Sono tra quelli che se n’è andato. Non perché ho la puzza sotto il naso. Sono andato via a 19 anni a studiare fuori, e, ahimè, non sono più tornato. Perché? Perché ho trovato lavoro qui (anche se il qui, per il mestiere che faccio, mi porta a girare parecchio).
Ora sono tra quelli che nella sua terra, il posto che quando parla con chiunque definisce Casa, ci torna due/tre volte l’anno. A Natale, per qualche occasione, e d’estate.
Per cui sulla carta sono un turista. Uno di quelli che, a sentire certi intellettuali, dovrebbe andarsene in una qualsiasi spiaggia attrezzata, a spendere soldi, sposando l’ideale briatoresco secondo cui solo chi viene (o va, punti di vista) a spendere soldi ha diritto di fare il turista.
Io dello spot di Muccino sono venuto a conoscenza grazie ai social, e me lo sono andato a vedere, per capire da dove piovesse tutta questa indignazione.
Certo, il corto è stato pagato da qualcuno, sicuramente per promuovere la nostra (lo posso dire nostra? o devo dire vostra, non avendo io altro diritto che i natali, ed esservi cresciuto) bella regione, per cui l’intellettuale di turno si sente oltraggiato dal fatto che ne sia venuta fuori un’immagine bucolica, che punta molto sulle bellezze naturali, stereotipando un certo tipo di popolazione, sempre a detta di chi è intellettuale.
Avrebbe a suo dire dovuto mostrare le spiagge attrezzate, vero… ma perché non ci mettiamo dentro anche la spazzatura non raccolta o gettata a bordo strada e l’acqua ad intermittenza? Se dobbiamo far vedere l’efficenza, facciamo vedere la vera efficenza (e non limitiamoci a dire che la spazzatura c’era solo in quel paese o l’acqua mancava solo in quel quartiere, è tutta Calabria, nono solo il lungomare di Reggio o la passeggiata di… boh paese a caso, sono tutte bellissime).
Il corto di Muccino, che è un regista, un’artista, che è quindi libero di interpretare un certo messaggio, checché ne dicano critici ed esperti di settore, strizza l’occhio a chi associa alla Calabria, i colori, i sapori e gli odori di una volta.
Parla del bergamotto e degli agrumi, e non della ‘Nduja, perché se parli di agrumi, vengono alla mente non solo immagini, ma anche profumi, sapori.
Ma l’intellettuale pretende che si reclamizzi, non so… il tonno Callipo, che sarà anche un’eccellenza (e quale orgoglio ho provato, quando girando nell’aeroporto di Detroit, in attesa del mio volo, l’ho trovato nella vetrina di un negozio), ma che nella sua scatoletta di metallo, ha davvero pochissimo di poetico.
Parla del fico perché ancora una volta, richiama non solo ricordi visivi, ma anche tattili, il calore dell’estate, la consistenza della polpa, cosa che un sublime piatto di stroncatura, non si può evocare, perché lo mangi con la forchetta, non lo prendi tra le mani.
E poi la spiaggia nel cui mare smeraldo si tuffano i due protagonisti, solo un folle come Briatore la vedrebbe “attrezzata”. Anche lì l’immagine, romantica, richiama il profumo del mare, il rumore placido dell’acqua, che si contrappone agli schiamazzi dei balli di gruppo e delle sedute di ginnastica acquatica, tipici degli stabilimenti balneari, che per carità, non necessariamente sono una cosa negativa, ma che, ancora una volta di poetico, di “artistico” hanno praticamente zero.
Lo spot è volutamente nostalgico, per cui non mette pubblicità occulte (a parte l’anacronistico fuoristrada ex-americano ora italo-olandese/francese) ma fa largo uso di immagini che stimolino tutti i sensi, coinvolgendo appunto i ricordi.
Io nel vederlo mi sono ricordato dei gelsi che costeggiavano la SS106 andando verso Sant’Andrea (ero poco più di un bambino quando li tagliarono). Mi ricordo dell’ampio frutteto tra la “Nazionale” e la “Superstrada” a Montepaone lido, oggi molto ridotto. E mi ricordo il mare “libero” prima che cominciasse la stagione turistica.
Personalmente a me il corto di Muccino fa venire voglia di tornare in Calabria.
Ma si sa, io non sono il benvenuto, perché non sono il turista descritto da Briatore. Sono solo uno che ama la terra in cui è nato, e ci ritorna (volentieri) per ritrovare affetti e ricordi.
D’altra parte… De gustibus!
Antonio Scopelliti