Psicanalisi del fenomeno Pino Aprile


italie Bisogna, ahimè, muovere da una premessa desolante: il meridionale, detto in genere, vive in un mondo di miti plebei, ora tristi ora esaltanti, ora del passato ora del futuro, e mai con un senso realistico del presente. Se è istruito, peggio, perché la scuola del Sud, sempre detto in generale, se la dice poco con il senso critico e il sano cinismo della cultura genuina. Vi porto un solo esempio, e sono i tantissimi morti di fame di paese che trascorrono la grama vita raccontando le imprese erotiche (con la t, ovvio!) del nonno barone.

 Da ciò partendo, esaminiamo il fenomeno Pino Aprile sotto l’unico aspetto che merita, quello psicanalitico. Quanto alla storiografia, è come se io scrivessi un libro di pallacanestro. Le sue tesi, non inventate perché già giravano anni fa, ma da lui strombazzate, seguono questa linea logica. Attenzione, logico non vuol dire vero, vuol dire solo logico, cioè da una premessa sballata si arriva logicamente a sballate conclusioni.

Il Sud, e credo che anche Aprile lo sappia, è, sempre detto in generale, una terra improduttiva e mantenuta e invecchiata e depressa, con qualche sporadica eccezione. Dagli anni 1970 vi è avvenuta quella che un mio amico chiama la bidellizzazione, cioè un qualsiasi impiego pubblico in luogo di qualunque lavoro vero. Ma questo l’Aprile, che è socialista, la chiamerebbe “società di servizi”, e magari gli piace. La realtà è però che il Sud versa in pessime condizioni; e la Calabria, com’è noto, anche peggio.

Gente normale si porrebbe il problema di come migliorare. Ma il meridionale, dicevamo, è fantasticante, e questo l’Aprile, di mestiere giornalista, lo sa; e sa come approfittarne. Il meridionale, se gli succede qualcosa, non cerca rimedio, ma di chi è la colpa: un capro espiatorio, tremila anni di capri espiatori.

Fino a qualche anno fa, la colpa veniva attribuita agli Spagnoli (spariti nel 1708, ma che volete che siano, le date?) o ai Borbone (non ci sono dal 1860!); qualche più libresco se la pigliava pure con i Bizantini (gli ultimi, nel 1070). Erano però fenomeni di nicchia, da accademici sconosciuti anche alla cameriera.

Il fenomeno Aprile è quello di attribuire ogni possibile e immaginabile, e, come diremo, inimmaginabile colpa a delle figure per lui e per i lettori anch’esse mitiche, però in qualche modo conosciute: Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Cialdini; Cavour, poco noto; Napoleone III, non pervenuto, mai sentito nominare. S’intende che questi signori sono veramente esistiti, ma l’Aprile poco si cura della loro politica o delle loro gesta e miserie; e mostra palesemente di sconoscere quanto avvenne in Europa e in Italia dal 1854 al 1861. Gli servono dei miti, e Garibaldi è uguale a Sarancune, mostro misterioso di Siderno per spaventare i bambini.

I tre sunnominati, nella penna di Aprile e degli aprilati, sono gli autori di ogni infamia, tra cui una bazzecola come il genocidio del Sud. Quisquiglie, solo lo sterminio dell’intero popolo, dieci milioni di abitanti del cessato Regno Due Sicilie, dagli Abruzzi a Lampedusa. Ovviamente anche lui si rende conto che i nostri avi sopravvissero tutti al 1860; e allora che fa? Prende la parola genocidio e le fa significare tutt’altra cosa; tipo il pollo è uno che miagola, quindi facciamoci gatto allo spiedo.

A questo punto, torniamo alla psicanalisi. Il meridionale, che ha bisogno di un colpevole anche se abbaia il cane di casa, ecco che ha trovato con chi pigliarsela se la Regione Calabria fa schifo dal 1970 (1970, non 1870), se i comuni sono in dissesto, eccetera: la colpa è tutta e solo di Garibaldi e dei Savoia.

Ecco la soluzione, il giallo è risolto, abbiamo trovato l’assassino.

Se c’è l’assassino, c’è un morto. A tale fine, l’Aprile inventa di sana pianta un morto ucciso per rapina, il Meridione ricchissimo e potentissimo e civilissimo e coltissimo e quant’altro vi viene a mente, che una triste mattina e senza motivo, all’improvviso, venne invaso da Garibaldi e Vittorio, che, muniti di cacciavite, smontarono le innumerevoli industrie (eravamo la terza potenza industriale del mondo, no?) e le spedirono a Torino, dove vennero rimontate dai parenti del re.

Ecco la dinamica psicanalitica: eravamo ricchissimi, sono arrivati i cattivi, hanno ammazzato dieci milioni di Meridionali, ci hanno ridotti alla fame. Il Meridione ha qualche colpa in tutto ciò? Mai si dica: per il meridionale la colpa è sempre di qualcun altro: per il marito, della moglie; per la moglie, del marito; se bocciano il figlio, per entrambi la colpa è della scuola.

Corollario importante. Se eravamo ricchissimi nel passato, saremo certamente ricchissimi nel futuro. Qui a dare man forte all’Aprile intervengono i Patruno (qualcuno lo ha sentito a Soverato) e i Ciano (un pinco palla di Gaeta), e il nostro amico Pino Soriero, il cantore epico della glorie di Gioia Tauro. Ci sono cinquecento poveracci in cassa integrazione prossima a finire, a Gioia Tauro, ma Pino Soriero sostiene che con il porto la Calabria arricchirà non solo se stessa ma l’intero Occidente, isole comprese.

Vedete come funziona la psicanalisi del Sud? O invenzione del passato o invenzione del futuro; nel presente, tutti assenti per malattia. È tutta un’orgia di fummo e di saremo. E perché me ne curo? Perché il fummo e il saremo sono una specie di oppio dei popoli alla sardella, che scatenano brevi e violente emozioni, e sostituiscono, con sensazioni fasulle, ogni politica e ogni economia e lavoro.

Sul saremo, posso solo stendere un velo di sorriso come si fa con i bimbi. Sul fummo, e sulle ricchezze perdute, mi basta un solo piccolo spunto di riflessione: in tutta Italia, da Pantelleria a Novara, c’erano nel 1860 meno fabbriche della sola città inglese di Manchester.

Quanto alla storia, dovremmo raccontare la Guerra di Crimea, il Congresso di Parigi, gli accordi di Plombières tra Napoleone III e Cavour, la Seconda guerra d’indipendenza, le annessioni e le cessioni… Ma secondo voi gli aprilati mi stanno a sentire? A loro serve uno spauracchio, Garibaldi Sarancune; o un sogno di edonismo e soldi: bene inteso, senza prestazione d’opera.

Ulderico Nisticò


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