C’è un prima è dopo a Costigliole d’Asti, comune di meno di 6 mila abitanti abitanti della provincia di Asti, in Piemonte. Un prima e dopo il 3 maggio 2018. A evidenziarlo in un articolo dal titolo: “L’allarme della Dia: «Così la ‘ndrangheta influenza i Comuni» è il quotidiano La Stampa, edizione di Asti. Fino a quella data, le minacce, le sparatorie e le prepotenze non sembravano vicende preoccupanti, legate alla criminalità organizzata.
«Qui sanno tutti chi comanda», dicevano al telefono alcuni personaggi, che non sapevano di essere intercettati dai carabinieri. Poi, appunto, è arrivato il 3 maggio 2018 con gli arresti a cui sono seguite le sentenze sentenze. Da lì in avanti si «è scoperto – scrive La Stampa – che alcune famiglie legate alla ‘ndrangheta si erano insediate tra le colline per spadroneggiare. Da anni. Creando un «locale», una sorta di struttura criminale territoriale in franchising».
L’ultima relazione semestrale della Dia che sottolinea le ramificazione della criminalità a livello nazionale mette in luce proprio Asti. «Per quanto concerne la provincia astigiana – viene riportato nella relazione – è emerso il locale di Asti, espressione di esponenti delle famiglie Emma, Stambè, Catarisano».
Con atteggiamenti da boss, riporta l’articolo, «chiedevano soldi, assunzioni. Impartivano lezioni di giustizia ai ladruncoli che non rispettavano la sovranità locale, permettendosi di delinquere senza chiedere l’autorizzazione. Si prestavano a fare da “mano violenta” agli imprenditori della zona in lite con i rivali». Pochi giorni fa la Cassazione ha confermato le accuse a quattro imputati, «gregari» dei clan.
Tutti condannati in via definitiva. Tra questi figura Sandro Caruso, allenatore e factotum del campo sportivo di Costigliole per anni, prima del 2018. «Proprio gli impianti erano un luogo di ritrovo così amato dagli affiliati, per far sentire la loro presenza. Perché tramite lo sport si poteva controllare tutto il resto, allungare le pretese sulla comunità, e puntare al condizionamento dell’amministrazione locale». I giudici nelle sentenze hanno parlato chiaramente di «tentativo di sostituirsi all’amministrazione locale», tacciando anche l’ex sindaco di immobilismo: «anche il rappresentante più autorevole del territorio aveva paura degli Stambè».
«Le indagini eseguite nei confronti di formazioni ‘ndranghetiste operanti in Piemonte e Valle d’Aosta – scrivono sempre gli analisti dell’antimafia – hanno documentato, infatti, la commistione tra esponenti della criminalità calabrese e rappresentanti dell’imprenditoria locale, nonché il tentativo di coinvolgere rappresentanti delle amministrazioni locali».