“In un simile contesto, ogni iniziativa volta a modificare le misure di contrasto all’epidemia non possono che essere frutto di un’istruttoria articolata, che nel caso di specie non sussiste”.
È questa una delle motivazioni in base a cui il Tar Calabria oggi, accogliendo il ricorso del governo, ha annullato l’ordinanza 37 del 29 aprile del presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, nella parte in cui consentiva l’apertura ai tavoli esterni di bar e ristoranti. Nella decisione, il Tar – presidente Giancarlo Pennetti, relatore Francesco Tallaro – ritiene fondati i motivi di ricorso presentati dal governo, in particolare il motivo per cui l’ordinanza del presidente della Regione Calabria “sarebbe priva di un’adeguata motivazione, non sarebbe stata supportata da una valida istruttoria, sarebbe illogica e irrazionale”.
Secondo i giudici amministrativi: “l’ordinanza regionale motiva la nuova deroga alla sospensione dell’attività di ristorazione, mediante l’autorizzazione al servizio al tavolo, con il mero riferimento del rilevato valore di replicazione del virus Covid-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia. È però ormai fatto notorio – spiega il Tar Calabria nell’odierna sentenza breve – che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale, nonché l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale)”.
Il Tar osserva infatti che: “non a caso, le restrizioni dovute alla necessità di contenere l’epidemia sono state adottate, e vengono in questa seconda fase rimosse, gradualmente, in modo che si possa misurare, di volta in volta, la curvatura assunta dall’epidemia in conseguenza delle variazioni nella misura delle interazioni sociali. Un tale modus operandi appare senza dubbio coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria quale quello in atto, dovuta alla circolazione di un virus, sul cui comportamento non esistono certezze nella stessa comunità scientifica”.
Il Tar Calabria, quindi, avverte che “detto principio, per cui ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche deve necessariamente presidiare un ambito così delicato per la salute di ogni cittadino come è quello della prevenzione. È chiaro che, in un simile contesto, ogni iniziativa volta a modificare le misure di contrasto all’epidemia – evidenziano i giudici amministrativi – non possono che essere frutto di un’istruttoria articolata, che nel caso di specie non sussiste”.