Immaginate che io, per commentare, che so, Roma – Lazio, usi come termine di confronto una partitella scapoli – ammogliati sulla spiaggia d’estate. Vi mettereste a ridere, vero? Ebbene, è quello che hanno fatto la Bonino e la Bindi e vari altri politicanti quando, a proposito di terroristi e omertà, hanno paragonato Molembeek a Platì.
Platì è un paesello sperduto dell’Aspromonte, con 3000 anime all’anagrafe, probabilmente solo all’anagrafe; e con alcuni casi di mafia. Molembeek è un gigantesco quartiere kasbah di Bruxelles, e si trova a metri 200 dalle istituzioni europee. Da Platì sarà pure partito qualcuno di quelli che i giornalisti pacchiani chiamano “killer”; da Molembeek vengono degli assassini di massa, autori di stragi di decine di persone, e che, per fortuna, hanno pensato bene di farsi esplodere anche loro. A Platì qualche ricercato avrà trovato coperture in una misera cantina; a Molembeek i tagliagole hanno ottenuto complicità di interi quartieri.
Insomma, il paragone è ridicolo.
Fosse solo questo, riderei e basta. Riflettiamo però su questa sventura che incombe sulla Calabria, che il nome della nostra terra e quello di alcuni centri vengano quasi automatici in bocca a pennivendoli e politicanti, sempre e solo per qualcosa di selvaggio e brutale e rozzo e primitivo e schifoso.
Di chi è la colpa? Ma nostra, ovviamente, e soprattutto dei professionisti dell’antimafia segue cena. Di Anime Nere libro e film, che mostrano dei Calabresi praticamente cannibali, e che, dopo tanti anni di Milano, parlano un dialetto fasullo con i sottotitoli in vagamente italiano. È colpa del Giudice meschino, ovviamente ucciso per scontati rifiuti tossici alla Saviano maniera. È colpa della Chaouqui, che prima di finire nelle grinfie della giustizia vaticana, fece carriera vomitando addosso alle donne calabresi.
Insomma, sulla Calabria si spara a bersaglio fermo; e i Calabri pigliano schiaffi in faccia e ringraziano.
Avete mai visto uno di Brembate dire che i Brembatesi usano ammazzare ragazzine? Mai, anzi l’omertà è totale, anche quando trapelò che in quel prato maledetto la povera Yara non è la prima morta. Ma tutti zitti. E invece, vi ricordate quando otto volte al giorno ci parlavano del “piccolo Cocò”, facendo credere al mondo che il passatempo dei Calabresi sia accoppare bambini? A parte che quando si seppe che erano stati non i mafiosi indigeni ma gli zingari, scoppiò una tale botta di politically correct che del povero bimbo non si parla più: guarda caso!
Anche la Sicilia di Montalbano è zeppa di morti ammazzati; e persino la mite Umbria di don Matteo: ma sono conditi con un po’ d’ironia e belle donne, e a nessuno viene a mente “Come Spoleto” quando succede un fatto di sangue. Il guaio della Calabria non è raccontare che ogni tanto Tizio fa la pelle a Caio; e che, barocchi come sono, i Calabresi ne parlano come se fosse l’unico assassinio della storia, e invece Caino era un fratello affezionato ad Abele.
Tutta colpa nostra, a vantaggio di chi ci campa sopra: antimafia segue cena. E comunque lasciatelo dire che Platì, al confronto di Molembeek è una dolce colonia della settecentesca Arcadia. E aggiungo che i pochi carabinieri di Platì sono dei fulmini di guerra, al confronto dell’inefficienza spaventosa delle polizie francese e belga, questa notoriamente oggetto di barzellette.
Ulderico Nisticò