…semplice semplice: per candidarsi a qualsiasi cosa, bisogna raccogliere le firme; tutti, dal primo partito già al potere, al più sconosciuto autocandidato.
A che serve? Serve a costringere tutti a misurarsi davvero, ad esistere davvero in qualche contesto sociale, e non presentare liste e persone di apparato; e che, per qualche meccanismo misterioso, risulteranno elette a traino di qualcun altro.
Premetto che tutti i sistemi elettorali della storia sono imperfetti e lasciano spazio a brogli. Un esempio: quando nel 1860 Cavour vendette Nizza alla Francia, il plebiscito diede il risultato di 43.000 sì su 43.000 elettori. Ahahahahahahah! Ovvero, le urne erano arrivate da Parigi già votate! E i nostri padri Romani, appena fatta la repubblica (510 aC) emanarono diverse leggi de ambitu, sulla campagna elettorale. Fatta a legge… pochi mesi prima di tuonare “Quo usque tandem abutere, Catilina… ”, Cicerone, in veste di avvocato, aveva fatto assolvere Catilina dall’accusa di broglio. Ovvero, la politica è una cosa, la professione è un’altra.
Però la raccolta delle firme costringerebbe i partiti a uscire dal chiuso di stanze e tv, dove oggi vivono. Anzi, se tv e giornali non amplificassero, a scopo cassetta, certe notizie, non se li filerebbe nessuno.
Invece la raccolta delle firme mi consentirebbe di sapere chi sono i candidati alle europee dell’8 e 9 giugno; cioè tra meno di due mesi, e meno di un mese dalla presentazione delle liste.
Delle quali, a oggi 13 aprile, versiamo nella più cupa ignoranza.
Ulderico Nisticò