Fra gli imprenditori coinvolti c’è anche il deputato leghista calabrese, Domenico Furgiuele, ex amministratore e titolare della maggioranza delle quote della Terina costruzioni, che si è affrettato ad abbandonare due mesi dopo l’elezione in Parlamento. Proprio per questo, la misura del divieto di esercitare attività imprenditoriale per 12 mesi chiesta dai magistrati della procura antimafia di Reggio Calabria è stata revocata.
Tuttavia, Furgiuele rimane indagato per due gare d’appalto, quella per l’eliporto dell’Ospedale di Polistena e quella per il ripristino della viabilità a Bandina, nei pressi di San Giorgio Morgeto.
In entrambi i casi – affermano il procuratore aggiunto Gaetano Paci e il pm Gianluca Gelso, che con il coordinamento del procuratore capo Giovanni Bombardieri hanno diretto l’indagine – avrebbe messo la sua società a disposizione delle manovre ordite dai Bagalà, espressione economica del clan Piromalli, per “aggiustare” le gare d’appalto.
Il metodo messo a punto variava, ma il risultato era sempre lo stesso. Per ogni lavoro messo a gara, le 60 imprese del cartello, riunite in Ati o Rti, presentavano offerte già in precedenza concordate, in modo da far aggiudicare i lavori a una di quelle del gruppo. Oppure le buste venivano consegnate in bianco e compilate da chi di dovere. Quando l’appalto toccava ad una delle imprese direttamente controllate dai Piromalli, o dal loro braccio operativo, il clan Bagalà, erano loro stessi a eseguire i lavori, altrimenti subentravano con i classici noli o attraverso le procure speciali rilasciate ai loro uomini di fiducia.