Qui si campa d’aria, e Corigliano


 Quando il compianto Otello Profazio cantava che qui si campa d’aria, lo faceva con amaro e greve sarcasmo, non certo perché invitava la Calabria a morire di fame, però respirando a pieni polmoni l’aria di un’immaginaria natura incontaminata! Come fa a essere incontaminata una natura in un posto dove sono almeno cinquemila anni che si formano e si sfasciano civiltà di ogni lingua? E se fosse incontaminata come nelle isole della Polinesia, ci dovremmo solo vergognare.

 Niente pale, dicono quelli che, evidentemente, s’illuminano con le candele e telefonano con i segnali di fumo. Niente industrie, dicono a Corigliano Rossano, dove sperano che il porto – un porto che quasi non esiste però c’è da mezzo secolo a parole – il porto accolga migliaia di miliardari arabi con mogli al seguito. Niente industrie ma aria pulita per la passeggiata degli sfaccendati mantenuti a sbafo.

 Erano sessanta milioni, per ora, e molte centinaia di posti di lavoro, che il sindaco di Corigliano Rossano ha lasciato fuggire volando come farfalle migratorie. O dobbiamo credere che la parola lavoro terrorizzi il calabrese, che invece vuole un sussidio? E già, ragazzi, consultate il Rocci a pagina 963, e troverete che la parola κάματος vuol dire sia lavoro sia stanchezza sia malattia… Non so se è chiaro, e che bella eredità che ci hanno lasciato i Greci!

 Spero che la ditta multinazionale accolga la proposta di Vibo, e, lasciati al loro destino Corigliano e lo Ionio, si collochi sul Tirreno; ma dove vuole, anche nel porto di Pietracupa. Dite voi che a Pietracupa non c’è un porto: tranquilli, la Calabria è zeppa di porti che non esistono, come di poeti superpremiati della domenica, di filologi che sbarcano Ulisse per sbarcare il lunario, di gente che campa d’aria e di fumi mentali e di visioni a pagamento.

 Il sindaco di Corigliano Rossano dovrebbe già essersi dimesso. Occhiuto ha detto qualcosa. I rappresentanti dell’industria calabrese hanno protestato. I politicanti sono muti, o in Asia. Che c’entra l’Asia, prima o poi ve lo spiego.

 Ora è il momento del governo, che deve pesantemente intervenire.

 E sarebbe il tempo, in Calabria, di una radicale reazione culturale contro la letteratura del piagnisteo, l’invenzione di un passato che mai e di un futuro che mai sarà, e di imporre la sola idea che assicura, con il pane, la sola possibile libertà: il lavoro.

 Basta fandonie, basta utopie, basta intellettuali mantenuti e cittadini onorari di qualsiasi buco.

Ulderico Nisticò