Caro Tito, l’imminente domenica 17 marzo dovrebbe rappresentare per noi meridionali un giorno di lutto, poiché chi ha inteso autoproclamare l’Unità d’Italia (il 17 marzo 1861) ha poi costretto il Sud (dopo averlo massacrato di brutto e quasi annientato) a sopravvivere (a disperdersi e spesso a morire) a causa del Nord (specie padano) il quale, come dimostrano tutti i documenti e gli studi fin qui fatti e rifatti, ha salassato e continua a salassare in tutti i modi possibili ed immaginabili il popolo meridionale.
Però, prima di iniziare a fare qualche ragionamento sulla nostra storica ed attuale situazione di meridionali, alla luce degli eventi succedutisi dal maggio 1860 in poi, voglio precisare che, pensando al passato e al futuro del nostro Sud, tutto ciò debba essere inserito nel contesto veloce del mondo di oggi che presenta altre sfide, altri dominatori… quelli derivati dalla globalizzazione.
Dico e preciso tale scenario, poiché la Storia non si ferma, nonostante aggressioni, guerre, genocidi. Adesso è tempo di pensare a prepararsi (dopo essere stati savoiardi, americani, filorussi, filoarabi e filoisraeliani) ad un altro tipo di dominazione, quella cinese, che già sta invadendo Mediterraneo ed Europa in modo silente, ma sicuramente con strategie politico-economiche-culturali diverse, tutte da conoscere ed affrontare senza cadere in trappole pericolose.
Conoscere è meglio che ignorare! E, come popolo, abbiamo fatto molto poco per conoscere la Cina, rispetto ad altri più lungimiranti. Eppure la cultura italiana era già stata messa in “allarme” da film come “La Cina è vicina” di Marco Bellocchio (1967) e da altre intelligenti e antesignane campanelle (come ad esempio “La Gina è vicina” con Lauretta Masiero su Rai TV del 1968). Ma nemmeno Marco Polo era stato creduto a suo tempo!
1- NON SONO UN NEOBORBONICO, ANZI!
Tornando al tema di questa “Lettera n. 239”, sai bene che non sono affatto un neo-borbonico … cioè di quel gruppo di persone che vorrebbero il ritorno dei Borboni ed il conseguente ripristino del ”Regno delle Due Sicilie”, anche se in un certo senso costoro lo meriterebbero, essendo stati espropriati in così tanto barbaro modo dai Savoia.
Né tanto meno vorrei la secessione del Sud … anche questo meriterebbe il meridione italiano, per tutto ciò che da 159 anni, cioè dal maggio 1860, sta soffrendo a causa della immotivata aggressione e la totale rapina che ci ha fatto e che continua a fare il Nord padano.
Sai bene come e quanto mi sia sempre speso per l’Unità d’Italia, per l’Europa Unita e addirittura per l’ONU, fin dalla mia prima adolescenza. Però, adesso, non se ne può più di questa che si sta rivelando una vera schiavitù in cui ci tiene, in pratica (persino denigrandoci) un Nord che non si sazia mai, specialmente a spese della nostra emarginazione totale. E queste sono prove non illazioni!
Ed anche l’Europa è stata occupata da speculatori, burocrati e “comitati di affari” perdendo le idealità che ci avevano conquistato. Ormai abbiamo capito che dietro un ideale (persino religioso) si nasconde una fregatura, poiché quasi tutto si tramuta in potere, denaro, sesso, ecc.
Dove mi giro giro, ascolto lamentele assai determinate, circostanziate e gravi … però vedo crescere una maggiore coscienza di “classe meridionale” la quale, se aumenta come promette, potrebbe portare alla “disunità italiana” agevolando la secessione del Nord oppure, paradossalmente, a migliorare l’unità nazionale!
Adesso come adesso, la percezione che si ha è che l’Italia forse non esista più e temo sia prossima all’implosione o stia per andare in mano a nuovi barbari. Bisogna correre ai ripari, pure per evitare una nuova guerra civile (come lo fu nel 1860-70) ed un insostenibile bagno di sangue, anche in presenza di un’Unione Europea guardinga ma ancora troppo inerte. Dico ciò non per procurare allarme, bensì per indicare un rischio fondato e giustificato dalla esasperazione di buona parte del popolo esausto e irato.
Dopo aver creduto e tifato a lungo per l’Italia unita, adesso mi sto piano piano convincendo (anche antropologicamente e sociologicamente) che sia meglio (almeno per il momento) pervenire ad un’Italia federale con qualsivoglia Stati indipendenti o autonomi.
2- ITALIA UNITA MA A REPUBBLICHE FEDERATE
Infatti, per dare tempo alla Storia di respirare e riprendersi dai traumi subìti, sarebbe meglio suddividere l’Italia per “popoli vocazionali” che scelgano liberamente come e con chi stare, mantenendo l’unione federale con lo Stato italiano, nel constesto della Unione Europea (da migliorare davvero molto) e delle alleanze ed amicizie già in atto e diffuse in tutto il pianeta.
In pratica, bisognerebbe “resettare” l’Italia e ripartire con altri schemi di vita e di gioco sociale, condivisi da tutti o dalla maggior parte degli Italiani, come è avvenuto il 2 giugno 1946 quando la maggioranza elettorale degli Italiani ha scelto la Repubblica. Adesso è venuto il momento di riattualizzare le posizioni, pur restando uniti ma, nello stesso tempo, autonomi ed indipendenti. Questa soluzione, oggigiorno, potrebbe essere agevolata dal fatto che, in fondo, siamo tutti nella unica Casa europea!
D’altra parte, in tutto il cosiddetto Risorgimento, taluni patrioti ed alti pensatori spingevano per una Italia Federata tra le sue componenti più omogenee, avendo compreso che l’antropologia culturale ed economica è sempre da rispettare tra i popoli. Infatti, non si possono fare “fusioni a freddo” né tra coniugi né tra popoli! E, purtroppo, l’unità nazionale del 1861 ha un macigno come peccato originale: è stata imposta a freddo! Uno stupro storico che se non avrà giustizia potrà giungere a “vendetta” o a “rappresaglia” (come già si sta profilando con le massicce infiltrazioni mafiose al centro-nord).
2- FUSIONE A FREDDO
Come insegna la fisica, salvo eccezioni, due materiali si uniscono sempre a caldo e sempre se sono compatibili tra loro. Invece, la cosiddetta unità italiana sotto il dominio dei Savoia dal 1861 continua ad essere una fusione a freddo che, alla prova dei fatti, non ha funzionato proprio per niente.
Tale “fusione a freddo” non funziona in alcuna parte del mondo e non funzionerà mai e poi mai specialmente in Italia: Primo, perché sostanzialmente è stata un’operazione effettuata senza aver consultato consapevolmente le parti, ma in modo violento (tra plebisciti-farsa e aggressioni belliche), annettendo al Piemonte i territori non adeguatamente sensibilizzati, ma anzi brutalizzati con le armi e con altro genere di sterminio (compreso quello culturale ed economico), schiavizzandone i popoli persino con l’inutile odio strumentale e le inesistenti contrapposizioni, fabbricate ad arte. Quante generazioni padane ci sono cascate, consapevolmente o ingenuamente!
Tutto ciò mi ricorda la tremenda ideologia che ha retto l’Impero romano per così tanti secoli sotto il peso militare e che si basava sul “Dìvide et ìmpera” (comanderai e controllerai meglio i popoli soltanto se li avrai divisi, contrapponendoli tra loro). Ma alla fine è caduta persino Roma e con quali e quante conseguenze … dalle stelle alle stalle! E, oggi come oggi, con i tempi veloci che abbiamo, non tarderà a cadere o ad implodere pure questa Italia ancora tenacemente feudale e savoiarda!
Secondo, perché il divario tra il meridione, il centro ed il nord è così tanto compromesso che nemmeno un Nord convertito al cristianesimo più fraterno potrebbe ormai colmare. Né, in realtà, ha mai avuto tale volontà, capacità o desiderio! Quindi sarebbe bene che ognuno si lecchi le proprie ferite o rassicuri i propri pancioni e si azzeri tutto, ricominciando da capo, badando ad evitare errori ed orrori.
3- RESET
Caro Tito, la cosa più saggia (per chi ama veramente l’Italia tutta intera, il suo futuro, la pace sociale, la giustizia e tutti gli altri valori davvero civili) è considerare (nel caso sia ancora possibile e necessario ) di “resettare” la Storia e le situazioni attuali. Ognuno a casa propria, con i suoi tempi, la sua cultura, la sua economia, senza tanti maestrini o tirannelli in giro. Né approfittatori e speculatori! Adesso è necessario “resettare”!…
Insieme e distinti, in un’Italia federata. Altrimenti, non resta altro che la secessione non tanto del Nord, quanto del Sud il quale sta subendo la falsa accusa di rovinare ed impoverire il Nord. Allora è meglio stare ognuno per conto proprio, ma in pace e in dignità, senza odio o rancori. Che problema c’è se il Sud se ne va per conto suo, pur rimanendo legato ad un’unità italiana rispettosa delle più vere Autonomie?!
Chi ha avuto avuto avuto … chi ha dato, ha dato, ha dato! Dimentichiamo il passato, siamo del Sud, paisà!!! Meglio poveri ma liberi che poveri e sottomessi al Nord!
4- BEN 160 ANNI DI BUGIE-INGANNI-ORRORI
Se la Storia si scrive con la vera Verità, allora non si può fare altro che ammettere, una volta per tutte (con o senza pacificazione nazionale) che in 160 anni di bugie, inganni ed orrori è il Nord che non può fare a meno del Sud, altrimenti ci avrebbe mollato alla prima occasione (e ne ha avute davvero tante)!!!… Ha fatto finora comodo al Nord avere, sottocasa, il serbatoio dove prendere tutto ciò di cui aveva bisogno ed un enorme mercato cui esportare.
Ma, adesso che la crisi è quasi totale e resta soltanto da raschiare il barile, il Nord invoca le Autonomie! OK, va bene, nulla osta, ma che sia vera Autonomia (o, meglio, Indipendenza) anche per il Sud! Invece, il Nord vuole ancora prendere, tenendoci attaccati come ruota di scorta e colonia di riserva del suo …. carro … (scusa, Tito, stavo per dire “carroccio”!). Leggi, più avanti, come ironizza Lino Patruno (Bari 1947, giornalista e scrittore) nella “Seconda Lettura” intitolata “Ricomincio dal Sud” (paragrafo 26).
