Queste righe sono dedicate ai tantissimi che, ignorando la storia passata e sotto l’emozione di notizie stampa e tv, pensano di vivere in un’epoca violenta. E invece in questo 2019 quasi 20 non succede quasi mai nulla, giusto qualche pettegolezzo e delle insulse crisi di governo. Gli storiografi, incluso chi vi parla, non hanno niente da raccontare, e sono come gli oratori secondo Tacito: nella pace e nel buon governo dell’Impero, parlano di nulla e senza ira e passione.
Bei tempi, Umanesimo e Rinascimento, che ci hanno lasciato monumenti e quadri e statue e poemi e poesie e filosofia a quintalate, e tali e tanti che tutta assieme la produzione culturale di oggi nel mondo intero non arriva, per qualità, manco al 5% del XV e XVI secolo; e quella italiana, 0.5. Verissimo: ma basta aver visto “I Medici” per aver appreso che si ammazzavano tutti a vicenda: tutti, inclusi poeti e papi e filosofi. Oggi i Medici, i Pazzi, i Salviati, i Riario, gli Sforza, gli Aragona, eccetera, sarebbero in galera!
Nota importante: tutti costoro erano persone di squisita cultura! Quanto a Lorenzo, mirava alla pace d’Italia, ma non era minimamente un pacifista; e usava, all’occorrenza, la guerra.
In quel tempo burrascoso, una sola eccezione, e davvero curiosa: il calabrese Cicco Simonetta, ministro di Francesco Sforza poi duca di Milano, e dopo l’assassinio (siamo sempre lì!) del successore Gian Galeazzo, governatore dello Stato; che ebbe nelle mani Ludovico il Moro, pretendente al trono, e si contentò di esiliarlo invece di risolvere il problema alla radice; quello tornò, e nel 1480 lo mise a morte. Se Cicco fosse stato più calabrese e più vicino alle abitudini del suo tempo, avrebbe eliminato il Moro, e salvato la propria testa, e con essa l’intera Italia. Ludovico, infatti, provocherà l’invasione francese del 1494, con la serie di disgrazie nazionali che seguirono, e che tutt’oggi continuano.
Cicco a parte, gli altri furono, come si vede, molto vivaci in vita e morte. E le altre, non di meno. La diafana Caterina Sforza, allora maritata Riario; dopo la morte, ovviamente violenta, del marito, maritata Giacomo de Feo, morto ucciso anche lui; infine sposata a Giovanni de’ Medici il Popolano, fu madre, tenetevi forte, di Giovanni delle Bande Nere; e nonna di Cosimo I granduca di Toscana. Un episodio illuminante: quando dei ribelli la assediavano in Forlì, minacciarono di uccidere i suoi figli; Caterina si tirò su la gonna, e, mostrando l’occorrente, rispose: Ne farò altri! La chiamavano Tigre.
Altro che violenze, in questo dolciastro XXI secolo in cui noiosamente viviamo, anzi sopravviviamo; e perciò non ci sono poesie, tragedie, poemi… e le chiese paiono fienili; e i ponti degli archistar, crollano.
Del resto, ripassatevi la migliore storia e letteratura di Roma, quella del I secolo a. C. Morirono quasi tutti ammazzati: Catilina, Crasso, Pompeo, Cesare, Cicerone; o suicidi: Lucrezio, Bruto, Cassio, Antonio, Cleopatra, Catone Uticense; o depressi per amore sbagliato come Catullo. Ottaviano, che non aveva grilli per la testa, nacque nel 63 a.C. e morì nel 14 d.C., dunque li seppellì tutti, inclusi Virgilio, Orazio, Mecenate deceduti per cause naturali. Del trapasso di Cicerone, Bruto, Cassio, Antonio e Cleopatra fu causa diretta.
Quelli ero tempi interessanti, ragazzi!
Ulderico Nisticò