Tranquilli, non è vero. Io, per esempio, ho fatto un gioco di Facebook stamani all’alba, e ne sono risultato un fierissimo console o tribuno romano in assetto di guerra, pronto a sconfiggere Pirro, Annibale, Mitridate, Ariovisto, Vercingetorige eccetera. Se lo faccio per il Medioevo, compaio corazzato e, con faccia tra il mistico e l’eroico, in entusiastica partenza per liberare Gerusalemme al grido di Deus vult. Se nel Settecento, tutto lustrini e piume, con una spada, anche se quasi sempre inutile. Quanto alle signorine e signore, segnala Dante nel XV Par. che le ricche fiorentine portavano cinture più ammirevoli delle persone… e ci rivela l’Anania, nella “Universal fabrica del mondo” del 1571, da me poi riedita, che le dame spagnole indossavano sotto le gonne dei tacchi altissimi per fare figura. Le plebee, fino ai tempi delle nostre nonne, indossavano tanta di quella roba che apparivano per forza formose dove occorreva!
Nel 2023 quasi 24, se una signora vestisse come una “pacchiana” o un nobile dell’Ottocento, le farebbero pagare due biglietti dell’autobus, tanto larga sarebbe la gonna. E lo stesso se io, “civis Romanus”, indossassi, com’era obbligatorio in funzione politica, l’amplissima toga, sarei in imbarazzo dentro una pizzeria. Dalla fine del XIX secolo, abbiamo tutti, per amore o per forza, adottato abbigliamenti essenziali, sostanzialmente poveri e arrangiati. E sono saltate le convenzioni, sicché se uno si presenta dozzinale in chiesa o a un convegno, non se ne accorge nessuno. E non parliamo delle buone maniere.
Affacciati questi paragoni, ci chiediamo se veramente i Greci erano tutti, ma proprio tutti altissimi e bellissimi e muscolosissimi tipo Bronzi di Riace, e con la faccia da lucidi omicidi (“androktonos”, epiteto omerico) come la dea Atena del XXII dell’Iliade. Ovviamente no: ma dal XV secolo, tutto l’Occidente si è svagato a crederci, allegramente confondendo il modello ideale con la realtà. Non c’è dubbio alcuno che gli Spartani fossero eroici, però, se in un museo diamo uno sguardo alle loro corazze, appaiono tutto tranne che alti. Del resto, il valore guerresco non va a metri, e Napoleone era chiamato “le petit caporal”. Quanto all’ingegno, “rara virtus in pertica longa”, disse qualche latino che, evidentemente, era bassino come Quinzio Cicerone preso in giro dal non proprio vichingo fratello Marco.
I Romani, realistici in ogni cosa, rappresentavano le persone com’erano, anche Cesare calvo, cosa che al grifagno generale e riformatore dava fastidio e si metteva una corona d’alloro al posto dei capelli. Cicerone, sebbene dottissimo e “pater patrie”, e per una piccola guerra in Cilicia, persino “imperator”, non aveva, ripetiamo, “le physique du rôle”. Ottaviano era bello, anche troppo, e spesso malaticcio: visse lo stesso 78 anni, e seppellì mezza storia e mezza letteratura che studiamo a scuola, a cominciare dal prozio. Orazio era grasso, “Epicuri de grege porcum”; Virgilio pareva – e giustamente – un contadino. Alcune donne furono bellissime, ma ci dobbiamo contentare delle descrizioni, perché rappresentate sempre ben vestite. Per i costumi da bagno, andate a Piazza Armerina; poi studiate i secondo me fondatissimi sospetti di Tibullo su Delia che va ai bagni di Baia. Sicuramente Laura vestiva da nobilissima quale fu e nella corte del papa, però nelle “chiare fresche dolci acque” dove la vide messer Petrarca…
Vedete, ragazzi, che cosa triste che è la filologia! È una scienza che insegna a studiare, prima del testo, chi l’ha scritto e dove voleva andare a parare; e il tempo in cui venne scritto; e il rapporto tra testo e potenziali lettori, e il tramite dei mecenati ed editori.
Bisogna dunque sapere che gli antichi ci tenevano molto all’estetica. Estetica, dal greco “aisthanomai” significa come farsi percepire e far percepire l’immagine; e l’immagine che si ha lo scopo di trasmettere: guerriero, dotto, filosofo, poeta, politico, donna di gran fascino… A proposito: quando combinavano matrimoni, anche di re, si mandavano in giro i ritratti delle signorine. Alle volte erano un po’ ritoccati, come accadde, dicono, all’imperatore Pedro II del Brasile con la principessa Teresa Cristina di Borbone Due Sicilie, figlia di Francesco I: fortuna che i due poi si amarono, e lei è ancora ricordata come la Madre dei Brasiliani.
Riassunto. Quando si studia storia antica, non dovete cascarci, ma ricordare che noi conosciamo Greci e Romani come hanno voluto ufficialmente presentarsi. Meno male che ci sono Aristofane, Lisia, Eroda, Catullo, Tacito, Giovenale, Marziale e vari altri che ci raccontano com’erano, e tanti fattarelli di cronaca rosa.
Tanto meno, dovete cascarsi a proposito di Magna Grecia, una vera mania collettiva della cultura scolastica calabrese. I calabrotti eruditi non ne sanno quasi nulla, è vero, però per loro la MG è una specie di Paese dei balocchi, Eldorado e Bengodi; e se l’inventano tutti poeti e filosofi. Fidatevi di un filologo e grecista: questi nostri, del resto remotissimi antenati (settanta generazioni e passa), e ammesso lo si possano considerare e non credo, erano degli esseri umani esattamente come me e come voi.
Ulderico Nisticò