Perché io voto sì al referendum


referendum Ho visto delle foto che dovrebbero attestare un piccolo bagnetto di folla per il sostenitore del no alla riforma costituzionale. Non mi commuovo. Quando ero sia attivista sia dirigente nazionale del MSI, ho visto, e io stesso ho tenuto comizi a folle imponenti, e giù applausi: poi i voti erano circa il 10% dei plaudenti, e il 5 di quelli che negli scompartimenti ferroviari ripetevano che non funzionava niente e ci vorrebbe il duce; e poi votavano, secondo l’interesse, DC o PSI o roba del genere.

 Del resto, la raccolta firme per il no ha dato, in tutta Italia, 380.000, manco i 500.000 previsti dalla legge. Brutto segnale, vero?

 Mi cadono le braccia, però che un movimento sedicente contro tutto e tutti vada in giro a sostenere l’esigenza di mantenere attaccate alla poltrona le terga di trecentotrenta politicanti di mestiere. Ma non posso meravigliarmi dei 5stelle, quando sono per il no persino i miei ex camerati, o quei due gatti che sono rimasti. Lo è anche Berlusconi, ma tranquilli, che tanto i suoi non andranno a votare, ed è come votare sì.

 Ma gli stellati e gli ex camerati, quelli non li capisco proprio. E mi convinco sempre di più che le riforme non si possono fare, e ogni tentativo finisce in un mare di chiacchiere. Vi ricordate la Bicamerale presieduta da D’Alema finita nel vuoto? O mi pare una Bozzi… eccetera.

 Io invece voterò sì, e mille volte sì. I motivi tecnici sono:

  • Mandiamo a casa i suddetti trecentotrenta;
  • Impediamo il ricatto ai trecentotrenta, ogni anno in sede di ex finanziaria oggi legge di stabilità; restano i deputati; ma, ragazzi, una cosa per volta;
  • Evitiamo il buffo rimpallo delle leggi tra le due camere.

 Ma questi sono bruscolini. La verità vera è che io, per le mie premesse filosofiche e ideali (ideologiche sarebbe inesatto), non condivido nulla di una costituzione partitocratica, copiata dalla costituzione della IV repubblica francese, che poi la Francia gettò alle ortiche ed è rimasta a noi.

 Non voglio farla lunga, ma io non posso accettare “l’Italia è una repubblica”; l’Italia è una nazione, non un assetto statale, mutevole per definizione. Né un articolo 11 palesemente in contrasto con il 52; e, se mai, sono mezzo d’accordo con il 52 e per niente con l’11. Quali sono? Studiate, ogni tanto.

 Cattolico praticante, non condivido minimamente l’articolo 7. Se fossi antifascista, quod Deus avertat, non sarei d’accordo che tra i principi fondamentali ce ne sia uno, il 7, firmato da Mussolini, il Concordato del 1929; e certo Mussolini non avrebbe mai messo il Concordato in costituzione. Eccetera.

 Non condividendo dunque nulla della carta del 1948, colgo l’occasione per colpirla in uno dei suoi punti più determinanti: il bicameralismo cosiddetto perfetto; e, di conseguenza, la proliferazione dei parlamentari.

 Non so se sono stato chiaro: e ho dunque ottimi voti per votare un rotondissimo sì.

 Postilla inutile: “ma con il no cade Renzi”. Ragazzi, siccome a destra non c’è niente, anzi non c’è manco una destra, se cade Renzi ci toccano Prodi, De Mita, la Bindi, D’Alema, Bersani, Monti, Letta… No, meno peggio lui, Renzi. Ecco un altro motivo, non dico ottimo, ma sufficiente, per votare sì.

Ulderico Nisticò


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