Magari il Nord ci mollasse perché gli diamo fastidio! Ci farebbe un piacere storico! … Vana speranza! … Non vuole dare né l’autonomia né l’indipendenza a noi, sua unica colonia di sopravvivenza ed arricchimento che è il Sud. Tutti gli Stati europei hanno dato l’indipendenza alle loro colonie, meno che il Nord padano. Tuttavia, sotto sotto, il Nord ha paura di non farcela da solo! E, per aggiunta, continua ad essere il peggiore Nord-stalker che storicamente il nostro Sud abbia mai avuto in millenni di dominazione dalle quali siamo usciti, comunque e sempre, “vivi”! “Vivi”!
5- CONCEDETE L’INDIPENDENZA AL SUD-GULLIVER !!!
Sono 160 anni che, in pratica, il Sud Italia chiede, in tutti i modi, di poter essere povero o ricco come prima ma indipendente. Eppure, nonostante tante lotte non riesce a spuntarla (sicuramente ci mangiano in troppi, anche tanti dello stesso Sud). Allora, ci dobbiamo convincere che è il Nord padano che non ci vuole mollare, a nessun costo!
Tale situazione mi sembra che sia un Sud-Gulliver, come trattenuto da infinite corde e reti dai Lillipuziani che non vogliono che si rialzi! Sarà vera tale sensazione?
Mi viene così il sospetto che i veri “parassiti” d’Italia siano quelli del Nord altezzoso ed opulento a nostre spese.
Sono i veri sanguisuga del Sud e, senza il Sud, il Nord crollerebbe come un castello di carta! Spero di campare per vederlo!
6- SCOPERTA IERI L’ULTIMA GRANDE TRUFFA DEL NORD
Quanto siamo stati fessi noi meridionali, per ben 160 anni, nel credere che noi siamo brutti, sporchi e cattivi, indegni di stare al mondo (pure perché cialtroni, assistiti e quanto altro la maldicenza del Nord ci ha dipinti finora), senza accorgerci che i nordisti hanno sempre baràto e ci hanno presi sempre per il naso (e per le armi) mentre noi meridionali (storicamente e filosoficamente generosi e pacifisti) ci dicevamo “Vediamo dove vogliono arrivare questi strani tipi del Nord!”.
Io stesso ricordo che quelli del Nord hanno sempre fatto sentire psicologicamente inferiori. E, ricordo bene, avevamo i loro scarti … così come adesso abbiamo i loro rifiuti pericolosi nelle nostre campagne, persino sotto le nostre scuole e strade, come ci raccontano le cronache!
Un giorno ti racconterò il razzismo e gli insulti del Nord, patiti da me personalmente e da altri fin da quando ero bambino e persino adesso sotto altre più sofisticate forme. Non so davvero come il popolo meridionale (specialmente quello emigrato al nord) abbia fatto a sopportare con pazienza e dignità inaudite umiliazioni!
E che dire dell’immenso fiume carsico, proveniente da Sud, che ha sempre alimentato e continua ad alimentare e a dare vigore alla potenza del Nord il quale non è riuscito ad essere solidale nemmeno quando comandavano i Compagni Comunisti (altra bella roba) che, alla fin fine, sono stati peggio dei Democristiani, prima così tanto da loro detestati!… Sud sfruttato e tradito da tutti. Sud orfano?!… Tutto questo, onestamente, salvo qualche piccola eccezione, ovviamente!
Caro Tito, è proprio di ieri, 12 marzo 2019, l’annuncio della Magistratura sulla più recente grande truffa del Nord ai danni del Sud e delle Isole che ha colpito il polo industriale di Termini Imerese, in Sicilia! Pare che un imprenditore di Rivoli (TO), proprietario della Bluetec, abbia sottratto parecchi milioni di fondi statati (ottenuti per riqualificare e rilanciare quell’area della ex Fiat) e li abbia utilizzati a scopo di speculazione privata! …. Che dire?…Ordinaria amministrazione! Leggi, a tale proposito: https://www.lasicilia.it/news/palermo/228429/blutec-la-grande-truffa-di-termini-imerese-cosi-hanno-fatto-sparire-16-milioni-di-euro.html
6 – IL SUD E’ INESAURIBILE BANCOMAT DEL NORD
Non basterebbe una Enciclopedia di migliaia di volumi per descrivere i processi e le inchieste su tutte le ruberie e le truffe (gigantesche, grandi e piccole) realizzate da industriali e faccendieri del centro-Nord ai danni del nostro Sud (sicuramente, con complicità di meridionali, ma la regia e i benefici sono quasi tutti padani)! Per non parlare di tante costrizioni speculative, tra cui l’ignominiosa “emigrazione sanitaria”da Sud al Nord! Mi sembra che non ci sia aspetto sociale ed economico in cui il Sud non sia continuamente l’inesauribile “BANCOMAT” del Nord! Un congegno perfetto dal 1860! Complimenti!!!
La mia più completa ed affettuosa solidarietà va ai lavoratori di Termini Imerese, delle loro famiglie, dell’indotto, ma anche alla Sicilia e a tutto il Sud martirizzati dai super-insaziabili-uomini del Nord!
7- NESSUNO ORMAI CI SI INDIGNA PIU’
Quando i mezzi di comunicazione erano pochi,non erano nemmeno liberi e non c’erano nemmeno forze politiche o sindacali in grado di lottare contro il malaffare … così gli scandali e le truffe passavano sotto-silenzio. Poi, la tecnologia ha moltiplicato i mezzi ed i modi della comunicazione sociale ed è aumentata l’attenzione della Magistratura e delle Forze dell’Ordine.
Inoltre sono aumentati coraggio e denuncie da parte di semplici cittadini i quali si sono indignati anche pubblicamente per alcuni decenni. Taluni di loro hanno perso la vita per questo! Così come la stanno perdendo alcuni giornalisti che osano indagare a tutto campo. Ed altri lavorano addirittura sotto scorta, mentre altri ancora vivono nella paura perché intimiditi, minacciati, aggrediti.
Intanto, il sistema del malaffare ha preso altre e più efficaci precauzioni, il popolo denunciante è stato impoverito e bastonato in vari modi…. messo all’angolo e in silenzio. Così l’indignazione è ridiventata flebile o nascosta e, quindi, poco efficace pure ai fini di aiutare e sostenere la Magistratura ad indagare, sanzionare e arginare di più, specialmente le mafie ormai saldatesi con il capitalismo del nord Italia a tal punto che il meridione italiano è diventato la discarica del nord e persino di tante industrie estere!
Caro Tito, più che l’elogio dell’indignazione dobbiamo qui effettuare uno sperticato elogio per coloro che realizzano tale prezioso e necessario valore, s’indignano senza paura e si impegnano quotidianamente o per missione esistenziale per difendere con forza la società civile, in particolare coloro i quali non hanno più forza fisica e morale per opporsi al degrado galoppante, specialmente gli anziani alcuni dei quali in gioventù seppero opporsi alla barbarie del potere e del denaro (categorie che hanno bisogno di sottomessi, sudditi e di silenzio per operare a piacimento e a danno degli onesti e di chi suda la vita più di altri).
9- IL FEMMINICIDIO-GENOCIDIO DI 160 ANNI FA
Oggi si parla tanto di femminicidio, in genere causato da un partner prepotente che con la violenza costringe l’altro partner (solitamente una donna) a stare al suo gioco o addirittura l’ammazza persino in modo orribile.
Ecco, dal 1860 la popolazione meridionale è oggetto di “stalking” e “femminicidio” da quasi 160 anni. E’ un macabro e sanguinoso “tira e molla” che dura da troppo e che è tempo di risolvere, per il bene di tutti. Vorremmo un Sud da riscossa! Meglio soli che male accompagnati!
10- AMORE MALATO – AMORE CRIMINALE?
Visti gli atti e visti i risultati dell’annessione del Sud al Piemonte del 1860-61, è lecito pensare che le due Italie sono separate in casa da allora, con odi o tolleranze varie, con un popolo meridionale che subisce ogni angheria e resta pacifico con la sua ultramillenaria, saggia e ben rodata filosofia, non badando ad insulti e ad altre violenze (palesi o nascoste) che si perpetuano dal fatidico “esproprio” violento. Esproprio che sta alla base di tutto questo reciproco disamore.
Caro Tito, sinceramente, mi vien da pensare (specialmente vedendo come si svolgono le vite di alcune coppie nate male o scoppiate col tempo) che quello del nord verso il sud italiano sia un vero e proprio “amore criminale”! E mi meraviglio che il Sud si sia adattato a tale “martirio” per così lungo tempo e che però, nonostante tutto e tutti, sia riuscito a salvare la sua naturale e profonda dignità! Sarebbe utile studiare bene tale “tenuta” morale e sostanzialmente pacifista.
11- INIZIAMO LA DEREGULATION NAZIONALE ?
Se Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna vogliono l’Autonomia ne sono assai lieto per loro. Lo sai bene che il 22 ottobre 2017 avrei votato pure io per la loro e la altrui Autonomia. Anzi, a parere mio, Nord e Sud siano non soltanto autonomi ma indipendenti con un proprio Stato, senza più infingimenti. E se vogliono rimanere italiani, bene, altrimenti saranno uno Stato europeo come tanti altri e con altro nome. Che scossone ha dato poi, in fin dei conti, la divisione della Cecoslovacchia in due distinti Stati (Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca)?!…
12 – SPERIAMO CHE NON CI RUBINO PERSINO IL NOME ITALIA E SI TENGANO PURE A REGGIO EMILIA IL TRICOLORE!
Caro Tito, dopo averci raschiato tutto (sradicano persino gli ulivi di Puglia per portarseli nei loro ricchi giardini), spero che non ci rubino pure il “nome Italia”. E si tengano bella ed inamidata la prima bandiera tricolore a Reggio Emilia, poiché noi abbiamo di meglio nel “Sole Mio” inno e bandiera!
Dunque, caro Tito, puoi cominciare a dire a tuo nipote Leonardo che è iniziata la riscossa del Sud, bella e pacifica. Tutte le dominazioni straniere hanno avuto termine, mollando la presa sul meridione italiano da dissanguare … ma noi abbiano dentro le vene il sangue dell’amore universale, destinato a fecondare persino i criminali!
Ho motivo di credere che il nord padano stia concludendo il suo ciclo storico nei confronti del meridione italiano. Probabilmente la mia generazione non avrà modo e tempo di assistere al miracolo … ma il Sud avrà la sua rivincita storica e compensativa. E’ la Legge cosmica!
