In tempi di accelerazione della storia, novant’anni sono un’era. Se non tutti, moltissimi lettori nel 1959 non erano nati, o troppi giovani, quando Fidel, cacciando il tirannello Batista, diveniva dittatore di Cuba. Ricordo che la notizia venne accolta con entusiasmo da mio padre, ufficiale della Repubblica Sociale e nemico giurato degli Angloamericani, cui Castro appariva una versione cubana di Peron, un nazionalpopolare.
Questo e non altro erano stati i grandi “caudillos” dell’America Latina, da quando i “criollos”, spagnoli d’America, si erano ribellati a Madrid, formando Stati dalla vita politica e sociale sempre incerta, e alla fine sempre bisognosi di dittature formali o informali.
Cuba era un caso a sé, rimasta ultimo possedimento spagnolo, finché gli USA, nel 1898, provocarono la Spagna alla guerra e conquistarono l’isola, dichiarandola “indipendente”, salvo la base di Guantanamo. Si presero Portorico e le Filippine. L’indipendente Cuba divenne una comoda vacanza per ricchi statunitensi in vena di colore locale e piaceri facili; fino alla rivoluzione di Fidel. Washington in casi del genere usava mandare spedizioni militari e occupare gli Stati indocili; le circostanze internazionali non lo permisero, e tutto si limitò, sotto Kennedy, alla fallita incursione della Baia dei porci.
Era però un segnale di ostilità, e Castro guardò al comunismo e all’Unione Sovietica, donde la questione dei missili russi a Cuba, che, dopo iniziali timori di guerra, portò ad accordi ufficiali e segreti: l’URSS ritirò i missili da Cuba e gli USA fecero qualcosa di simile dalla Turchia; Castro rinunciò a esportare il suo modello, e il Che Guevara se ne andò in Sudamerica a suscitare sommosse che non divennero mai rivoluzioni; cadde da valoroso con il mitra in mano, per poi tristemente finire sulle miti magliette dei pacifisti!
Cuba poté vendere zucchero; e non so se c’entra qualcosa, ma da lì a poco chiusero i nostri zuccherifici di S. Eufemia, Strongoli… Fu solo una coincidenza?
Negli anni seguenti, Castro ottenne aiuti sovietici, e in cambio inviò truppe cubane in Africa, dove i soldati russi non si sarebbero trovati proprio a loro agio per clima! Il tutto spacciato per rivoluzione proletaria.
Pian piano, anche la tensione tra USA e Cuba si allentò, e in questo giocò un grande ruolo la Chiesa. I Cubani non avevano smesso di essere devoti cattolici, e l’ateismo comunista non era certo capace di abbattere una tradizione di cinque secoli. Si venne infine al riavvicinamento ufficioso, poi ufficiale con il Vaticano.
Cuba si riaprì al turismo, non senza ricadere nei vizietti dei tempi prerivoluzionari; ma gli intellettuali spacciavano la cosa per socialità!
Nel 2008, ormai ammalato, lasciò i poteri al fratello: come sono monarchici, certi repubblicani!
Sì, decisamente Fidel Castro è vissuto troppo, e abbastanza per patire la sventura di sopravvivere a se stesso. Ora giochiamo un poco. Se Napoleone I fosse vissuto 90 anni, avrebbe avuto belle difficoltà a reprimere le insurrezioni del 1848; se Ferdinando II e Cavour, sarebbero morti nel 1900 preciso, avendo il piacere di essere scarrozzati in automobile per le strade di un’Italia comunque molto diversa da quando erano giovani; se Mussolini, nel 1973 avrebbe concesso l’indipendenza alla da lui cinquantenne conquistata Etiopia, come da venti e dieci anni avevano fatto Gran Bretagna e Francia con le loro colonie… Fidel è morto in una Cuba che, con lui e poi senza di lui, aveva preso una via che nel 1959 né lui né nessun altro poteva immaginare.
“Quello che gli dei amano, muore giovane”: per tutto il resto no, ma in politica il funereo detto di Menandro è valido.
Ulderico Nisticò