Nel 2018, cinque anni fa, venne istituita la Zona Economica Speciale (ZES). In questo lustro, ridde di commissari, attività zero, tranne quella in cui la Calabria e il Meridione eccellono: chiacchiere e tabacchiere di legno. Come dicono gli Spagnoli, Plumas y palabras el viento las lleva.
Ora il governo istituisce una ZES di tutto il Meridione, Sicilia e Sardegna. In pratica, sono sgravi fiscali per chi investe e assume a Sud, e simili utili misure.
Utili, però, se arriveranno (cito Callipo) degli imprenditori e non dei prenditori, che facciano (cito de Virgilio) come Isotta Fraschini, Pomigliano, SIR, Saline etc: industrie fasulle nate morte e con la precisa volontà che morissero subito e qualcuno scappasse con i soldi. Chi investe nella Maxizes, deve impegnarsi a lavorare per almeno dieci anni, o non vede una lira.
E niente voli di fantasia: il Sud deve produrre cose reali e non sogni per le prime pagine dei giornali come la famosa automobile di Gioia Tauro, che poi non fabbricò manco un triciclo per bambini. Agricoltura, industria, artigianato, turismo, cultura… insomma, lavoro. Lavoro, non posto fisso.
Lavoro, cioè 99 operai e un dirigente; e non, come ai bei tempi della Prima Repubblica e seguente, un operaio subito malato e 99 passacarte e direttori.
Io sono favorevole alla ZES Meridione, però ho messo le mani avanti, ben conscendo quali trappole si nascondono sempre sotto gli interventi straordinari.
Occorrono modifiche profonde del tessuto sociale. Faccio l’esempio della scuola: ci servono meno avvocati e, soprattutto, meno grecisti e storici spessissimo fasulli; e più tecnici.
Per governare politicamente la ZES Meridione occorre un’entità amministrativa Meridione, quindi la Macroregione, che, per quanto ci riguarda, vedo nelle attuali Regioni Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria; la ZES comprende anche l’Abruzzo, e ne possiamo discutere. Sicilia e Sardegna sono storie a parte.
Ulderico Nisticò