13- DAL 1860 BEN 159 ANNI DI LUTTO
Sono decenni che evidenzio il 17 marzo di ogni anno come il giorno della perdita della nostra libertà con l’annessione al Regno (cosiddetto impunemente) d’Italia. Questo 2019 rappresenta il nostro 158mo anno di schiavitù ufficiale.
Sarà sempre bene ricordare tale data (come gli Ebrei ricordano la Shoah, i Palestinesi il “Giorno della Nakba” ed altri Popoli l’inizio della loro “cattività” o “sottomissione armata”). Tuttavia, sento che sta per iniziare il ritorno alla nostra Libertà meridionale! La Libertà non è lontana!
14 – VIVA LA LIBERTA’ !… VIVA LA LIBERTA’ !
E Libertà sia!… Intanto possiamo iniziare a ripristinarla nei nostri cuori!… Poi dobbiamo cominciare ad attrezzarci per far fronte agli inevitabili sabotaggi (di ogni genere e natura) che subiremo per rappresaglia a Libertà raggiunta e che ci raggiungeranno da ogni parte, oltre che dal nord padano, il quale non si rassegnerà mai a perdere il ricco serbatoio che si era così dannatamente procurato, sempre e solo a nostre spese di sangue e di generazioni.
Caro Tito, in questi ultimi anni, però, le giovani generazioni (specialmente quei giovani che non si appassionano ai dibattiti politici e ad ideali ritenuti desueti con la globalizzazione) realizzano una loro personale “rivoluzione” raggiungendo la propria “libertà” personale abbandonando quell’Italia matrigna che non fa niente per farli restare. Per parte loro, non ha più senso ragionare di Nord e di Sud ma di futuro vero. E sicuramente hanno ragione, poiché cercano di realizzarsi là dove trovano accoglienza e valorizzazione. Via dall’Italia!
Ormai, paradossalmente, è tutta l’Italia che è divenuta serbatoio di altri Paesi più furbi ed avanzati. L’Italia, dicono alcuni, non esiste più, alla fin fine! A furia di litigare politicamente e di lasciare il Sud sempre al palo, l’Italia sta perdendo sé stessa! Corsi e ricorsi storici!
E … hai voglia a dire che siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa e una delle potenze economiche mondiali e sediamo al tavolo dei Grandi (G7 – G8 – G9, ecc.)!… Siamo il Paese che non riesce dopo 150 d’unità formale a riequilibrare i territori e i popoli che lo compongono, né riesce a valorizzare i propri giovani (ma nemmeno i lavoratori, gli anziani, le donne, ecc.) perdendo risorse preziosissime e non facilmente rinnovabili.
Non è più Italia per gli Italiani … ormai assisteremo sempre di più alla progressiva invasione (eclatante o silente) di popoli più bisognosi di noi che da ogni parte del mondo ci sostituiranno sul territorio. Dobbiamo sperare soltanto che non vada perso l’immenso patrimonio d’arte, andando in mani sbagliate! C’è aria di fine di una civiltà. Una civiltà che altre generazioni ci hanno dato e che noi abbiamo dimostrato di non meritare! L’Italia sta davvero per finire? è già finita? …
Italia Paese massacratore, si direbbe, alla luce dei fatti. Forse è rimasta la mentalità savoiarda di prendere senza ridistribuire. Siamo un Paese che massacra anche il proprio territorio e perde continuamente posizioni di civiltà nelle classifiche internazionali. A furia di massacrare resterà poco o niente e le classi dirigenti saranno come “prìncipi del deserto” poiché stanno facendo “terra bruciata” attorno a loro!
Abbiamo quindi capito, caro Tito, che il massacro per conquistare il nostro del Sud non era altro che un primo atto di un sistema di massacri tipico di mentalità barbarica. E su ciò sarà bene riflettere prima di dolercene ancora, tornando schiavi di qualcun altro (in questo caso, ricordo, dopo l’America si sta profilando la Cina).
15 – SABOTAGGI E VILIPENDI CONTINUI CONTRO IL SUD
Caro Tito, in verità, il vilipendio e i sabotaggi contro il Sud sono stati continui e molteplici in questi 160 anni, in modo diretto o indiretto. Abbiamo sopportato pazientemente pure ciò, straricchi della nostra grande anima multi-millenaria e mediterranea!
La stampa, la propaganda e la pubblicistica di ogni genere, persino quella elitaria ed accademica, continua ancora imperterrita a denigrarci in ogni modo, anche e persino quando ne potrebbe fare a meno. Invece di fare finalmente chiarezza, con una verità (detta “condivisa”) che porti alla riconciliazione e alla pacificazione nazionale dopo i fatti del 1860-61 … continuano lo stillicidio e le polemiche. Ah, 158 anni completamente persi!!!
Mi sa, caro Tito, che la verità su quei tragici fatti ce la dobbiamo trovare da soli, noi meridionali!… anche se la sappiamo già almeno nella sostanza, poiché è stata scritta con il nostro sangue sulla nostra pelle e su tutte le nostre generazioni!
Evidentemente qualcuno non ha sufficiente vergogna e coraggio per affrontare la verità che, invece, il Sud sa fin troppo bene!
16 – UN LIBRO CHE NON AIUTA NE’ LA VERITA NE’ LA PACIFICAZIONE NAZIONALE
Caro Tito, ho avuto recentemente la possibilità di leggere un libro che descrive alcuni fatti legati all’aggressione del Sud da parte dei Savoia e dei loro complici. Premetto e preciso subito che tale libro non mi è piaciuto affatto (anche se ha le sue buone ragioni per esserci e circolare, ovviamente) ma, a mio parere, non aiuta né la verità né la pacificazione nazionale (anzi!). E non tanto per i contenuti dignitosi e rispettosi, quanto per lo spirito “dissacratorio” che lo anima e che poteva essere benissimo evitato, pure per non irritare il lettore di qualsiasi fede politica e parere storico. E’ stata una impostazione molto molto controproducente, sempre a mio modesto parere di umile lettore con facoltà di parola.
Principalmente non è stato da me gradito il fatto che un libro sedicente storico abbia voluto affrontare inutilmente una aperta e ripetuta polemica con altri Autori sui medesimi argomenti, risolvendo poco o nulla. Addirittura sminuendoli e deridendoli. Ormai non è più cosa da 2019 e dintorni! E’ roba d’altri tempi!
Tale aspetto ha inquinato l’Opera, dimostrando che c’è un conflitto sicuramente intellettuale dell’Autore principalmente con sé stesso. E poi è sempre antipatico delegittimare gli altri ed il loro lavoro. Si può essere o no d’accordo con quanto scrivono, ma irridere i lavoratori (perché tali sono pure gli scrittori) non è buon segno di civiltà e democrazia. Il rispetto dovrebbe essere massimo e reciproco, indipendentemente dal valore di un’Opera!
17- IL MIO PARERE DI MERIDIONALE MEDIO
Caro Tito, cosa ha potuto capire un meridionale medio come me leggendo tale libro? Probabilmente mi sbaglio, però se ti devo essere sincero fino in fondo (sperando che la sincerità venga apprezzata e non punita) non posso che esprimerti il mio seguente parere e commento…
A – Mi sono trovato a leggere un racconto che non saprei definire o inquadrare. Un po’ in stile giornalistico, un po’ in stile storiografico (quando, e non sempre, riporta la fonte delle notizie), un po’ in stile da polemista (quando cerca di confutare, a volte deridendo in modo irriverente, altri Autori che hanno scritto sul medesimo tema). Un argomento troppo sensibile, questo della conquista militare dell’ex Regno delle Due Sicilie da parte del Regno di Sardegna (dicasi Piemontesi o Savoia). E’ un “campo minato” e non mi sembra che l’Autore si sia mosso con la dovuta cautela, sicuro della sua erudita padronanza al limite dell’arroganza ideologica.
Infatti è riuscito ad irritare persino uno come me che sono solito sentire suonare contemporaneamente mille campane. Infatti, pochissimi sono stati i casi in cui mi sono irritato lasciando la lettura di un libro. Ma, questo, pur facendomi innervosire, l’ho letto fino all’ultima pagina. Sono sopravvissuto, come vedi, ma – credimi – sono stato male per un paio di giorni senza poter toccare penna o tastiera!
Ma quel che più mi preoccupa, tale libro mi ha fatto addirittura “paura”, poiché ho intravisto una campagna ben organizzata contro il Sud … una nuova “Spedizione dei Mille” dove il nuovo Garibaldi è il suggeritore-controllore e i Mille sembrano essere giornalisti, scrittori e quanti altri che sono stati arruolati o hanno aderito a quella nuova “Conquista del Sud” di cui ti vado parlando sempre più spesso in questi ultimi anni. E’ un clima culturale che non mi piace affatto e non so dove ci condurrà! Ho avuto, pagina dopo pagina, emozioni tutte negative. E già sento una gran puzza di bruciato …
B- In un tempo, come il nostro (quello di “Facebook” e altri social), così pieno di “like” (mi piace) o di “dislike” (non mi piace), dico subito che tale libro non mi è piaciuto affatto, pur avendo tanti pregi e meriti e pur essendo degno ovviamente di stare sul mercato o in libreria (ci mancherebbe altro). Per leggerlo bisognerebbe avere uno stomaco forte! Non mi è piaciuto e mi ha irritato a tal punto che, per qualche pagina, avrei avuto voglia di chiedere al suo editore quale criterio abbia adottato per pubblicare una simile Opera.
Ovviamente, è stata una mia rivolta interiore … non che dovesse censurarla (la censura mai!… per nessuno), però un qualsiasi editore può accettare o rifiutare di pubblicare una qualsiasi Opera, specie se non è il linea con le sue finalità editoriali. Poi, sono rientrato in me ed ho capito che un qualsiasi Editore (specie se coraggioso, democratico e senza pregiudizi) deve pubblicare di tutto e di più. Però l’irritazione resta forte!
Tutti i libri e tutte le varie espressioni (anche le più provocatorie e negative) hanno una loro dignità di esistenza e il loro diritto ad essere diffusi, conosciuti e fruiti liberamente. Il problema non sono gli Autori, ma i Lettori che sono obbligati ad attrezzarsi bene per affrontare persino le onde poderose dell’oceano o le fiamme dell’inferno così come i deserti o le oasi lussureggianti.
