Qualcuno pensa che la raccomandazione sia un comportamento da mafioso. E’ vero? Può darsi, ma nel paese Italia è la norma e si vive e ci si nutre di raccomandazioni; l’Italia è una repubblica fondata sulla raccomandazione e, ove se ne dovesse fare a meno, penso che crollerebbe tutto il sistema sociale, politico ed economico. La raccomandazione, insomma, l’abbiamo nel Dna in quanto ereditata dai nostri maiores: tale era la commendatio nell’antica Roma sia al tempo della repubblica sia a quello dell’impero. A tal proposito basta leggere qualche lettera di Cicerone o di Plinio il Giovane per rendersi conto che allora era naturale fare ricorso alla raccomandazione per ottenere favori (incarichi amministrativi, politici, militari) per amici, parenti o “clientes”; ed in tutto questo non c’era assolutamente nulla di negativo, essendo quella società fondata sulle relazioni di clientela e d’amicizia. La “commendatio”, volgarmente detta raccomandazione, è dunque per noi quasi un’istituzione che ci deve precedere in ogni nostro atto della vita, se non vogliamo crepare di stress. Per “saltare” la fila alle poste o alle banche, per non aspettare sei mesi o più una visita medica specialistica, per avere un posto ai semafori onde lavare vetri e vendere fazzolettini, per non aspettare ore in un ristorante, per pagare le tasse, per avere un appuntamento agli uffici pubblici, per potersi sposare, per trovare un posto in ospedale, per avere la pensione d’invalidità e vecchiaia prima di morire, per essere seppelliti in un loculo e non nella nuda terra, eccetera, eccetera, occorre avere la chiave giusta, l’amico che strizza l’occhiolino e ti fa passare davanti a tutti, che t’abbrevia i tempi d’attesa, che ti trova anche il posto “buono” al camposanto. Nella scuola, poi, le raccomandazioni sono il pane quotidiano di cui, chi più, chi meno, si nutrono tutti. C’è sempre qualche parente, amico, conoscente (o un conoscente amico di un parente, lontano o lontanissimo e magari mai conosciuto, non importa), che chiede come sta il professore o la professoressa. Anzi, prosegue sempre la voce all’altro capo del telefono, proprio ieri mattina l’assessore tizio o il dottore caio o addirittura l’eccellenza monsignore ha mandato i saluti, ma sì, proprio con Pinco Panco. Come, non ti ha detto niente il ragazzo (o la ragazza)? Sai -continua sussiegoso il conoscente amico del parente- é molto timido, introverso, e non vuole assolutamente che si cerchi d’aiutarlo…ma come tu ben sai…i genitori…il monsignore…l’assessore…il sindaco…il prefetto…il ministro…eccetera, hanno una grande stima di te, della tua professionalità; perciò, se è possibile… Molto spesso in ambito scolastico si tratta di raccomandazione che fa intendere uno scambio di favore dello stesso tipo (asinus asinum fricat, come dicevano i romani che ben se ne intendevano), da ricambiare subito o anche l’anno successivo o alle vicine elezioni perché, si sa, una mano lava l’altra e tutte e due…. Secondo una ricerca del Censis, realizzata qualche anno fa in collaborazione con Trentino School of Management, più di un quarto degli italiani ricorre alle raccomandazioni, e si rivolge quindi a un politico, ai diversi livelli istituzionali, per ottenere la soluzione di un problema inerente ai rapporti tra pubbliche amministrazioni e cittadini. A questo dato, sottolinea il Censis, va aggiunta anche la quota di quanti hanno preferito non rivelare tale comportamento. E’ appena il caso di ricordare che anche il Vaticano non fa eccezione a questo “sistema” e, come riportato dalla stampa (reperibile facilmente su internet), “furono migliaia gli scambi di mail, lettere, segnalazioni, richieste vere e proprie di raccomandazioni fra i massimi rappresentanti di Santa Sede e Cei negli anni del Pontificato Ratzinger e i vertici del Pdl durante i governi Berlusconi e Monti, contenuti nell’archivio segreto dell’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. Un archivio agli atti di tre Procure: Napoli, Roma e Busto Arsizio che indagarono sulla Banca del Vaticano e il suo ex numero uno, licenziato in tronco dal Cardinal Bertone poco prima dell’inizio di Vatileaks.”
Adriano V. Pirillo