Prima tappa nel sud Italia, e per la durata di quattro giorni, l’ambulanza mitragliata ucraina proveniente da Kharkiv è stata esposta in Calabria – nelle città di Reggio Calabria, Soverato e Pizzo – per favorire la raccolta fondi finalizzata all’acquisto di nuovi mezzi di soccorso.
Ma l’intento principale dell’iniziativa, promossa dalle associazioni di ucraini residenti in Calabria – Svitanok, Kolos, Sme.Re.Ca e Sguardo Amico – con il sostegno del CSV Calabria Centro ed il patrocinio delle amministrazioni comunali coinvolte, era quello di ridestare l’attenzione sulla guerra in Ucraina, che ormai si protrae da più di due anni e non trova soluzione.
Ci si può abituare a tutto, ma non alla guerra: questo è il messaggio che Stanislav Shevchenko e Maryna Feokhari, rispettivi presidenti di “Svitanok” e “Kolos”, hanno voluto lanciare con l’organizzazione delle serate, che ha visto la partecipazione dei sindaci, delle associazioni vicine alla causa (come l’Associazione della Polizia di Stato, per la quale è intervenuto il vicepresidente nazionale Emilio Verrengia, attiva in 380 Paesi del mondo per promuovere la pace) e del CSV Calabria Centro, rappresentato dal direttore Stefano Morena intervenuto a Pizzo.
La mostra di scatti fotografici che ritraggono momenti di guerra, l’esposizione di manufatti ucraini e l’esibizione del gruppo folcloristico “Bereghynya” con pezzi struggenti e carichi di poesia, hanno fatto da corollario all’esposizione dell’ambulanza, presa di mira da missili e da mitragliatrici mentre portava soccorso a Kharkiv.
“Nel nostro repertorio ci sono anche pezzi allegri della tradizione ucraina, ma non ci andava di farlo in presenza di un mezzo di soccorso che è simbolo della nostra guerra – hanno chiarito Maryna e Antonina, tra un’esibizione e l’altra, a Soverato – Tutto quello che stanno vivendo i nostri cari rimasti in Ucraina è simboleggiato da questo mezzo arrivato fino a noi, che sta facendo il giro di tutta Europa. Un mezzo ormai inservibile che dà testimonianza della crudeltà della guerra, che non risparmia neanche gli operatori che prestano soccorso”.
Col vestito tipico indosso e la mano sul cuore, le donne ucraine, con la piccola Caterina come mascotte, hanno ricordato, cantando, il fratello che non c’è più, il figlio ferito che si trova in ospedale e spera di restarci a lungo per sentirsi protetto, la madre anziana che non ha più lacrime.
Hanno ricordato anche i bambini che non possono più ascoltare la musica ad alto volume, e che avranno a lungo bisogno di un supporto psicologico per poter crescere in maniera serena, i profughi che appena fanno ritorno baciano la terra e la bandiera, i militari che preferiscono cadere in battaglia piuttosto che essere fatti prigionieri e torturati.
E tra le lacrime sperano ancora di tornare, un giorno, nella loro patria libera.