Parcheggio selvaggio in condominio? Condannato chi parcheggia sempre nel posto degli altri condomini


Importante sentenza della Corte di Cassazione sulla questione liti nel condominio per il parcheggio selvaggio. Avete presente le liti, spesso roventi, nelle assemblee condominiali per i posti auto? In certi casi si è persino temuto per l’incolumità dei partecipanti, ma in futuro le cose dovrebbero ammorbidirsi. Infatti la sentenza 50787/23 della quinta sezione della Corte di Cassazione pubblicata ieri 20 dicembre 2023 ha fissato un importante paletto che d’ora in poi limiterà litigi e discussioni.

Nello specifico la Cassazione ammonisce alla civiltà e all’educazione nei condomini. Rischia infatti una condanna per violenza privata e un salato risarcimento del danno chi parcheggia sempre nel posto degli altri condomini. In primo luogo gli Ermellini hanno chiarito che per la configurazione del delitto di violenza privata è sufficiente la coscienza e volontà di costringere taluno, con violenza o minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa senza che sia necessario il concorso di un fine particolare.

Ecco perché secondo la quinta sezione penale la corte territoriale, con motivazione corretta, logica e completa, ha evidenziato che l’episodio risalente a luglio 2015, non riportato nell’imputazione, rappresentava, alla luce delle risultanze istruttorie, individuate nelle dichiarazioni rese dai testi, nelle deposizioni delle vittime e nei rilievi fotografici, un elemento di conforto alla «premeditata abitualità» e «pervicace volontà» dell’imputato di ostruire il passaggio agli altri. Ma non è tutto.

A incastrare l’uomo la dichiarazione della persona offesa dal reato. Una testimonianza sufficiente ad avviso della Corte. Ad avviso del Collegio di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Tale dichiarazione «può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni», per cui solo qualora la persona offesa sia costituita parte civile e, perciò, sia portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità deve essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone”.