Però, ho notato che esiste un forte dislivello, quasi un razzismo pericoloso, pure tra Autore e Lettore. L’uno è libero di dire e scrivere ciò che vuole, mentre l’altro ha un diritto di critica o di semplice espressione di un parere assai limitato, in quanto incombe sul Lettore-critico la “spada di Damocle” di denuncia per diffamazione o per altri reati attinenti, quasi sempre a fini di lucro, anche là dove non esiste una giustificazione.
Per cui, i tempi attuali sono destinati ad essere condannati al silenzio, poiché non tutti possono parlare od esprimersi … almeno che non abbiano sottoscritto una costosa polizza assicurativa legale e vogliano intraprendere uno spaventoso stress giudiziario. Altro che democrazia e libertà. Questi non ti fanno uscire nemmeno da casa e sono persino capaci di sabotarti il computer “da remoto” per non farti esprimere più!
C- Penso che la meridionalità abbia un ruolo nel percepire quanto viene scritto sui fatti inerenti l’aggressione del Sud Italia perpetrata senza un motivo valido verso uno Stato sovrano (per quanto possa essere detestato o addirittura odiato, ma che si vuole conquistare ed annettere, trovando un qualsiasi pretesto, persino il più banale). Potrei, ad esempio, impossessarmi della casa e dei beni altrui, col pretesto che ho sentito sgridare i figli E corro in loro difesa!… Questo è successo nel 1860 per il Sud !…
Scrivere come ha scritto l’Autore in questione, nel libro appena letto, è come se un meridionale (masochista) si ostinasse non soltanto a sostenere partiti e ideologie palesemente anti-meridionali, ma si ostinasse a mostrarsi altresì “negazionista” magari pur dicendo alcune verità su taluni aspetti particolari della situazione dimenticando però il valore e il costo di tutta una tragedia che il Sud, a causa di quella aggressione, continuerà a patìre per sempre. Ma come si fa a negare la stessa triste realtà in cui si vive e che è diretta eredità dell’aggressione, annessione e secolare malgoverno della nostra terra?!?… Mistero!
Per quanto possano affermare le religioni e le filosofie, (forse pure il buon senso e la diplomazia, il fare buon viso a cattivo gioco o altri opportunismi) istintivamente non si potrà mai amare l’assassino della tua famiglia! E’ nella natura delle cose! E’ così da che mondo è mondo e sempre così sarà! Un genocidio, specie se continuo e sotto continuo insulto, non potrà mai essere dimenticato completamente, anche se interverranno le scuse e il perdono, persino se si giungerà al simbolico risarcimento e alla pacificazione. Il sangue non si lava facilmente, specialmente se ancora vi si sputa sopra e lo si deruba ancora e pervicacemente!
19- UN PARTICOLARE SENZA CONTESTO
A mio modesto parere, molti (tra quelli che scrivono sui sanguinosi fatti provocati dal Nord savoiardo e padano dal 1860 in poi) hanno dimenticato (volutamente o per distrazione) e continuano a trascurare il tragico significato dell’aggressione sanguinose e le immani conseguenze provocate da tale gesto che poteva essere evitato, dedicando più tempo alle diplomazie e ai convincimenti. La violenza non paga mai! Mai!
Ma posso arguire che spesso si insiste sul particolare (evitando il panorama generale degli eventi ed il loro disastroso esito finale) … proprio per il negazionismo innato già nell’aggressore e nei suoi complici vicini e remoti. Quasi a volersi giustificare o persino assolversi.
20 – LA DENIGRAZIONE E RAZZISMO COME SISTEMA D’ATTACCO – NON FA ECCEZIONE IL NORD
Caro Tito, poiché coincide spesso con l’ora del pranzo, mia moglie ed io seguiamo solitamente il programma storico di Rai Tre “Passato e Presente” condotto magistralmente dal giornalista e saggista Paolo Mieli (Milano 1949). La puntata di oggi è stata dedicata alle SS (SchutzStaffein) le terribili forze speciali naziste e alla filosofia che le ha generate, nel contesto dell’imperialismo militare “teutonico”. E nel culto della superiorità della razza.
Ebbene, la propria superiorità elettiva, il razzismo e la denigrazione verso altri (ritenuti nemici oppure semplicemente inferiori) sono state le motivazioni o i pretesti che hanno galvanizzato potentemente il popolo tedesco così tanto da portarlo con l’orgoglio delle sue truppe a combattere contro tutti in Europa ed Africa, ritenendosi superiore agli altri popoli e, quindi, in diritto di sottometterli e, addirittura, di purificarli, bonificando le razze e il mondo intero, con una prospettiva di dominio di ben mille anni!
I documenti di razzismo e di esasperata denigrazione dei popoli meridionali italiani (da parte del nord savoiardo e padano) dimostrano come e quanto stiano alla base, a motivazione, a pretesto e a prosecuzione, quasi a Statuto, della sanguinosa, turpe e predatoria aggressione ad uno Stato sovrano quale era il meridione italiano nel 1860.
Sebbene in modo più camuffato quasi folclorico (ma spesso molto esplicito, ingiusto ed irriverente) altrettanti documenti di razzismo e di esasperata denigrazione del popolo meridionale italiano dimostrano come e quanto stiano alla base della nascita nel 1989, formazione e avanzamento sul territorio (adesso anche del centro-sud e delle isole) del partito della Lega Nord (dal 2018 soltanto Lega) che, per il momento, pur con atteggiamenti e valori al limite della tolleranza democratica, è ancora nella sfera dell’arco costituzionale. Ma è osservata speciale e non soltanto in Italia. Speriamo si riequilibri abbastanza e in modo tale da non danneggiare il meridione più di quanto non sia stato danneggiato dai loro predecessori padani!
D’altra parte, ad essere sinceri, gli altri partiti italiani non sono da meno, in gran parte, anche se non usano atteggiamenti e parole offensive. La dimostrazione? …. Finora (in 74 anni di Repubblica democratica fondata sul lavoro e su tanti altri diritti-doveri costituzionali) il Sud d’Italia è stato depredato da tutti, generando altri tipi di vittime, sommando le quali non si arriva a quelle arrecate dall’occupazione militare piemontese ma ci arriviamo molto vicino!
Dico occupazione piemontese, anche dopo il 17 marzo 1861, poiché non basta proclamarsi italiani da un giorno all’altro per poi arrogarsi il diritto di massacrare a ruota libera! Lo si è veramente italiani e popoli uniti in una stessa Nazione quando si hanno eguali diritti e doveri. E, a dirla tutta, non mi sentirei di dare torto a chi pensa ancora che il meridione italiano sia sotto occupazione, poiché non si sono realizzate le premesse e le promesse né dell’unità d’Italia né quelle della Costituzione repubblicana. Anzi! E tutto ciò è storicamente ed ampiamente provato. Il Sud così spogliato resta ai margini di un qualsiasi Paese mediamente progredito.
Caro Tito, mi chiamassero “piagnone meridionale” o addirittura “antipatriottico” e persino “sovversivo” … ma la mia onestà intellettuale non vede altro di meglio attorno. Mi si dimostrasse, nel concreto, il contrario! Persino l’Istat governativo darebbe loro torto!
21- “ARRIVANO I PIEMONTESI” ! … CON PASTICCINI E SPUMANTE
Caro Tito, sicuramente ricorderai una campagna pubblicitaria che (specie nell’imminenza delle festività natalizie) ha invaso tutta Italia alla fine degli anni Sessanta – primi Settanta, in particolare le città, con manifesti enormi (6 metri per 3) che annunciavano “ARRIVANO I PIEMONTESI” mostrando un “esercito” di bottiglie di vino, liquori e spumanti della ditta G. Barbero & Figli di Canelli (in provincia di Asti). Un esercito di bottiglie pronto ad invadere l’Italia, come nel 1860!
Di quella magnificenza e prosopopea padana ho recuperato una modestissima locandina e la foto di una cassetta di vini che, comunque, testimoniano il senso di quella campagna pubblicitaria che ha avuto solo un successo apparente a fronte di così grandi investimenti promozionali. E comunque ha irritato parecchi! Pure me!
Infatti, la Ditta committente e i pubblicitari che l’hanno eseguita, non hanno tenuto in conto che, specialmente, nel meridione d’Italia (in particolare là dove ci fu spargimento di sangue) quell’imperioso ed enfatico dire “Arrivano i Piemontesi” generava ricordi dolorosi.
Ho ancora forti nella mente i tristi commenti di parecchie persone le quali addirittura inveivano contro quei manifesti e quei piemontesi. Sicuramente non fu molto felice quella frase “Arrivano i Piemontesi” per propagandare, specie al Sud Italia, un … “esercito di bottiglie di liquori” … evocando, così, un esercito di massacratori.
E, devo esserti sincero fino all’estremo. Tra amarezza e irritazione, mi assaliva una strana sensazione, leggendo il pur interessante recente libro di cui ti ho accennato sopra. Seguendo il racconto dell’Autore mi sembrava che i Piemontesi del 1861 fossero venuti nel Sud Italia non con fucili, bombe e cannoni bensì con pasticcini e spumante!…
Hai capito la sottile abilità di codesto Autore?… Alla fine del libro è probabile che ti vai convincendo che la colpa è del popolo meridionale che non ha capito le nobili intenzioni dei Piemontesi!… In fondo, come dicevano gli assalitori, noi meridionali eravamo peggio degli africani o addirittura peggio delle scimmie e, quindi, dovevamo accettare l’ennesima invasione nordica (questa volta padana), accogliendo i piemontesi a braccia aperte, con fiori, canti e balli, mentre loro ci riempivano di confetti “made in fonderia”!
I meridionali, mi par di avere capito (o forse ho frainteso?), non dovevano ribellarsi ad un esercito di occupazione come quello piemontese che era venuto a portarci la civiltà con pasticcini e spumante! Scusate perciò se è stato il Sud la causa di tutto quel sangue, quegli stupri, quelle razzie continuate poi in altro modo, negli uffici dell’intellighenzia nazionale!
Ma no … no, no, no … mi sono sbagliato … quei giovani belli e inquadrati, alcuni pure con le penne al cappello, non erano venuti in carca di spose meridionali (come poi è accaduto cento anni dopo) … erano venuti per sgozzare, incendiare i paesi e ad approfittarsi delle ragazze, aggredendo uno Stato sovrano.
Quei bei ragazzi (alti, biondi e con gli occhi azzurri) parlavano una lingua incomprensibile e generavano distruzione e morte e al posto dei pasticcini e delle poesie d’amore avevano portato proiettili e bombe e al posto dello spumante avevano, come Drakula, bevuto il sangue della gente del Sud (giovani, vecchi, bambini persino, senza pietà), sangue che continuano ancora a bere, abbondantemente ancora oggi, sotto altri invisibili ed insospettati aspetti.
