A soli pochi giorni dal grande convegno tenutosi a Pizzo e che ha riunito Istituzioni, Operatori del settore, Associazioni e Forze dell’ordine, rappresentante anche dai vertici Regionali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, intorno al tema “Mare pulito, un diritto, non un privilegio”, hanno avuto corso numerosi controlli anche nell’entroterra, per verificare se giungono sostanze che finiscono per inquinare e deturpare uno dei tratti di costa più belli della Penisola.
Dai serrati controlli, eseguiti dai Carabinieri della stazione di Sant’Onofrio e dai loro colleghi dell’Arma Forestale, è emersa una “nuova bomba ecologica”, destinata a colpire il fiume Mesima e, a valle, inondare sostanze inquinanti nel tratto di costa tirrenica del vibonese.
Sotto la lente è finito il sistema di depurazione comunale del Comune di Sant’Onofrio, operazione che ha consentito di accertare “gravissime irregolarità”.
In particolare, gli uomini della Benemerita hanno documentato, scandagliando un’area di oltre 600 metri quadrati, in contrada Tomarchiello, località Scarpaleggia, il mancato funzionamento dell’impianto e lo sversamento diretto dei reflui fognari direttamente nel fosso “Valente”, confluente nel fiume Mesima.
Le verifiche hanno consentito di portare alla luce anche ulteriori fonti di inquinamento ambientale e, in particolare, la realizzazione abusiva di alcuni bypass all’impianto, così che, anche durante il suo funzionamento, si sarebbe comunque realizzato un illecito sversamento di materiale. Immediata è scattata la segnalazione all’Autorità giudiziaria dei responsabili di una società catanzarese che gestisce l’impianto, sottoposto a sequestro su disposizione della Procura e, contestualmente, affidato in custodia al primo cittadino. Al vaglio anche la posizione di personale dell’Ufficio tecnico e di una ditta appaltatrice di alcuni lavori nel sito.
In attesa di una completa rivisitazione del ciclo dello smaltimenti dei rifiuti, quindi, non è rimasto inascoltato, dalle Forze dell’Ordine, l’appello lanciato dagli zoologi marini, chiamati a studiare a fondo le cause del fenomeno, grazie ad un protocollo fortemente voluto dal Procuratore Camillo Falvo e sottoscritto lo scorso 30 novembre dalla Procura di Vibo Valentia, in stretta cooperazione con quella di Lamezia Terme, guidata dal Procuratore Salvatore Maria Curcio.