È stato condannato a 30 anni di carcere il boss Tommaso Costa, esponente di spicco della ‘ndrangheta di Siderno. Lo ha deciso il gup del Tribunale di Reggio Calabria Valerio Trovato accogliendo la richiesta dei pm Giovanni Calamita e Diego Capece Minutolo al termine del processo sull’omicidio di Vincenzo Figliomeni, detto il “Brigante”, ucciso il 10 novembre 1988 con tre colpi di fucile caricato a pallettoni, di cui due andati a segno.
Il processo nasce da un’inchiesta della squadra mobile di Reggio Calabria, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo, che a distanza di oltre trent’anni ha fatto luce su un delitto consumato nella faida tra la cosca Costa e i Commisso per il predominio della cittadina della Locride. Stando all’ordinanza di custodia cautelare eseguita nel febbraio 2019, il movente era da rintracciarsi “nella doppia causale della vendetta personale e ‘familiare’ maturata da Costa Tommaso nei confronti dei soggetti responsabili degli omicidi che hanno colpito i membri della famiglia Costa”.
È stato condannato per associazione mafiosa a 6 anni di carcere anche il collaboratore di giustizia Giuseppe Costa, fratello del boss. Oltre a quelle del collaboratore Crocifisso Casalini, autista dei Costa durante la guerra di mafia a Siderno, sono state le dichiarazioni del pentito Giuseppe Costa a consentire alla Dda di dimostrare la responsabilità di suo fratello Tommaso Costa.
“Mio fratello diceva espressamente – aveva fatto mettere a verbale il collaboratore di giustizia – che voleva vendicare mio fratello Luciano uccidendo il Figliomeni Vincenzo, io invece ero d’accordo per la vendetta, ma volevo indirizzarla verso coloro che per me erano i veri colpevoli. Sta di fatto che, a mia insaputa, mio fratello Tommaso… andò a fare questo omicidio che poi spostò gli equilibri della guerra in favore dei Commisso, perché il gruppo Rumbo-Figliomeni-Galea che stava per passare con noi, dopo questo omicidio si schierò decisamente e definitivamente con i Commisso”.