Non solo la matrigna di Biancaneve, asseriva il filosofo tedesco Nietzsche, ma ogni madre è fata, strega, Medusa e serpente. Sembra, infatti, che la famosa favola di Biancaneve avesse ben altro finale: l’assassinio di Biancaneve per mano di colei che non era affatto la matrigna bensì la sua vera madre. Era questo il racconto originale di Jacob e Wilelm, che sicuramente non avrebbero avuto alcuno scrupolo a pubblicarlo se avessero conosciuto la società del III millennio. Il timore dei Grimm, che li portò a dare alla favola un finale diverso, era che l’immaginario collettivo (di bambini e famiglie) potesse essere sconvolto e subire un trauma a leggere una violenza tanto innaturale e brutale, ossia l’uccisione di una figlia ad opera di una madre cinica e cattiva. Altro che matrigna! Ma nella società del primo ‘800, non ancora adusa ai fatti di cronaca di casa nostra (stupri ed infanticidi, matricidi e parricidi, ecc.) sembrava inaccettabile ai Grimm dare in pasto a minori e alle loro famiglie un racconto spietato e tragicamente inumano. Molto meglio, dunque, riscrivere la storia con la madre di Biancaneve che muore di parto ed il marito che si risposa con una donna bella e crudele, un’aristocratica dedita alla magia nera, del tutto priva di sentimenti materni e, quindi, più “consona” a commettere azioni indegne. Sarà lei, quindi, invidiosa dell’ingenua bellezza della figlia, ad offrirle la mela avvelenata. Questo è quanto ha raccontato, alcuni anni fa, Heinrich Dickerhoff, presidente della “Società europea della favola”, agli oltre 400 studiosi riuniti in una conferenza a Postdam, spiegando la metamorfosi del racconto comparso nelle “Favole per bambini e famiglie”, dei Grimm, pubblicato in Germania nel 1812. Insomma, già duecento anni fa, anche il mito della madre “regina della casa”, “angelo del focolare”, aveva ricevuto un brutto colpo, prima di essere abbattuto in questi primi anni del nuovo secolo. A parte Biancaneve, altre favole (La bella addormentata) hanno subito “correzioni” postumi e dagli autori e da successivi utilizzatori delle stesse per fini spettacolari più aderenti a quello che oggi é chiamato “politically correct” o anche per adeguarle alle esigenze ed ai desideri del pubblico. La Walt Disney è, probabilmente, quella che ha più modificato moltissime favole a scopi cinematografici, portando beninteso sullo schermo capolavori immortali dell’animazione. Nella favola di Biancaneve, tuttavia, secondo Nietzsche, si condensa l’ambivalenza emotiva in cui la bambina vede nella madre una donna bellissima e desidera ardentemente essere bella come lei. Anzi, quando si accorge che è ancora più bella, la fanciulla detronizza la madre e la fa invecchiare prima del tempo, quasi augurandosi la sua morte prematura. Per il filosofo, la matrigna di Biancaneve equivale alla mitica Medusa, una delle Gorgoni, rappresentata con terribili serpenti al posto dei capelli, figlia del mostro marino Ceto; sia lei sia la madre erano definite “dal bel volto”. Da qui, si arriva all’equazione: donne bellissime = tentatrici = streghe = mostri. Quindi una donna molto bella, la madre di Biancaneve, una strega, diventa una vecchia orripilante e tenta la fanciulla con una mela: una sorta di trasfigurazione con il biblico serpente, che fece la stessa cosa con Eva. Per tornare alle “manipolazioni estetiche”, non fu per niente il bacio del principe a far tornare in vita Biancaneve ma, secondo il racconto originale tedesco, la sbadataggine dei servi che, mentre stavano trasportando la bara di cristallo verso il palazzo, inciamparono; la bara cadde e “per l’urto il pezzo di mela avvelenata che Biancaneve aveva inghiottito le uscì dalla gola. Ella tornò in vita…”. La stessa matrigna fece una brutta fine, proprio durante la festa per le nozze dei due giovani, dopo essere stata costretta a calzare delle pantofole di ferro arroventate e a ballare per ore sino a stramazzare morta al suolo con i piedi bruciati. Un finale non proprio pedagogico e pacificatore, vendicativo anzi, più vicino a racconti horror.
Adriano V Pirillo