Lo strabismo della politica: il ritorno delle gabbie salariali


Molti esponenti politici di diversa tendenza partitica in tono  quasi  sommesso per paura di una sacrosanta  reazione  e con considerazioni all’apparenza inoppugnabili, ma in parte scontate, propongono  una contrattazione integrativa  differenziata che prevede aumenti in base ad alcuni parametri non ben definiti.

A molti di noi ,non più  giovani, di fatto sembra un ritorno all’indietro, a quelle famigerate gabbie salariali abolite dopo dure lotte dei sindacati e dei partiti di centrosinistra negli anni novanta. Chi si opponeva al loro annullamento adduceva ragioni apparentemente valide ma fondamentalmente discriminatorie.

Chi era favorevole  argomentava che i lavoratori  che svolgevano lo stesso lavoro e le stesse mansioni dovessero  avere gli stessi emolumenti  e che soprattutto  dovesse  valere il principio di eguaglianza e dignità dei cittadini almeno sul lavoro.

Le gabbie  salariali rappresentavano in realtà la raffigurazione plastica di due Italie: quella opulenta del nord e quella povera del sud. In quella opulenta, i fautori del mantenimento dello status quo  sostenevano, che il costo della vita era più alto e che quindi era conseguenziale aumentare con la contrattazione sindacale  gli emolumenti ai lavoratori. In quella del sud, i fautori dell’abrogazione sostenevano ,  che  il più basso costo della vita veniva compensato dal costo derivante dalla carenza dei  servizi essenziali ( i famosi viaggi della speranza) .

Due tesi contrapposte, basate su ipotesi diverse ma che entrambe   evidenziavano plasticamente lo squilibrio tra nord e sud.  Proporre a distanza di tantissimi anni  le gabbie salariali significa ammettere altrettanto platealmente il fallimento della questione meridionale e la rinuncia definitiva a qualsiasi azione politica tendente al risanamento del Mezzogiorno  come si fa per gli ammalati terminali.

Numerosi ed inquetanti sono i segnali che avvalorano questa tesi : le gabbie salariali,  l’autonomia differenziata, il mancato impiego delle risorse del PNRR destinate  al Sud,   l’assenza d’investimenti produttivi per arrestare lo spopolamento delle Regioni che sta diventando un fenomeno desolante con tutte le conseguenze drammatiche di carattere  psicologico ed umano.

  Ma più inquietante di tutte mi sembra l’assenza di reazione della classe politica meridionale che è sempre pronta a dividersi , a curare il proprio “particulare”, a fare gli ascari dei voleri dei politici romani , a  cimentarsi in grandi discussioni teoriche :ponte si, ponte no,   quale migliore tracciato per l’alta velocità e via dicendo. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur.

Nicola Iozzo