Leggete questa storiella, nel XII delle Storie di Eliano: – Dicono che Milone di Crotone, quando era superbo per la forza del corpo, s’imbatté nel mandriano Titormo. Meravigliandosi si vedere Titormo grande di corpo, voleva aver prova della sua forza. Ma Titorno diceva di non aver grande forza, però, sceso nell’Eveno e tolta la veste, prende una pietra grandissima, e prima la trasse a sé, poi la scagliò, e lo fece due o tre volte, e dopo la sollevò fino alle ginocchia, infine, postala sulle spalle, la portò per otto orge, e la scagliò; e Milone di Crotone a stento mosse la pietra. Quindi andò nella mandria, e, stando in mezzo, prese dalla zampa un toro selvatico; quello cercava di liberarsi, ma non poteva. Avvicinandosi un altro, presolo con l’altra mano dalla zampa, allo stesso modo lo tratteneva. Visto ciò, Milone, levate al cielo le mani, diceva: “O Zeus, hai generato per noi un altro Ercole?” Da allora dicono che si usa questo detto: “Questo è un altro Ercole”.
Ora fate la tara delle elleniche esagerazioni, però non c’è dubbio che Titorno era un uomo fortissimo e gigantesco. Solo che, senza questo aneddoto giunto chissà come ai secoli futuri, nessuno avrebbe mai saputo niente nemmeno della sua esistenza; mentre tutti sanno che Milone vinse non so quante Olimpiadi eccetera.
Attenti qui. Milone non partiva per Olimpia a caso, o magari a passaggi e presentandosi con le mani in tasca per partecipare. E nemmeno le Olimpiadi erano una situazione di sfaccendati capitati per caso, bensì un’organizzazione che durò secoli, e dal 776 faceva anche da calendario dei Greci; e le presiedeva la commissione degli Ellanodikai, contro le frodi sportive, che c’erano, e di cui fu vittima, sulle prime, anche il nostro Eutimo. Gli atleti rappresentavano le città, e le città provvedevano al loro mantenimento e addestramento, e alle spese di viaggio; e, in caso di vittoria, a pagare profumatamente i poeti: beati loro! I poeti, voglio dire.
Milone dunque partecipò, e Titorno rimase sulla Sila a guardare i bovini. Eppure, come leggiamo, era molto più forte.
Conclusione che riguarda soprattutto il Sud e la Calabria di oggi. Noi siamo zeppi di “persone intelligenti”, Titorni del pensiero e, almeno sulle prime, Titornissimi dell’istruzione; che però restano sconosciuti, anzi, come il Titorno di cui sopra, manco mettono in evidenza le loro qualità. E, con gli anni, anche l’istruzione se la scordano; e comunque è roba passata e non più attuale e tanto meno futura.
La città – cioè, nel nostro caso, la comunità calabrese – nulla fa per valorizzare e utilizzare i bravi; anzi, se uno ci prova, scatta subito una sordida invidia, un frapporre ostacoli.
Corollario. Qualche giorno fa mi hanno raccontato di un bravo artigiano che, quando lavorava, non voleva nessuno intorno, nemmeno i figli, per gelosia del mestiere. Se aveva dei segreti importanti dell’arte, se li è portati in Paradiso, dove gli artigiani non servono.
Ecco una delle cause del nostro essere 220ma, la Calabria, su 234 regioni: non ci manca l’intelligenza, ci manca l’organizzazione; e senza l’organizzazione non c’è progresso. Infatti…
Ulderico Nisticò