Patriarcato non significa maschilismo e violenza


 La parola patriarca nasce nel linguaggio biblico, riferita a figure simboliche più che mitologiche, e che cominciano divenire storiche con Abramo e le sue vicende umane. In latino, ma in tutt’altro contesto, si direbbe paterfamilias: padre e signore di una gens, di cui assume non tanto diritti quanto doveri di disciplina e difesa ed educazione. Il paterfamilias è dominus di tutta la gens, inclusi i figli maschi anche adulti. Come poi andassero le cose, le cronache romane ci riservano molte sorprese: ma il concetto di paterfamilias è quello. È il vecchio Papirio che, in Roma invasa dai Galli, rimase così fermo da essere scambiato per una statua. È Cincinnato, che arava, smise di arare, vestì la toga, assunse la dittatura, vinse la guerra e tornò ad arare, il tutto in due settimane; e per lui queste operazioni – arare, la toga, la dittatura, la guerra, arare di nuovo – non erano gesta eroiche ed esaltanti bensì normali e quotidiane attività di civis Romanus, da affrontare tutte con la stessa faccia dalle scarse emozioni. Ecco cos’è il patriarcato.

 Ora, ditemi la verità: chi di voi affiderebbe a Filippo la dittatura, la guerra e l’aratura, e un qualsiasi altro compito serio? Fate un’operazione di fisiognomica, e, se la faccia è specchio dell’anima, arrivate veloci alla conclusione che è il contrario di Cincinnato e di Papirio e Abramo e patriarchi vari. Pathicus, in latino, dal greco παθικός, che significa ipersensibile, incapace di controllarsi e di controllare le emozioni.

 La raffica di “bravo ragazzo e studioso”… ci manca solamente “solare”, che stavolta nessuno ha osato… Non è possibile che nessuno si sia mai accorto delle sue stranezze (πάθος), culminate con l’incontro romantico munito di coltello, e nell’omicidio, con fuga senza meta in tutta Europa. E costui sarebbe un patriarca cui affidare la dittatura e l’aratura?

 Di “patici”, e senza arrivare alla psichiatria, ce ne sono troppi, e non solo assassini di donne; le cronache sono zeppe di suicidi e drogati e sballi eccetera. Bisogna provvedere, ma non certo con parole.

 Temo, per triste esperienza, una bella “educazione sentimentale” a scuola, come, anni fa “l’educazione alla salute”, con diluvi di chiacchiere a ruota libera, e parallelo grande giro di soldi a vantaggio di pseudoesperti e di “noti alberghi cittadini”. E temi in classe contro la violenza sulle donne… portati già copiati in bella da casa, tanto la traccia è la stessa della mamma.

 E non mi toccate i programmi scolastici. Ragazzi, guardate che il 49% di ogni letteratura è guerra, e l’altro 49% sono esattamente amori impossibili e sbagliati tipo Dante e Beatrice, Petrarca e Laura, non per dire di Sivia e Leopardi. Il rimanente 2% è la Vispa Teresa, però senza le versioni goliardiche, che vi racconto in privato: quindi manco quella.

 Che fare? Intanto, una procedura rapida, in caso di denunzia (motivata, s’intende!!!), senza aspettare prima e seconda istanza, Cassazione che ormai è terza, e Corte siderale dei diritti del gatto… diffida di polizia, e davvero. In almeno due terzi dei casi, funziona.

 Infine, un poco di sana cristiana prudenza. Non è vero che tutti i ragazzi sono solari e buoni e simpatici, e si possono frequentare. Anzi, da che mondo è mondo, i ragazzotti maschietti troppo bravi…

 I patriarchi romani erano più sicuri, che fingevano di rapire la sposa, ma solo per rispetto delle Sabine; le più famose rapite volontarie della storia, dopo Elena.

Ulderico Nisticò