22- LA LEGITTIMA DIFESA
Caro Tito, forse può sembrare poco o per niente pertinente, ma nel 1860 la posizione del popolo meridionale era quella di una tranquilla famiglia che stava comodamente a casa propria (nonostante qualche fisiologica incandescenza) e che, senza alcun motivo, improvvisamente viene aggredita da un gruppo di ladri che la vuole sterminare o sottomettere per prendersi la casa e tutti gli altri averi, stuprando le donne di casa e sgozzando giovani, vecchi e bambini. Cosa avrebbe dovuto fare tale popolo-famiglia?… non doveva forse difendersi in tutti i modi possibili?…
Da che mondo è mondo la “legittima difesa” è istintiva quando si è aggrediti. E capisco meglio adesso il dibattito in atto sulla “legittima difesa” personale, familiare, domestica o lavorativa. Una casa è da considerare un territorio assolutamente sacro, inviolabile ed inaccessibile, così come i confini ed il territorio di uno Stato. Quale altro luogo deve essere totalmente sicuro se non una casa?….
La sicurezza, in tali recinti riconosciuti sacri ed inaccessibili, dovrebbe essere “assoluta” senza “se” e senza “ma”. Bisogna riconsiderare molto bene pure la “sacralità della vita” propria ed altrui … però … nel contesto di un nuovo “Contratto Sociale” chiaramente definito e condiviso, dopo cui non si può dire di non sapere!
Personalmente e per eredità valoriale familiare sono contrario alle armi (a tutte indistintamente le armi!), ma non per questo negherei che altri non abbiamo il diritto di detenerle legittimamente per difesa o sport (un po’ meno per la caccia non fisiologica). Però bisogna essere pienamente coscienti: chi ha le armi, prima o poi, le usa (è nella natura delle cose).
23– TIEPIDE SCUSE DI STATO MA SOLO PER LA STRAGE DI PONTELANDOLFO
Caro Tito, meglio tiepide o ipocrite scuse che niente, si potrebbe dire. Da un po’ di tempo in qua i Papi di Santa Romana Chiesa hanno cominciato a chiedere “scusa” per i tanti, troppi crimini perpetrati dalla Chiesa Cattolica contro popoli e persone.
Potremmo affermare che questo 21mo potrebbe diventare “il Secolo del perdono” poiché tante istituzioni pubbliche hanno cominciato, in ogni parte del mondo, a chiedere “scusa” o “perdono” (a secondo della convinzione, della gravità e della sensibilità) per i loro crimini contro singoli o intere comunità. Ciò avviene specialmente là dove un’opinione pubblica attenta e intelligente rivendica con tenacia il diritto a ricevere le scuse da parte dei Potenti.
Ma, là dove le opinioni pubbliche sono deboli, resta ancora tanto da fare, come ad esempio in Turchia per il genocidio armeno o curdo. In Italia le prime timide ed insufficienti scuse sono arrivate, dopo ben 150 anni, per uno solo tra i tanti eccidi piemontesi, quello avutosi a Pontelandolfo e dintorni il 14 agosto 1861.
Dico scuse timide ed insufficienti poiché il Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha inviato a rappresentarlo a Pontelandolfo il prof. Giuliano Amato … a quel tempo presidente del Comitato per le manifestazioni di Stato in occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia, quindi un ruolo temporaneo e così poco istituzionale, sebbene fosse stato già Capo di uno dei tanti Governi nazionali.
Se Napolitano (che oltretutto è nato a Napoli il 29 giugno 1925) avesse inviato il Presidente della Camera dei Deputati o del Senato avrebbe fatto migliore figura personale e istituzionale. Ha giustificato la sua assenza per impegni istituzionali a Roma, da cui Pontelandolfo dista soltanto 20 minuti di elicottero presidenziale. Ma … dimenticavo … la cerimonia ufficiale di Pontelandolfo si sarebbe svolta il 14 agosto 2011 … Eh no! … no, siamo proprio sotto ferragosto e l’Italia (pure quella istituzionale) è praticamente “chiusa” senza eccezioni a ferragosto!
E’, questo, un palese modo (un po’ meschino e mediocre, diciamolo) per sbrigarsela e per accontentare quei troppo insistenti elemosinanti della verità storica che ancora chissà quanti secoli dovranno aspettare (se mai avranno verità e giustizia di Stato) non tanto per un singolo fatto come Pontelandolfo, quanto per almeno tutto il periodo 1860-70 dell’invasione-annessione-repressione del Sud Italia.
A conferma di ciò è persino troppo tiepido ed insufficiente (sicuramente formale) il testo delle scuse, inciso approssimativamente su una esile e nuda lapide marmorea a Pontelandolfo: “”A nome del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, vi chiedo scusa per quanto qui è successo e che è stato relegato ai margini della storia – Prof. Giuliano Amato – 14 agosto 2011””.
Chiunque, leggendo questa frase, può percepire la freddezza, quasi, e la distanza che lo Stato italiano ha preso dalle sue dirette responsabilità. Non è detto: “…. Scusa per quanto vi abbiamo inflitto …. “ ma “… per quanto qui successo … “!…. E, probabilmente, è successo per puro caso, non volendo. E’ successa una disgrazia non voluta!!!
Una frase più che una vera attestazione di responsabilità e pentimento, che percepisco così tanto anonima, fredda e storicamente forse ipocrita, che sarebbe stato meglio non averla proferita, poiché – anche a mio parere – potrebbe aggiungere maggiore offesa e beffa a queste popolazioni massacrate dal Regio Esercito Italiano di Savoia memoria.
Comunque, accettiamo ciò come segno di buona volontà. Ma dal 2011, in questi 8 anni, le scuse verso altri eccidi unitari sono rimaste ferme e, certamente, Pontelandolfo soltanto non basta! Pure perché se tu fai un danno e chiedi scusa, almeno sei obbligato a risarcire in solido o in modo simbolico la parte offesa così tragicamente, con conseguenze tali che tu hai distrutto un paese ed un popolo. Invece, il Sud resta al palo, sempre più impoverito, svuotato e umiliato (non lo dico io, lo dicono i fatti quotidiani e storici, lo dice la nostra sopportazione).
Ma, dirai, caro Tito: “E allora non siamo mai contenti!?”. Non si tratta di essere esigenti o di passare per “meridionali piagnoni”. Si tratta di dignità e, in particolare, di dignità istituzionale. Solenne e con tanto di documenti ufficiali di Stato. Ecco, una legge con le scuse di Stato votata dal Parlamento Italiano sarebbe stata e sarebbe ancora meglio di una semplice e forzata frase.
Altri luoghi di stragi militari (tedesche) hanno attualmente l’onore di ricevere, ogni anno, le più alte cariche dello Stato. Se fai caso, soltanto i “sacrari” del Sud non hanno alcun onore istituzionale e, quando li hanno (come in questo caso di Pontelandolfo 2011), appaiono depotenziati (volutamente, si suppone) persino nel loro valore simbolico e documentale. A ciò si aggiunge tutta una letteratura storica negazionista e talmente reazionaria che sento odore di restaurazione se non di “dittatura.5”.
In questo modo “Giustizia non è fatta”, poiché per addivenire ad una vera “Giustizia” storica ed istituzionale ci vuole ben altro, lo sappiamo bene (e non voglio parlare ancora di “beffa” o ulteriore ingiustizia). E mi dispiace assai che Michele Palladino, nel sito web del Comune di Pontelandolfo, così conclude e commenta la presenza del prof. Giuliano Amato, esaltando all’inverosimile l’evento (http://www.comune.pontelandolfo.bn.it/zf/index.php/storia-comune):
“”Il 14 agosto 2011, in occasione delle solenni celebrazioni del 150° anniversario dell’eccidio, l’ex premier prof. Giuliano Amato, che ha presenziato alla cerimonia commemorativa su delega del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, in nome della Repubblica Italiana ha chiesto pubblicamente scusa per le vittime civili di Pontelandolfo. Finalmente “GIUSTIZIA E’ FATTA”!””.
24- L’UNITA’ D’ITALIA VALE DAL 2 GIUGNO 1946 ?
Caro Tito, non voglio sminuire così tanto la portata dell’evento di Pontelandolfo 2011, pure in presenza del fatto che è sempre difficile chiedere scusa, specialmente per gravissimi fatti di sangue. Però (sempre trattandosi di dignità solenne) la frase di Giuliano Amato (ripeto senza ruoli istituzionali elettivi e più adatti alla circostanza) è come se avesse detto “Mi manda Picone”… quando invece avrebbe dovuto esserci lo stesso “Picone” a proferire quelle scuse e in un quadro complessivo di richiesta di scuse e di perdono per tutte le vicende avvenute dal 1860 in poi, almeno per un decennio di “guerra civile” italiana provocata da coloro che si sono autoproclamati “Re” anche del Sud, senza il volere del popolo.
Comunque sia, più che la presenza di Giuliano Amato alla cerimonia di “scuse” a Pontelandolfo (14 agosto 2011), ho apprezzato maggiormente la presenza del sindaco di Vicenza, Achille Variati, il quale chiedeva scusa per il suo concittadino pluri-stragista, quel Pier Eleonoro Negri (1818-1887) che, in qualità di ufficiale comandante, eseguì alla lettera gli ordini del generale Enrico Cialdini (1811-1882) per radere al suolo i paesi di Pontelandolfo, Calsalduni e Campolattaro in quel tremendo 14 agosto 1861.
Per questo e per altri massacri, Negri ricevette sia la medaglia d’argento al valor militare, sia la medaglia d’oro al valor militare. Così come tanti altri criminali di guerra che versarono a fiumi il sangue del meridione italiano, festeggiando ed insultando. Lo Stato Italiano dovrebbe chiarirsi e chiarire pure questi aspetti, non soltanto dinanzi al popolo meridionale martirizzato ma dinanzi al mondo intero. Infatti, il massacro savoiardo-padano del Sud è da considerarsi crimine contro l’umanità, oltre che genocidio!!!
Ma la cosa è così tremenda ed esecrabile che si preferisce tacere in attesa che si dimentichino definitivamente tali crimini. Ma la Storia scritta con il sangue degli innocenti è indelebile. E, comunque, il Sud non dimentica e non può dimenticare (pur perdonando) per la stessa natura dei crimini. E le date dei massacri, che le popolazioni locali ricordano oggi e lo faranno – ritengo – per chissà quanto tempo ancora, restano le date della memoria di un Sud tuttora sanguinante, in presenza di intollerabili giustizie!
