Magna Grecia vera e Magna Grecia immaginaria


 È sempre più urgente pubblicare, quasi in forma ufficiale, una storia organica dei Greci in “Calabria”, detti sbrigativamente Magna Grecia, non si sa perché ma in latino, e persino Graecia. Misteri calabri!

 Una storia che sia documentata con la lettura diretta delle fonti in greco e in latino e non con vaghe reminiscenze di liceo; che sia deideologizzata, quindi che racconti la verità e non faccia della MG un santino consolatorio e buonista; e che sia spiegata nel contesto del Mediterraneo fenicio, greco, infine romano. Chi non sa fare questo, è meglio che non si curi di storia, e si dedichi ad altro.

 Italo, di cui parlano molti antichi, creò uno Stato come si creano tutti gli Stati dell’umana storia: con la politica e con la forza. Per esattezza, leggiamo “bia”, che vuol dire costrizione e violenza. Che il suo fosse uno Stato “democratico” è un’invenzione di sanissima pianta, lontana dalle fonti. Come spesso, resta dubbio se Italo diede il nome agli Itali, oppure gli Itali si crearono un eponimo Italo; lo stesso per Romolo e Roma, eccetera. Verso il IV secolo aC, i Greci della poi Calabria sono chiamati Italiotai. Il nome d’Italia giunge alle Alpi con Augusto.

 Torniamo a noi. Le colonie greche sono “ap-oikìai”, cioè trasferimenti di popolazione da città troppo popolate e in eterno conflitto sociale. Alla fine dell’VIII secolo, troviamo Sibari, Crotone, Reggio, Locri, erette quasi in contemporanea, e sempre sotto una qualche direzione, rappresentata dall’oracolo. Solo Locri deve combattere contro i Siculi. Avvengono fusioni tra Greci e popolazioni preesistenti, bene attestate dall’orfismo.

 Il VII e VI secolo furono periodi di prosperità, donde l’espressione Megale Hellàs: non abbiamo contezza su quando sia nata e cosa significasse (il primo a parlarne è Polibio, nel II aC), ma dovette piacere, e la troviamo in Cicerone. Vanno ricordati Stesicoro di Medma, Ibico di Reggio, gli Eleatici, i medici di Crotone, gli atleti…

 Non durò molto. Alla metà del VI secolo, gli achei di Sibari, Crotone e Metaponto distruggono la ionica Siri. Crotone attacca Locri con la stessa intenzione, ma subisce una durissima sconfitta alla Sagra. Nel 510, su istigazione di Pitagora, Crotone attacca Sibari (o il contrario: ma tutte le guerre sono accompagnate da un rimpallo di colpe!) e la distrugge. Follia, che priva la grecità di un centro importantissimo; e solo in parte si ripara con Thuri, colonia panellenica del 444/3 aC.

 Cause di queste guerre sono la ristrettezza del territorio “calabrese” (donde le subcolonie sul Tirreno), e i conflitti interni. La storia di Crotone, in particolare, si può leggere come uno scontro tra ceti sociali che si protrarrà nei millenni… fin quando ci furono le industrie.

 Nel IV secolo, gli Italioti si scontrano ferocemente con i Siceliotai di Dionisio il Vecchio, il quale distrugge Reggio, Kaulonia, Ipponio. Se fossimo in America, sull’assedio di Reggio narrato da Diodoro avrebbero girato un centinaio di film. A Reggio non c’è manco una via Fitone.

 Si affacciano intanto i Lucani e i Bruzi. È contro di loro che Thuri, per prima, invoca l’aiuto dei Romani. Questi volgono lo sguardo al Meridione e al Mediterraneo, ponendo fine alla secolare alleanza con Cartagine. Gli ultimissimi anni della II punica vedono Annibale ritirarsi in un accampamento (Castra Hannibalis) e combattere, sporadicamente, tra Crotone e Locri: da Poliporto passò tre volte. Costretto a tornare in Africa, dove nel 202 sarà sconfitto da Scipione (è quello dell’elmo di Scipio!), prima fa saccheggiare le città, e sterminare i Bruzi che non vollero seguirlo.

 In queste vicende, compaiono solo i Greci di Reggio, ormai cittadini romani, e quelli di Locri, con i pochi superstiti aristocratici di Crotone. Avanzano da tempo i Bruzi: la poetessa Nosside celebra una vittoria di Locri contro di loro.

 Roma fonda importanti colonie. Dopo la Guerra sociale, gli Italici divengono cittadini romani. Quanto alla “Calabria” gode di settecento anni di pace e prosperità, secondo me molto deprimenti e che non lasciano tracce. Per vedere una città come si deve, visitate Scolacium.

 Reggio conserva la lingua greca assieme a Taranto e Napoli. Tutti gli altri (anche a Reggio) parlano latino ufficialmente, e poi quel miscuglio di lingue da cui derivano i nostri compositi dialetti.

 I Romani apprezzano molto la cultura greca, però a patto che il governo dello Stato e delle città, e il diritto, e la guerra, rimangano totalmente romane e in latino. E anche la cultura, del resto.

 Vi prego, ragazzi, lasciate la storia agli storiografi! O, quanto meno, prima di affermare qualsiasi cosa immaginaria, informatevi.

Ulderico Nisticò