Povertà in Calabria


 Si scopre che in Calabria c’è la povertà, anzi che aumenta. Ed ecco che si leva un grido di dolore, per esempio quello del sindaco di Catanzaro, che, da uomo di sinistra, invoca l’assistenza. E se proprio qualcuno sta morendo di fame, assistetelo pure!

 E già, ma una cosa è l’assistenza, altra, ben altra e ben peggiore, è l’assistenzialismo; ed è stato l’assistenzialismo tra le cause più evidenti, tra le più determinanti, del fatto che la Calabria è, statistiche alla mano, l’ultima d’Europa o giù di lì.

 Assistenzialismo fu, dagli anni 1950, la creazione artificiosa di posti, che qualcuno ha chiamato, con acutezza, la bidellizzazione della Calabria. Intendo non solo e non tanto i bidelli propriamente detti, oggi collaboratori scolastici, intendo il pullulare di assunzioni in qualsiasi situazione, ospedali o scuole o uffici di ogni genere, dove si notava a colpo d’occhio una netta sproporzione tra gli addetti necessari e quelli superflui e inutili.

 Era palesemente il progetto degasperiano: un Nord produttivo, anche attraendo le forze valide del Sud, e un Sud destinato al consumo; e perché consumasse, assistito a colpi di piccoli ma sicuri stipendi.

 I Meridionali accettarono ben volentieri l’implicita proposta, ed ecco il consenso ai partiti di massa DC, PCI, PSI; o piuttosto ai politicanti X o Y o W o Z, di cui poco e nulla ci si curava di che partito fossero e se lo cambiavano portandosi dietro tutto il codazzo.

 Morì così la politica, mentre moriva quel poco di economia reale che c’era, con l’abbandono dei campi e delle botteghe.

 L’alternativa del turismo, è un sostanziale fallimento di un mese rispetto alle potenzialità di sei e otto.

 Altro che assistenza: la Calabria ha bisogno di lavoro e di produzione. Se poi, nonostante la produzione e il lavoro, restano dei poveri, apriamo le mense sociali, ma purché siano un’eccezione.

Ulderico Nisticò