* foto 27 – Perdono e bambini
Perciò, domenica prossima 17 marzo 2019 ci saranno, come al solito, due Italie: quella che (più istituzionale e più obbligata) celebrerà la proclamazione dell’Unità come può non essendo Festa Nazionale non lavorativa e l’altra Italia che, ricordando più sentitamente i massacri, continuerà a leccarsi le ferite passate e presenti a causa di uno Stato che non riesce o non vuole riconciliarsi con se stesso, rivelando la verità del genocidio meridionale.
PACIFICAZIONE IMPOSSIBILE NORD-SUD ?
A ben vedere, per migliore senso di pacificazione e di perdono a tutti e a tutto, l’Italia veramente unita nasce (con troppe grandi e utopiche speranze) il 2 giugno 1946 con il Referendum Repubblica-Monarchia, quando il popolo italiano, a maggioranza, si è espresso per la Repubblica, condannando definitivamente i Savoia ad uscire definitivamente dalla Storia d’Italia dopo appena 85 anni di pessimo e tormentato regno!
85 anni sono troppo pochi per una qualsiasi Casa regnante, mai veramente amata e, per giunta, sempre prepotente, violenta e sanguinaria con i sudditi interni e con le colonie. Nel complesso non è stata una bella figura storica! E potremmo dire che il Sud e gli altri territori dominati hanno avuto la prima vera soddisfazione (vendetta o nemesi storica) nella cacciata di questi “rozzi tiranni” i quali, provenienti dai monti della piccola Savoia, non hanno saputo tenersi, con tatto e signorilità, un gioiello così tanto prestigioso ed irripetibile come l’Italia!
* foto n. 28 – lapide 1860 Vairano Scalo
Peccato che gli apparati e i poteri forti del Nord padano e post-savoiardo, anche dopo il 1946, tirano (ancora e sempre) le fila della nazione così precariamente unita, lasciando il meridione nelle condizioni generali e particolari che lamentiamo. E, così, la guerra civile Nord-Sud ha subìto la sua ennesima metamorfosi! Sempre e comunque a danno del Sud, ovviamente! Dal momento che il Sud, per quel poco che ne è rimasto, ormai è reso “appendice” – “frazione” – “estrema periferia” del Nord (essendosi ormai quasi esaurito come continuo serbatoio dal 1860 in poi).
25- PRIMA LETTURA PARALLELA
Caro Tito, qui di seguito riporto tre “Letture Parallele” per bilanciare l’anti-meridionalismo (imperante in Padania sicuramente da prima del 1860). Ma riporto tale testo (ripreso da https://www.altaterradilavoro.com/category/studiosi/zitara/) anche per onorare la figura di Nicola Zitàra (Siderno RC 1927-2010) come grande meridionalista e difensore della dignità del popolo meridionale.
LA CALATA DEGLI OSTROGOTI di Nicola Zitara
La parola italianità significa, più o meno, che qualcosa o qualcuno, per il suo atteggiarsi, porta i segni dell’appartenenza alla cultura, al costume, al carattere degli italiani. Ma l’Italia, il paese che detta agli uomini o alle cose il suo segno, qual è? Quella del Sud o quella del Nord? Perché, in effetti, è chiaro a tutti, che di Italie ce ne sono due: quella degli itagliani e quella dei taliani.
La confusione è cominciata al tempo di Roma repubblicana, allorché gli italici erano romani per i doveri militari e non lo erano per l’arricchimento provenienti dai saccheggi che illustrano (anche se non lo si dice) la civiltà romana. La confusione è andata così avanti che è difficile stabilire se furono i Romani a conquistare l’Italia o se furono gli Italici a conquistare Roma.
Comunque una certa alterità (o doppiezza) tra chi sta dentro l’Itaglia a pieno titolo e chi non possiede il titolo pieno, ma solo una specie di usufrutto, c’è sempre stata. Pensate al significato etnico e politico della frase “Temo i Greci e i doni che essi portano” (o quando portano doni. Esattamente: Timeo Danaos et dona ferentes), che circolava a Roma-urbe al tempo di Scipione l’Emiliano.
Ora, questi Greci della frase erano essenzialmente taliani del Sud, i quali, vinti e sottomessi dai Romani, portavano doni ai vincitori e padroni, al fine di ingraziarseli in vista di un lavoro o di un favore (al tempo di Cicerone si diceva clientes, da cui l’itagliano clientela, in taliano ‘amici’). In buona sostanza, i Romani, non paghi di esercitare una padronanza sui Taliani, li giudicavano anche male.
La cosa si è ampiamente ripetuta dopo l’unità cavourrista. Raffaele Cadorna, intrepido generale milanese, nel 1866, assediò, bombardò, conquistò e sottomise Palermo insorta contro l’unità. Nella sottostoria d’Itaglia, Palermo non fu la prima città bombardata, ma la seconda dopo Genova (dal grande Lamarmora Alfonso, inventore dei bersaglieri).
La terza fu Gaeta (un tempo città, anche se oggi è un insignificante borgo taliano), la quarta Reggio Calabria, la quinta – non appena Caldiroli avrà assunto il comando dello Stato Maggior Generale (ed anche Ammiraglio), sicuramente Napoli. Non tutta, però; solo quella abitata dai Taliani. Perché, come tutti sanno, a Napoli ci sono anche molti Itagliani (Bassolino, Jervolina, Pomicino, Mussolina, etc.). Il seguito si vedrà. Forse Augusta, forse Mazara del Vallo, forse Agrigento, non so.
Anche al tempo dell’eroico Cadorna c’erano ambivalenze italiche. Palermitani nemici della patria e palermitani patrioti. Leoluca Orlando Cascio non era ancora nato, ma viveva e operava un suo antenato e precursore come sindaco di una città (e forse antenato anche nel senso proprio di stipite familiare), il quale patriotticamente guidò la mafia nell’opera di liberazione della decaduta capitale federiciana, in ciò seguendo l’esempio del Generale Garibaldi, che pochi anni prima, alla testa di venti idealisti, 980 avanzi di galera, un assegno scoperto e 3000 mafiosi (per pudore detti ‘picciotti’, ancorché analfabeti e non capaci di capire altro se non il tintinnio delle piastre – chissà perché turche? – generosamente distribuite dai consoli inglesi di stanza), aveva liberato l’intera Sicilia dall’odiato Borbone.
Qualche decennio dopo, il marchese Di Rudinì fu elevato per i suoi meriti a presidente del consiglio dei ministri itagliano e taliano, aprendo la strada a un mafioso più illustre ancora, un componente della seconda generazione di patrioti, il prof. Vittorio Emanuele Orlando, presidente della vittoria nel 1918.
Cornuti e mazziati, il nome dell’illustre guerriero, generale Cadorna, ce lo ritroviamo nella toponomastica dei nostri paesi e città bombardate, insieme a quello del Generale Lamarmora, che non pago della carneficina di Genova, si esibì nella patriottica opera di liquidare i briganti taliani.
Leggo su Corriere Economia del 7 febbraio 2005 il fondo di Edoardo Segantini dal titolo “Quella cosa del Sud che nessuno vuole dire”.
A lettura fatta, mi resta da capire se sono taliano o itagliano. Infatti, io vivo immerso nella mafia, che sicuramente non è cosa italiana, in quanto l’italianità è definita dall’aeroporto della Malpensa, dall’EuroStar (non so se “E’ bello Star in Europa” o se Stella d’Europa), dalla Scala, da Giuseppe Verdi, da Maria Callas e, perché no, anche da Giovanni Verga e dall’Opera palermitana dei Pupi.
Tuttavia potrei anche essere itagliano anch’io, perché sono stato prima fascista e poi antifascista, subito dopo, forse per redimermi, ho fatto l’emigrazione a Melano, sono transitato per Piazza Cairoli e accanto alla Scala, quando vi cantava la Callas e Toscanini vi dirigeva l’orchestra, e anche accanto al Piccolo quando era guidato da Strehler. Insomma sono mezzo taliano e mezzo Itagliano. Ma non tutto Itagliano, come Segantini.
La mafia è taliana e non conosce l’itagliano. E tuttavia intrattiene gran rapporti d’amicizia con i banchieri e i costruttori di Milano, che, come ben si sa, sono Itagliani cosmopoliti (o forse Itagliani apolidi), comunque parlano una lingua EuroUNiversal).
Per combatterla, il collega Segantini suggerisce l’invio dell’esercito. Personalmente sono d’accordo. La mafia, o la si vince militarmente o i vari De Gasperi, Einaudi, La Malfa, Saragat e i Comitati di Liberazione Alta e Bassa Italia continueranno a nasconderla nel sottoscala.
Resta il tema dei Dona Ferentes, dei regali o regalie (o anche sportule o tangenti, vulgo intrallazzi). Cioè il tema di Benetton, Zonin, Melagatti, Pelagatti, Filogatti, Carlusconi, Bruttusconi, Perlusconi, Merlusconi, Pittusconi, che stanno comprando le case a Ortigia e le terre viticole della mafiosa Sicilia, come insegna lo stesso numero di Corriere Economia in altra pagina. Quo vadis, Domine? Questa è la strada maestra dell’itaglianità. Lo anticipai nel 1971, ma nessuno mi credette.
Predissi (L’unità d’Italia, nascita di una colonia) che per redimerci pienamente, gli avremmo venduto la terra come i nostri megaellenici progenitori, e portato doni che li avrebbero messi in sospetto. “Cu nesci, arrinesci”, chi va fuori fa fortuna, cita il Corriere. Stiamo nescendu, anzi nescsimu da 150 anni. Però non pensavo di vivere tanto da fare in tempo a vendere la casa avita a un Serluschese del Trecento. Ecce Domine!
PS. Secondo me, la perfetta talianità dei meridionali si ha con Totò Riina e con questo Cuffaro, di cui – chiedo scusa – mi sfugge il nome di battesimo. Quella degli Itagliani, di edificare dei taliani simili a loro è un pio e cavourristico proponimento, che mai potrà realizzarsi, perché la talianità è dell’Oriente mentre l’itaglianità è dell’Occidente. Se e quando i taliani si faranno anche loro le fabbriche, tutt’al più torneranno a essere come i Danaos prima che intraprendessero l’esercizio di portare doni, non mai Itagliani.
