“Pensieri Nascosti” grande opera monumentale di Cristian Mancuso, in arte Crimasso


Realizzata presso il “Giardino delle Arti” dell’Associazione Karol Wojtyla di Catanzaro

img-20161106-wa0007L’opera “Pensieri Nascosti” di Cristian Mancuso, in arte Crimasso, che è stata realizzata per il “Giardino delle Arti” dell’Associazione Karol Wojtyla di Catanzaro, s’inserisce perfettamente nel contesto ambientale e culturale in cui è stata collocata. In questo spazio espositivo, chi ha presentato i lavori prima di Cristian, ha sviluppato diversi temi contemporanei altrettanto forti come: il femminicidio, lo strozzinaggio, il valore terapeutico degli abbracci, ecc… In questo ultimo caso, lui, ha voluto parlare delle innumerevoli gabbie dentro le quali, spesso, siamo racchiusi senza esserne consapevoli.
Vedere un ombrello in una gabbia a grandezza naturale in ferro battuto, suscita istintivamente la domanda perché? Che ci fa questo in un posto simile? E’ una favola? una follia? Tutto si dipana quando l’artista ci spiega che l’ombrello sono i nostri stessi pensieri negativi fluttuanti, e che la gabbia è la nostra vita in sofferenza che scorre nella sua essenza e nel suo quotidiano. Il contenitore è di colore bianco perché è un colore neutro, mentre l’ombrello è di colore rosso come i nostri tormenti. Il rosso è un colore acceso, violento, dal quale si può capire che spesso viviamo forti paure, forti emozioni, forti dissidi interni. Grandi disagi per le numerosi inquietudini in cui ci imbattiamo tutti i giorni come: angoscia per il futuro, per le guerre, le malattie ed altro.
“Quando si è assaliti da tante brutte ombre”, così si è espresso l’artista, “sarebbe bene parlarne con qualcuno. Dovremmo un po’ esporci e, magari, alla fine si capisce che non è niente di anormale o di così tragico. Anzi, può essere un utile campanello d’allarme dal quale può nascere qualcosa di nuovo e di positivamente inaspettato. Come per esempio nel mio caso dove potevo vergognarmi di questo mio modo di dipingere e disegnare in forma quasi infantile. Uno stile, il mio, che si rifà anche al fumetto e che fa parte delle cose che prediligo in questo periodo della mia età. E che contestualmente fa parte del tempo in cui agiamo dove è molto presente l’arte contemporanea di fronte la quale la comunità civile, in genere, è molto critica.
Bisogna andare avanti, esporsi, sporcarsi le mani, non pensare a chi ci critica, perché alla fine, da tutto ciò, possono nascere delle esperienze e delle opportunità nuove e condivisibili”.
La gabbia che imprigiona l’opera dell’artista, è facile paragonarla a quando siamo presi troppo dal nostro lavoro, dalla bramosia per il successo, dall’invidia, dall’essere sopraffatti dalle prepotenze altrui; dall’essere incontentabili di fronte a tutto. Oppure quando siamo soggiogati delle innumerevoli dipendenze che attanagliano l’umanità: alcool, droga, sesso a pagamento, ecc… Di fronte a tanto dolore e a tanta tristezza, nell’opera, il giovane creativo, inserisce una via d’uscita. Questa è una piccola chiave posta all’interno dell’ombrello stesso che ci dice che alla fine tutti abbiamo innumerevoli possibilità per farcela, per venirne fuori, per salvarci. Tanto più perché queste scappatoie, a volte, sono molto semplici e presenti perfino sotto il nostro stesso naso. Queste vie alternative bisogna cercarle tenacemente perché al di là della gabbia c’è la libertà, una dimensione che non ha prezzo, che non ha pari. Ineguagliabile. Che ha lo sguardo del sorriso sincero dei fanciulli e l’ebbrezza della giovinezza. Una dimensione Alta che vale veramente la pena d’essere inseguita, desiderata e vissuta.


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