quale il Leopardi non si curò mai, come di nessuna politica. La Patria? Sì, ma la sua ideale, quella di Roma antica; e se qualcosa di politico disse, per altro a cose finite, fu condannare che gli Italiani fossero andati a combattere e morire non per l’Italia ma per Napoleone e i giacobini. Quanto ai liberali, li deride, come ben si legge nei Paralipomeni e altrove.

 Aveva bisogno d’amore e di amicizia. Il padre non era affatto quel mostro che qualcuno volle, e, nei Dialoghi, fu così valente scrittore che qualcuno attribuì le sue prose al figlio, che dovette smentire la diceria. Monaldo era pesantuccio, vero, ma soprattutto con le tasche vuote per cattiva amministrazione e acquisto di libri in massima parte inutili e dannosi, e che Giacomo commise l’errore di leggere.

 Adelaide aveva poco tempo per coccolare i figli. Appena sposata, fece interdire il marito e assunse la ferrea gestione del poco patrimonio; e così bene che Monaldo, quando finì la sua interdizione, si guardò bene dal toccare un soldo. Infine Adelaide rimise le cose a posto. A proposito: Paolina non si sposò mai, però fu un’apprezzata traduttrice dal francese.

 La mancanza di denaro fu sempre uno dei problemi di Giacomo. Pio VII gli aveva mezzo promesso un posto, però morì prima di darglielo. Unica offerta di lavoro, insegnare greco in Germania, e dovette declinare per non sapere come arrivarci.

 E dire che della Germania non sapeva nulla, e nemmeno mai nomina Kant, Fichte, Hegel, Schopenhauer; e nega la monumentale filologia germanica del suo tempo, senza la quale anche in Italia saremmo tutti rimasti al latino dei conventi e al neogreco.

 Era grecista, ma proprio perché imparò da solo il greco classico. Questo compare spessissimo negli scritti di Giacomo: “nudo il petto” non vuol dire in topless, ma senza corazza, come in Omero; e Silvia che canta e tesse è un bellissimo frammento di Saffo. Siccome però il greco ai suoi tempi in Italia non lo sapeva quasi nessuno, e anche oggi c’è poco da scialare, nessuno si accorse che le Operette Morali imitano Luciano, e Morali sono i Moralia di Plutarco…

 Filosofo? Ebbe intense intuizioni di filosofia, ma non un sistema; diciamo che, come il pastore errante, avverte un possente sentimento esistenziale.

 È passatista, non reazionario, e teme la modernità. Si sbaglia: se avesse avuto un comodo treno, il lavoro a Bonn non glielo toglieva nessuno, e campava, cervello in fuga, altri quarant’anni fa da ben pagato e onorato filologo; e magari si faceva chiamare Graf von Leopard[i].

 Poeta? Egli stesso dice di esserlo raramente; e se leggete, per esempio, la troppo celebrata Ginestra, metà è altissima poesia, ma l’altra metà è una sciatta prosa in versi.

 Ora vediamo cosa ci ammannisce la RAI.

Ulderico Nisticò