Perché c’è il risvolto dei Dona Ferentes. Anche questo in latino: Graecia capta ferum vincitore cepit, frase che tradotta a senso (storico) dice: i taliani – i quali non vollero combattere a loro difesa, e perciò noi Romani li abbiamo vinti e assoggettati – con i loro artifici (o altro) stanno mettendosi sotto gli Itagliani. Le case, la terra, prendete anche questo. I nobili prediligono gli ambienti storici.
Senza il citato Cadorna, Giovanni Paolo II benedirebbe i credenti dal balcone del Quirinale. Ma i preti, bene o male, furono pagati. A Napoli e in Sicilia, i sabaudi si beccarono non meno di una decina di regge, senza sborsare un centesimo. Il nostro lavoro se prendono già, pagandolo male. Il nostro sottosuolo è loro sin dal maledetto giorno dell’unità. Adesso anche le case, le spiagge, il sole, la terra.
L’attuale caduta della capacità d’acquisto, per salariati e stipendiati, a questo mira. Ma il giorno in cui non vi porteremo più doni (forse) non è lontano.
26 – SECONDA LETTURA PARALLELA
CARO NORD MA DOVE VAI SE IL SUD NON CE L’HAI? (di Lino Patruno, quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, 06 maggio 2012) http://www.lindipendenzanuova.com/caro-nord-ma-dove-vai-se-il-sud-non-ce-lhai/
Ricomincio da Sud. Ci sono almeno tre ragioni per cui se l’Italia vuol crescere può farlo solo a Sud. Prima lo si capisce meglio è. Come meglio è se la si smette quanto prima di considerare il Sud un danno e non una salvezza per tutti.
Prima ragione. Non ci vogliono trattati di economia per capire una banalità. Resteremo nell’incubo di questa crisi se si continua ad andare avanti con un sistema (gli intellettuali dicono “modello di sviluppo”) per cui il Nord deve fare da locomotiva e il Sud, se va bene, seguirlo come bagaglio appresso. Il risultato è una crescita dello zero virgola qualcosa, anzi ora andiamo indietro. E’ come se avessi una Porsche e la facessi andare come una Panda. Non solo è uno spreco, ma prima o poi imballi il motore.
Il Nord dovrebbe crescere al 10 per cento come una Cina per far crescere in media l’Italia almeno al 3 per cento, quota minima per riprendere a creare lavoro.
Ma oggi solo la Cina è Cina. E poi il Nord è al limite, saturo, sfiatato, non può crescere più di tanto: devi avere anche lo spazio per altri capannoni. Se dai a un riccone altri cento euro, non ti ringrazierà neanche, se li dai a un poveraccio gli hai cambiato la giornata. Riesce a lavorare al Sud un venti per cento in meno rispetto al Nord: se potessero spaccherebbero le pietre. Si dovrebbero cambiare le condizioni, investire al Sud quei soldi destinati al Sud ma invece utilizzati per tante altre cose, dalle multe dei vaccari bergamaschi ai traghetti del lago Maggiore. E i treni, al Sud, si dovrebbe darglieli non toglierglieli.
Seconda ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). La conferma viene proprio in questi giorni dalla Banca d’Italia, non da qualche irriducibile terrone mezzo piagnone mezzo cialtrone. Nel Paese che i signorini dalle mani sporche della Lega Nord vogliono tagliare in due, se non ci fosse il Sud che acquista non ci sarebbe il Nord che vende. Altro che secessione, altro che ce ne andiamo per conto nostro: dove vanno?
L’integrazione fra le due Italie è tale che dovrebbe far ricredere anche il Luca Ricolfi del “Sacco” (saccheggio) del Nord. Insomma la bibbia che il Salvini sbandiera sempre come dimostrazione del Sud parassita. La Banca d’Italia dice che è vero che ogni anno 50 mila miliardi di tasse del Nord vengono spesi anche nel resto del Paese. Ma è vero pure che ritornano con gli interessi (oltre 60 miliardi) in acquisto di prodotti del Nord da parte del Sud. E aumentano ancòra se ci aggiungiamo, mettiamo, i ricoveri di meridionali al Nord (pagati dalle Regioni del Sud). E se ci aggiungiamo i giovani meridionali che vanno a lavorare al Nord ma la cui istruzione l’hanno pagata i loro genitori al Sud (a parte le tasse che versano lì).
Questi conticini li aveva già fatti da tempo Paolo Savona, economista, ex ministro, banchiere. Ma chi volete che gli desse retta visto che smentiva un pregiudizio sul Sud? Piagnone anche lui. Così si scopre anche (Luca Bianchi direttore della Svimez) che un quarto della ricchezza annuale della Lombardia proviene dalle vendite al Sud. Ma invece che di Sud creditore si continua a parlare di Sud debitore. E invece che, magari, di “Sacco” del Sud, si continua a parlare di “Sacco” del Nord. Si è meridionali anche nei sacchi. Senza dimenticare la ciliegina che, nonostante tutto, la spesa dello Stato è maggiore al Nord che sta meglio rispetto al Sud che sta peggio.
Ma c’è la terza ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). Buona parte dell’attuale crisi del Nord è dovuta al fatto che è in crisi anche il Sud che compra meno. E che se dalla crisi si esce solo col rilancio dei consumi (e quindi della produzione, del lavoro ecc. ecc.), o il Sud si muove o la barca affonda. Il Nord dipende dal Sud, una bestemmia. E’ sbagliato allora non solo il sopraddetto “modello di sviluppo” della locomotiva, ma anche quello conseguente del Nord che vende e del Sud che acquista. Pensiamo a cosa avverrebbe se tutti i Nicola Cassano e le Carmela Palumbo del Sud decidessero un giorno il CompraSud, acquistare solo prodotti meridionali (e ce ne sono): il panico.
Conclusione: nessun Paese può reggersi su un Nord e su un Sud come in Italia. Nessun Paese almeno che voglia restare fra i primi dieci al mondo. Né si può tenere inutilizzato mezzo motore senza perdere velocità, anzi bruciando la testata. E con l’aggiunta che un altro “modello di sviluppo” (rieccolo) converrebbe anche al Nord perché la crescita del Sud lo farebbe sfiatare meno. Tranne che non si voglia lasciare tutto così perché fa comodo: la chiamiamo sottomissione?
Ma se occorre ricominciare da Sud, anche il Sud deve ricominciare da se stesso. C’è al Sud una prateria di cose da fare (oltre che di cose fatte). Il Sud s’arrabbi di brutto per i treni tolti, ma poi metta in campo al più presto la propria locomotiva. Il futuro è a Sud.
FONTE ORIGINALE: www.lagazzettadelmezzogiorno.it
27 – TERZA LETTURA PARALLELA
Caro Tito, mi sembra utile riportare qui di sèguito l’interessante riflessione scritta da Felice d’Adamo (direttore di www.paeseitaliapress.it) sulla “Festa nazionale del 17 marzo” istituita con legge n. 222 del 23 novembre 2012 (GURU – SG n. 294 del 18 dicembre 2012). Una festa che non è festa. Oppure è addirittura una mezza festa! E questa legge sminuisce ciò che si vorrebbe valorizzare (segno di poca chiarezza politica e istituzionale nonché prova evidente che l’unità nazionale esiste ancora in modo assai confuso o contrastante persino nel Parlamento che ha redatto e approvato tale legge).
UNA GRANDE FESTA NAZIONALE IL 17 MARZO ?
Una giornata di grande sensibilizzazione ai valori che uniscono potrebbe contribuire a far crescere il “sistema Italia” e creare una classe politica all’altezza dei tempi
di Felice d’Adamo
(Lunedì 14 Marzo 2016 ore 17:00)
http://www.paeseitaliapress.it/news_2534_Una-grande-festa-nazionale-il-17-Marzo.html
Festa nazionale per l’Italia il 17 Marzo? Il 17 Marzo è l’anniversario dell’Unità d’Italia e, dal 2012 con la legge n. 222, è la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”. La ricorrenza è stata istituita come festività civile con l’obiettivo di ricordare e promuovere i valori di cittadinanza e riaffermare e consolidare l’identità nazionale attraverso la memoria civica. Terminate nel 2011 le celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia, la ricorrenza ormai passa in sordina: non è una giornata festiva, non ci sono eventi particolari, forse se ne ricorderanno solo gli studenti se hanno insegnanti attenti alla storia o forse se ne parlerà in qualche trasmissione culturale a tarda notte.
Eppure la data della nascita dell’Italia moderna potrebbe riunire tutti, superando divisioni e ricorrenti polemiche e rafforzando il sentimento di identità nazionale. Il 17 Marzo potrebbe diventare la giornata in cui tutti insieme, con il tricolore comune e senza bandiere di parte per una giornata, ci ritroviamo senza barricate, mano nella mano, per riscoprire quello che siamo stati e le grandi prospettive che si possono aprire con i valori, la cultura, la genialità di un popolo che si riassume nelle eccellenze del made in Italy.
Il 17 Marzo dovrebbe essere un giorno di festa nazionale, che potrebbe aggiungersi ad altre festività o sostituirle, per non tornare al solito dibattito di troppi giorni di vacanza, anche se feste e tradizioni non possono essere giudicate solo con la contabilità, senza considerarne i valori simbolici e i significati che le legano alla vita della comunità, al senso della storia, al progetto di futuro. Il 17 Marzo, come festa nazionale, potrebbe essere davvero un giorno particolare, legato alle nostre radici, da riscoprire insieme ai nuovi italiani, a quanti hanno scelto la nostra terra per costruirsi un destino migliore.
Il 17 Marzo come festa nazionale ed evento patriottico unico nel corso dell’anno potrebbe riassumere, ampliandoli, i significati delle altre festività, dalla Liberazione del 25 aprile alla nascita della Repubblica del 2 giugno. Ogni ricorrenza dovrebbe tuttavia conservare i propri significati e i valori da tramandare.
Sono passati 71 anni dalla fine della guerra, ma non sono cessate divergenze e polemiche sulla festa della Liberazione, pietra miliare della nostra storia. Per questa ricorrenza molti ne esaltano i valori, ma sono pochissimi quelli che partecipano alle celebrazioni; c’è chi vuole ricordare anche “il sangue dei vinti” e propone celebrazioni distinte o in un’altra giornata; per tanti, poi, è solo l’occasione per un ponte o una bella gita fuori porta di primavera.
La nascita della Repubblica, il 2 giugno del 1946, è certamente un evento storico memorabile, ma la festa, di recente istituzione, non coinvolge molti: un bel ponte per tanti, se non capita nel fine settimana, e per non pochi studenti l’inizio dell’ultima “allegra” settimana di lezioni.
Il 4 Novembre è la giornata delle Forze Armate e dei Caduti per la patria: anche in questo caso, al di là della sfilata spettacolare romana ai Fori Imperiali (a volte ridimensionata e spesso oggetto di critiche), si ripetono celebrazioni con pochi partecipanti, talora solo istituzionali o anziani. D’altro canto la stessa data del 4 novembre, pur con i significati ampliati nel tempo, rievoca la fine della Grande Guerra, la “vittoria”, che solo all’Italia costò 600mila morti e oltre un milione di feriti, senza contare gli ingentissimi danni materiali.
Gli stessi drammi della storia dividono ancora: le sconfinate tragedie dell’Olocausto sono rievocate nella Giornata della Memoria il 27 gennaio, ma poi è stato istituito anche un Giorno del Ricordo, il 10 febbraio, per non dimenticare le vittime delle foibe e delle persecuzioni ai confini orientali.
Tra chi sostiene che “i morti sono tutti uguali” e chi ritiene che non si può mettere sullo stesso piano coloro che si sono battuti per la libertà e coloro che combattevano “dalla parte sbagliata”, continuiamo a schierarci per parte, ovviamente ognuno con le proprie sacrosante ragioni, moderni guelfi e ghibellini. Perché non dedicare una giornata all’unità nazionale, ai valori che ci uniscono, a guardarci negli occhi senza rivalità, lasciando gli altri 364 giorni alle ragioni di parte, alle legittime diversissime opinioni e ai diversi valori personali?
Le attuali ricorrenze, lungi dall’essere accantonate, resterebbero come momenti di rievocazioni e di riflessioni, ma la grande festa nazionale sarebbe il 17 Marzo, il giorno in cui è nata l’Italia contemporanea, in quel lontano e ora un po’ polveroso 1861, che ha fatto trepidare e sognare schiere di patrioti, letterati, artisti, musicisti, non solo Cavour, Garibaldi, Mameli o Giuseppe Verdi.
La Festa dell’Unità Nazionale potrebbe essere il giorno in cui, con i ricordi della storia, si potrebbero delineare insieme i percorsi futuri. La famiglia, la scuola, i giovani, le politiche per gli anziani e le persone in difficoltà, le scelte per uno sviluppo sostenibile, i nuovi orizzonti europei richiedono sagge politiche lungimiranti, non piccoli calcoli elettorali o di bottega. Una giornata di grande sensibilizzazione ai valori che uniscono potrebbe contribuire a far crescere il “sistema Italia” e creare una classe politica all’altezza dei tempi.
La festa dell’identità nazionale non può essere chiusura in un patriottismo sterile, ma deve portare a rivolgere lo sguardo verso le nuove frontiere dell’Europa e del mondo globalizzato. L’Italia ha storia, imprenditorialità, generosità, fantasia, eleganza, paesaggi incantevoli e un immenso patrimonio artistico e culturale che non possono perdersi in interminabili divisioni e chiusi orizzonti. Il 17 Marzo può essere una grande festa per unire, riscoprire il nostro Paese, promuovere ricchezza, varietà e bellezza dei mille campanili, con nuovi ampi spazi anche per il turismo e l’economia.
• Felice d’Adamo – ildirettore@italiaitaly.eu
27- CONCLUSIONI
Caro Tito, a dirla tutta, la prima cosa da fare (con estrema urgenza) è quella di avviare una grande campagna culturale di pacificazione e riconciliazione tra nord e sud Italia (anche in onore dei tanti morti) con la convinzione che uniti si è più forti, specialmente adesso che la globalizzazione punisce i piccoli senza difesa e armonia. Per giungere a questa pacificazione è necessario educare le nuove generazioni che sono più lungimiranti delle precedenti.
La seconda cosa da fare è giungere alla completa chiarezza sul Risorgimento, sulla spedizione dei Mille di Garibaldi, sulla malaunità italiana e la Questione Meridionale.
Terza cosa da fare è risarcire il Sud, moralmente ed economicamente, arginando il più possibile le difficoltà di ogni genere che penalizzano le Regioni meridionali. Quasi tutti siamo convinti che, restando il Regno delle Due Sicilie come Stato indipendente, avremmo avuto maggiore ricchezza, benessere e dignità, mentre adesso ancora annessi al Nord padano siamo sempre più poveri e senza dignità.
Purtroppo, al momento, tali ipotesi di riequilibrare i vari territori Italiani sono pura utopia, aggravata dal fatto che il Nord insiste e persiste nel suo dominio intransigente. E, allora, restando così le cose, senza alcuna volontà di riconoscimento dei danni morali materiali, storici e futuri, sarebbe meglio tornare a distinte Repubbliche federali per dare modo ad ognuna di autogestirsi e di crescere secondo le proprie possibilità. E non è proprio detto che il Sud senza il Nord non possa stare meglio, tutto sommato, e a propria misura.
Poi il tempo dirà se tali Repubbliche federali possano diventare un solo Stato unitario (per amore e volontà), oppure se ognuno è meglio che stia per conto suo. Così come è adesso, alla lunga, non può andare! Speriamo che le generazioni ci lavorino molto e con tanta buona volontà. Altrimenti, meglio la separazione definitiva che una difficile separazione in casa. Ma il Nord “parassita” non ci molla, in un modo o nell’altro: senza il Sud, il brillante Nord rischia di tornare povero come, in proporzione, era nel 1860!
28- SUICIDIO DEL SUD E IDENTITA’ CULTURALE
Caro Tito, è ancora doloroso trattare di fatti che hanno soggiogato noi meridionali a troppi “poteri forti” i quali tutto vorrebbero meno che vederci autonomi o, meglio, completamente liberi. A tali poteri forti sono legati, in gran parte, i poteri meridionali i quali, invece di mettersi a capo di un risorgimento e di un rinascimento del Sud, sono conniventi con i nostri aguzzini da ben 160 anni. Né si intravede un leader o una forza politica capace di ridare al nostro Sud la libertà che necessita per riequilibrare diritti e doveri di esistenza, restando amici leali con tutti!
Per questo mi convinco sempre di più che è già nello stato delle cose quel “Suicidio del Sud” per evitare il quale sto lottando più alacremente fin dal 1977 (quando ne ho scritto per la prima volta). Forse non mi resta che pensare che il nostro Meridione sarà pur sempre soggiogato da forze esterne, come, in pratica, lo è già fin dal 202 a. C. con l’invasione romana, ma con alterne vicende, alcune più positive e significative pure sul piano internazionale.
Stante tale situazione praticamente inamovibile, forse non ci resta che lavorare molto sui valori e sulla cultura del Sud. Cosa che sta facendo da decenni il filosofo Salvatore Mongiardo, convinto che la vera liberà consista nella propria identità e dignità socio-culturale, poiché nessun popolo ha la forza di resistere agli imperialismi che di volta in volta soggiogano (soprattutto economicamente) i popoli. Come ampiamente dimostra la Storia.
29 – “ LASCIAMOLI SFOGARE!”
Caro Tito, che la vera democrazia sia ancora una vera utopia e non soltanto in Italia, lo dimostrano una infinità di idee, di gesti ed azioni che si svolgono quotidianamente in mezzo a noi, a tutti i livelli, specialmente di chi ha ed ostenta il “potere”. Giusto per essere attinenti a questa “Lettera n. 239” ti racconto molto brevemente due “perle”.
UNO – Il dirigente socialista di un città dell’Appennino, soleva raccomandare ai suoi colleghi del partito di Bettino Craxi (negli anni Ottanta), di non arrabbiarsi quando parlavano o scrivevano o criticavano (male) i loro avversari: “Lasciàteli sfogare!… tanto il potere ce l’abbiamo noi” … Così, a volte, mi capita di capire in modo più estensivo per tante altre situazioni dello Stato, del Governo, del Parlamento e della cosiddetta democrazia. Comanda chi ha il potere vero, gli altri valgono poco o niente e possono solo sfogarsi. Tutto però vale fino a un certo punto, poiché è probabile che ti tolgano pure il vizio di sfogarti e di gridare al vento! Ma non perché parli a vanvera … solo perché esisti e giri per le strade!
DUE – Un parente del sindaco di un paese rivierasco calabrese, era solito parcheggiare la sua auto in modo scorretto ed irriverente verso il traffico e gli altri automobilisti. A chi gli faceva osservare che intralciava pericolosamente la circolazione su quella strada sempre affollata, lui soleva dire: “Tranquilli, qui comandiamo noi!”. Ed aveva due lauree!… Figuriamoci!…
Per alcuni tutta la mia vita è stato uno “sfogo” … un parlare a vanvera e dovrei ringraziare chi mi permette ancora di scrivere, di agire e di parlare … tanto … “comandano loro”…. Io mi posso solo sfogare! … Sarà certamente così, però confido nella “natura” la quale, a volte, sa conservare le idee che semino e le fa fecondare e germogliare lontano nel tempo, anche dopo la mia morte! Già madre Natura mi ha dato qualche buona dimostrazione in vita e spero che non mi deluderà da defunto. Scripta manent!…. Salvo il contrario! …. Salvo eccezioni!
30- SALUTISSIMI
E, allora, caro Tito, il mio saluto odierno consiste nell’esortarci a vicenda ad approfondire sempre di più la conoscenza della nostra cultura e, in particolare, di quei valori che ci hanno permesso (nonostante millenni di dominazioni e di contaminazioni) di non rinunciare mai del tutto alla nostra migliore identità mediterranea e a quella solarità e umanità che tutti ci invidiano.
Permettimi di ricordare e salutare con devozione coloro che dal 1860 ad oggi hanno patito sotto il regime nordico-savoiardo e poi repubblicano. Ricordo, ringrazio e saluto con affetto e riconoscenza personaggi e scrittori come Antonio Grano, Francesco Tassone, Nicola Caporale e tanti altri che mi hanno aperto gli occhi sul nostro “crudo e nudo” meridionalismo poiché la scuola di Stato me li aveva totalmente chiusi, facendomi il lavaggio del cervello con la retorica ed il mito del cosiddetto Risorgimento e di altre situazioni utili soltanto al Potere dei dominatori del nostro Sud. Grazie, Tito!
Alla prossima Lettera n. 240. Tanta cordialità e buona, speriamo, finalmente primavera!
Domenico Lanciano – (costajonicaweb.it) Le foto sono state prese dal web.